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martedì 21 dicembre 2010

Cambiando si sbaglia: tre errori da evitare


Perché a volte sembra così difficile cambiare?

Come mai, pur avendo compreso con esattezza cosa non va e avendo chiaro in mente dove vorresti essere, non riesci a mettere in atto le azioni che, sulla carta, ti sembrava uno scherzo eseguire?

In definitiva, qual è il motivo per cui i tuoi tentativi di modificare le tue condizioni, le tue relazioni, la tua vita finiscono per esaurirsi prima di vedere un risultato soddisfacente?

Non è facile rispondere a questa domanda.

Non è facile perché il presupposto è che tu debba fare qualcosa per ottenere risultati differenti.

Non è così.

La regola è : fare qualcosa di diverso da ciò che hai sempre fatto.

Dunque, se devi agire diversamente, ciò potrebbe anche significare non agire.

Ho già citato e non mi stancherò mai di farlo un principio basilare di qualsiasi strategia di vita: primo, non peggiorare.

Quando ti sembra che la situazione in cui ti trovi non funzioni, la primissima cosa da fare è smettere di fare ciò che la determina.

Nel 50 % dei casi, ciò è già sufficiente a migliorare le nostre condizioni.

Può darsi però che tu sia sulla strada del raggiungimento di determinati obiettivi, e allora il non agire potrebbe non bastare.

Il problema è dove indirizzare i tuoi sforzi.

Le persone, a questo punto, intensificano il loro impegno per arrivare là dove si sono prefissi, ma spesso ciò provoca un analogo intensificarsi delle resistenze, delle opposizioni, degli ostacoli.

Perciò, bisogna lavorare alla rimozione degli ostacoli, concentrarsi su ciò che impedisce alle nostre azioni di fluire libere, senza intensificare le azioni stesse.

Ma in ogni caso, il segreto per non fallire il cambiamento è progettare cambiamenti fattibili.

Spiace ammetterlo, ma non si può cambiare qualsiasi cosa, e la differenza tra le persone che si sentono a posto e quelle che non trovano pace sta proprio in questo: le prime hanno capito cosa è in loro potere mentre le seconde non hanno smesso ancora di credere a Babbo Natale, visto che siamo in tema.

Quali sono, dunque, i cambiamenti impossibili?

Quali tentativi di cambiare sono destinati a fallimento certo o porteranno conseguenze di sicuro disastrose?

mercoledì 15 dicembre 2010

Anatomia del fallimento per aspiranti disillusi

Conosci J. K. Rowling?

Magari se ti dico Harry Potter capisci subito di chi sto parlando.

Ebbene, l'autrice della saga di maggior successo dell'ultimo decennio si è vista rifiutare il manoscritto del primo romanzo da ben dodici differenti editori, e il tredicesimo si preoccupò di consigliarle di conservare il suo lavoro quotidiano, perché secondo lui il suo futuro di narratrice era piuttosto incerto.

Di' la verità: altro che dodici rifiuti, forse tu, e forse anche io, ci saremmo fermati al quarto, se non al terzo, e una parolina avrebbe iniziato a ronzarci nella testa: fallimento.

Come saprai la scrittura è l'altra mia vita di blogger (altrimenti, visita le mie "creature" cliccando qui a lato), perciò ti dico che anche un altro big della penna come Stephen King ha incamerato una serie impressionante di rifiuti per il suo Carrie.

Sono sicuro che anche in tutti gli altri campi dello scibile umano è pieno di personaggi grandiosi che però hanno mosso i primi passi collezionando deludenti giudizi e cocenti rifiuti.

Per tutti costoro vale il detto attribuito a Winston Churchill:

il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere il tuo entusiasmo.

mercoledì 8 dicembre 2010

La bellezza ci salverà: cinque modi per invitarla nella tua vita


Forse non hai mai pensato alla bellezza come una cosa necessaria a riempire di significato la tua vita.

Molte persone vivono ogni giorno della loro esistenza senza fare alcuna esperienza della bellezza.

Essa è intorno a loro, ma loro non si prendono il tempo per apprezzarla.

La bellezza è quella qualità che fa vibrare la nostra anima.

Ma tu non puoi saperlo fin quando non la inviti a entrare nella tua vita.

La bellezza ci eleva al di sopra del quotidiano.

È l'espressione di qualcosa di divino nella natura.

Come l'amore, la bellezza non si consuma ma cresce: più ne assorbi, più diventa profonda ed essenziale per te.

Per incorporare la bellezza nella tua vita devi innanzitutto rallentare: è difficilissimo nelle nostre giornate sempre di corsa.

Ma la bellezza è come un buon piatto o un ottimo vino: non puoi trangugiarla, ma la devi assaporare.

Non è un caso che la bellezza si manifesti a livello fenomenologico come una sospensione del tempo, per questo è impossibile percepirla senza diminuire la velocità.

venerdì 3 dicembre 2010

Spegni il pilota automatico e rivendica la tua vita

Ti è mai successo di trovarti a guidare in una direzione, ma col pilota automatico?

Molti di noi vivono in questo modo.

A malapena facciamo caso a come siamo arrivati lì dove siamo.

Sappiamo solo che un po' di tempo prima - minuti o ore - abbiamo inserito il pilota automatico e senza rendercene conto siamo giunti a destinazione.

Ma di ciò che abbiamo visto, sentito, pensato, provato, durante il percorso non c'è traccia.

In realtà, ti succede di attivare il pilota automatico non solo quando devi guidare o usare i mezzi pubblici per recarti nei posti dove di solito ti tocca andare.

Quel pilota a volte si attiva anche quando devi scegliere le "strade" della tua vita, del tuo futuro, dei tuoi affetti, dei tuoi valori.

Quando agisci per abitudine, inerzia, consuetudine, cultura, luogo comune, autorità...

Quando demandi al tuo pilota automatico le tue scelte stai lentamente rinunciando alla tua vita.

Per questo, riappropriarti delle tue scelte è un modo per fare chiarezza e cambiare le cose.

sabato 27 novembre 2010

Guida per ridurre l'ansia durante i tempi di attesa

Sostenere il tempo di attesa senza farsi prendere dall'ansia: quante volte hai desiderato poter aspettare senza dover per forza fermare il mondo, senza sentirti incapace di fare qualcos'altro, senza farti risucchiare del tutto dal risultato che stavi aspettando?

Aspettare è un'abilità, quindi si può implementare.

Aspetti una risposta, una telefonata, un messaggio, e intanto hai tutta un'altra serie di cose da fare, e non riesci a conciliarle con l'attesa: sembra assurdo, ma il tempo d'attesa, nel quale in realtà non siamo tenuti a far nulla, assorbe a volte più energie mentali delle vere e proprie attività.

Così alcuni eventi come l'attesa di un risultato medico, di un colloquio di lavoro, di una risposta dalla persona amata diventano quell'unico "macigno" che ostruisce la strada del tuo quotidiano: finché non superi quello, il resto della tua vita non esiste.

Quando permetti al tempo d'attesa di consumare i tuoi pensieri, ti coglie ansia e timore.

Le difficoltà, anche le più banali, aumentano la loro influenza.

Il segreto per superare tutto ciò sta nell'azione: puoi occuparti di questo vuoto, come occupandoti di un bambino, oppure puoi deviare i tuoi pensieri facendo qualcosa di costruttivo.

Eccoti alcuni suggerimenti.

sabato 20 novembre 2010

Essere sé stessi: giù la maschera!

Una sfida che si può vincere
Il vero viaggio di scoperta non sta nello scoprire nuovi paesaggi, ma nel guardare con nuovi occhi
Marcel Proust

Ti è mai capitato di stare in una situazione sociale, e all’improvviso renderti conto di non essere te stessa o te stesso?

Ne abbiamo parlato alla teleconferenza Essere sé stessi: una sfida che si può vincere, scoprendo con un esame approfondito il perché interpreti vari ruoli nella tua vita, e come puoi trascendere queste maschere socialmente condizionate per essere davvero ciò che sei.


Forse ti sarà capitato di dire, tra te e te, amo trovarmi con le mie vecchie compagne o i miei vecchi compagni, è così facile essere me stessa o me stesso in loro compagnia?

Oppure mi sento così a disagio a questa festa, dover fare conversazioni banali con tutta questa gente superficiale.

Da queste situazioni ti rendi conto di come la compagnia degli altri possa influenzare il tuo essere o non essere te stessa o te stesso, e portarti ripetutamente e a livello inconscio a indossare maschere che possano proteggere una certa immagine di te rispetto al mondo circostante.

giovedì 11 novembre 2010

Counseling in teleconferenza: la vita che vorresti

Chi è seduto al posto di guida nell'auto della tua vita?
Il lavoro, con le sue pressioni e i suoi rischi?

La famiglia, con i suoi doveri e le sue difficoltà?

Le circostanze della vita, con la loro imprevedibilità e spietatezza?

Da tutto questo quadro iniziale emerge una domanda chiara e nello stesso tempo terrificante:

La vita che sto vivendo è la vita che voglio vivere?


Nel momento stesso in cui diamo la risposta, immediata sorge la domanda successiva:

cosa ti sta impedendo di saltare al posto di guida e prendere in mano direzione e destinazione della tua vita?

Questo il tema della teleconferenza La vita che vorrei, tenutasi lunedì 8 novembre, in diretta per tutti i lettori di www.studialamente.com, un'iniziativa che proseguirà lunedì prossimo, 15 novembre con Essere sé stessi: una sfida che si può vincere.

Nelle teleconferenze, alle quali puoi partecipare e che puoi scaricare iscrivendoti nell'apposita pagina, gli argomenti che ti stanno a cuore, la crescita e lo sviluppo personale, vengono approfonditi ed esaminati con più cura, fornendo chiarimenti e nuovi spunti di lavoro con sé stessi.

Alcune volte, sembra impossibile prendere questo controllo della propria vita, soprattutto quando ti senti nella "prigione" di un lavoro che non ti piace ma che non puoi rifiutare perché ti servono i soldini che esso ci fornisce.

Ovviamente, non parliamo di quando non riesci a trovarlo, il lavoro.

Oppure quando sai, o immagini, che i tuoi amici o la tua famiglia ti rifiuteranno se farai scelte di vita differenti da quelle attuali.

Allora il meccanismo comincia a somigliare, sempre volendo fare qualche metafora, a una sorta di ragnatela: non solo sei appiccicata o appiccicato a essa, ma più ti dibatti per liberartene più ti ci invischi al punto di non poterne più uscire.

martedì 2 novembre 2010

Rispondere agli altri senza reagire


Che differenza c'è tra reagire e rispondere?
Il termine reazione è molto interessante.

Il prefisso re significa tornare a una condizione trascorsa, oppure ripetere un'azione precedente.

Reagire dunque vuol dire agire in base all'esperienza passata.

Noi tutti pensiamo che le reazioni emotive siano normali.

Ma reagire con l'emotività di fatto significa agire senza pensare.

Non osserviamo la realtà in modo chiaro.

Il nostro inconscio ha stabilito che c'è qualcosa di minaccioso e risponde basandosi sul passato.

Questo vuol dire che la reazione è orientata a proteggerci più che a trovare una soluzione a un problema.

Non esaminiamo ciò che sta accadendo nella realtà del momento, ma "rotoliamo" all'indietro in vecchi modi di essere, basati sulle nostre paure e insicurezze, che mettono in allarme la nostra mente e provocano la reazione.

Una risposta dell'inconscio a uno stimolo.

Un'altissima percentuale di tutto ciò che facciamo è determinata dal nostro inconscio, perciò è normale che in questi casi esso, trovando somiglianze tra ciò che sta accadendo nel presente e ciò che è accaduto nel passato, pensi che stia avvenendo di nuovo la stessa cosa, che c'è una minaccia potenziale, e ci induca a reagire.

La sua intenzione è positiva: vuole proteggerti da qualcosa che percepisce come un pericolo.

Ha deciso che non sei al sicuro e che devi agire.

Un flusso ormonale si propaga nel tuo corpo preparandoti alla lotta o alla fuga.

giovedì 28 ottobre 2010

Migliorare le proprie relazioni

Relazioni pericolose?
I problemi di relazione costituiscono una sfida la cui posta in gioco è trovare accordi: le relazioni infatti sono situazioni caratterizzate da una complessa interazione tra due persone che stanno provando a vivere in armonia.

Secondi fini e discussioni sul controllo, la fiducia e l'impegno possono complicare ogni convivenza o relazione, i problemi sessuali possono provocare in un partner sentimenti di imbarazzo e in un altro la sensazione di non essere amati.

Imparare nuove abilità di comunicazione
Poche persone comunicano davvero a un livello capace di far funzionare bene la relazione.

Quante volte ci si sente feriti dalle azioni del partner o anche dalle sue parole senza però riuscire a dirglielo in modo chiaro e costruttivo, fino a sentirsi ignorati o messi in disparte.

Altre volte ci si lascia "cuocere a fuoco lento" finché il risentimento monta su per poi esplodere in rabbia e frustrazione.

In questi casi, parlarne con un professionista può essere utile, prima che la situazione sfugga di mano.

giovedì 21 ottobre 2010

Ansia: le conseguenze di un futuro ancora assente

Una delle più importanti caratteristiche dell'intelligenza umana è la possibilità di pianificare il futuro: non siamo mossi solo da istinti, ossia da quel complesso di azioni automatiche volte a soddisfare bisogni, ma ci prendiamo la briga di sviluppare desideri al fine di aggiungere qualità alle nostre vite.

Quando diciamo a noi stessi vorrei questo stiamo in realtà dicendo quando sarò riuscito a creare le condizioni necessarie, avrò questo.

Passare dal condizionale presente all'indicativo futuro: ecco la grande novità della mente umana rispetto a quella degli altri animali (ciò dimostra la stretta correlazione tra sviluppo del pensiero e sviluppo del linguaggio).

Ma questa peculiarità è per noi croce e delizia: da un lato possiamo programmare il domani, dall'altro iniziamo a preoccuparci per questo stesso domani.

Così va intesa l'ansia: anticipare il futuro a partire dai suoi effetti.

venerdì 15 ottobre 2010

Counseling via email: una risorsa da sfruttare

Scelta e flessibilità
Se dovessi dire quali sono i principali vantaggi dell'email counseling per i clienti di sicuro evidenzierei la maggiore possibilità di scelta e flessibilità.

In Italia non sono ancora molto diffuse le modalità di sostegno e terapia online, per motivi di tipo storico, politico, culturale ed economico, ma non c'è dubbio che si diffonderanno presto.

Vediamo più in dettaglio quali opzioni preziose il counseling online via email consente.

giovedì 7 ottobre 2010

Vivere per morire o morire per vivere?



"In Russia lo stress si combatte sotto terra. La "terapia" del sotterramento è l'ultima trovata di un gruppo di moscoviti che assicura, per circa 160 dollari, venti minuti di totale isolamento per ritrovare se stessi e guardarsi nell'animo. Scavano la buca, avvolgono il cliente in un'incerata e lo ricoprono con la terra lascandogli solo un tubo di gomma per respirare. All'uomo sotterrato basta fare un rumore - nel caso il panico prendesse il sopravvento - per farsi tirare immediatamente fuori".

Questa la notizia del 4 ottobre che ha fatto il giro del web.

Il problema non è tanto che si tratti di una evidente "bufala" - ogni giorno, sui portali, c'è l'elenco delle notizie bizzarre dal mondo, perché neanche più le notizie devi leggere, anzi, tu ci provi, ma arriva sempre qualcosa a distrarti - quanto il fatto che l'unico modo per parlare della nostra condizione di moribondi è la stramberia, l'esotismo, l'iperbole, insomma, una cornice adeguatamente "strana" per far sì che nessuno pensi "davvero" a quell'appuntamento inevitabile, ma tutti possano "credere" di averlo fatto.

sabato 2 ottobre 2010

Omaggio a Eric Berne, "Perché non...?" "Sì, ma..."

Qualcuno ti dice che ha un problema, ne soffre, non sa come risolverlo, dalla sua descrizione ti sembra ci sia qualche via d'uscita, allora provi a suggerire perché non fai in questo modo ecc.? e l'altro risponde, sì, ma poi succederebbe che ecc. spiegandoti perché la tua soluzione non funziona.

Ci può stare, allora presti ancora più attenzione alle sue parole e di nuovo individui una possibilità di risolvere la cosa e ricominci, perché non... ma con puntualità l'altro ti risponde sì, ma... e il meccanismo si ripete uguale nel tempo, tu provi stupore se non sgomento, frustrazione se non rabbia, mentre l'altro ha avuto la conferma che il suo è davvero un problema irrisolvibile, che non c'è nessuno più bravo di lui, può mettersi l'anima in pace e lasciare tutto così com'è.

A questo punto ti do il benvenuto nel mondo dei giochi psicologici che il grande Eric Berne ha teorizzato e catalogato grazie alla sua Analisi Transazionale.

giovedì 23 settembre 2010

La via della chiarezza - Terza parte

Ti invito innanzitutto a rileggere la prima e la seconda parte di questo percorso, nelle quali ti ho parlato rispettivamente di come mettere a tacere le voci disturbanti che ti impediscono di ascoltare la tua saggezza interiore, e di come favorire la libera espressione di questa voce.

In questa terza e ultima parte cercherò di indicarti alcuni modi per usare concretamente nel quotidiano i suggerimenti che arrivano da questa preziosa fonte che è dentro di te.

giovedì 16 settembre 2010

La via della chiarezza - Seconda parte

Sagge parole
Dal post precedente hai potuto comprendere che il silenzio interiore è la condizione necessaria per ascoltare la saggezza che è già dentro di te.

Ma in che modo puoi ascoltare le tue stesse sagge parole?

Come puoi aiutarti nel tentativo di accedere a questa parte così preziosa che conservi nel tuo animo?

Mi piace raccontarti i modi che io stesso ho utilizzato e che continuo a utilizzare per avere cura della mia consapevolezza.

giovedì 9 settembre 2010

La via della chiarezza - Prima parte


Sgombrare la via
Inizia da qui un viaggio in tre tappe sulla via della chiarezza.

Non ci rendiamo conto di quanto sia importante tenere "pulita" la nostra mente finché un bel giorno ci svegliamo senza avere la minima idea del prossimo passo da compiere, e ci sembra di brancolare nella nebbia più fitta.

Non è affatto divertente la morsa dell'incertezza, e a chiunque può capitare di inciampare nella confusione e di annaspare cercando di venirne fuori, con un crescente senso di frustrazione.

Ma perché invece a volte ci sentiamo abitati da un sorprendente senso di pace, di calma?

A cosa dobbiamo prestare attenzione per acquisire maggiore consapevolezza di queste due condizioni - confusione e chiarezza - e tenerci in equilibrio?

Sicuramente le domande.

Direi che la differenza principale è questa: la confusione è il segnale di una domanda che sorge dentro di noi e che spinge violentemente per essere ascoltata, mentre la chiarezza è il risultato della risposta  a questa domanda, ma si tratta di una risposta che nasce da noi, dal nostro interno, non è data da altri - e come potrebbero conoscere le risposte alle nostre domande? - né trovata nei cioccolatini.

Più precisamente, la chiarezza arriva quando riconosciamo quel tipo di risposta e buttiamo tutte le altre, arrivate dall'esterno.

Il percorso che ti propongo si articola in tre tappe, ma se dovessi riassumerlo in una frase direi: dar voce alla nostra saggezza interiore.

C'è una parte saggia, sincera, senza fronzoli e senza peli sulla lingua, dentro di noi, alla quale non sempre permettiamo di esprimersi - come facciamo con chi ci vuole "sbattere" troppe verità in faccia - perché altrimenti saremmo costretti a sentire quanto è faticosa la strada della chiarezza con noi stessi.

Come l'oistros, l'estro di Socrate, il nostro saggio interiore ci pungola per non farci adagiare nella nostra piccolezza.

Con questo saggio interiore dobbiamo fare amicizia.

Con la chiarezza dobbiamo vestirci ogni giorno.

Il viaggio comincia.

Vincere la timidezza è possibile!

Puoi ricordarti l’ultima volta in cui, fermandoti in una stanza piena di gente, hai preso coscienza di essere al centro, dove tutti possono vederti, e hai avuto la sensazione di sprofondare?

Oppure il batticuore di quando desideravi chiedere a quella persona un appuntamento ma non hai trovato neanche un briciolo di coraggio per farlo?

E ancora, quando volevi contattare quel tale per degli affari, ma hai esitato fino a rinunciare?

Con l’ansia che ti prende lo stomaco?

Con un peso tremendo sulle spalle?

Tutti, introversi ed estroversi, ci siamo imbattuti in questi sentimenti.

Il problema non è l’introversione, ma il riuscire a stare bene o meno con noi stessi.

Io sono molto introverso ma, se mi serve farlo, so avvicinare la persona di turno e agire per raggiungere il mio scopo.

Ma non sono nato così: ho imparato.

E voglio spiegarti come ho fatto a trasformare la timidezza in potere personale.

Per questo motivo ho scritto Noi timidi - 125 milioni di consigli per i miei amici introversi, un ebook nel quale "smonto" la timidezza come un bambino fa con un giocattolo, per aiutarti a riconoscerla, accettarla, gestirla.

Questo libro parla della timidezza e del dovere di provare a non farsi limitare da essa.

Parla di me, di te, di coloro che ci circondano ogni giorno e di quello che accade davvero quando abbiamo a che fare gli uni con gli altri.

In modo indiretto, parla anche di come dare il meglio ed evitare il peggio di noi in ogni cosa che facciamo, e gli stessi concetti possono essere applicati in tanti altri contesti di vita.

Se c’è qualcosa che conta, per te, le considerazioni di questo libro potranno aiutarti senz’altro, non pensarle come specifiche solo della timidezza.

I percorsi della nostra esistenza sono tortuosi.

Superare la timidezza non è come prendere l’ascensore al piano terra, premere tre e sbucare con certezza al terzo piano.

Non esiste una logica lineare, in queste cose.

Anche i consigli, non possono essere universali e buoni per ogni occasioni.

In un capitolo dirò che fare delle autoaffermazioni può essere fuorviante nel vincere la timidezza, perché distoglie dal vero problema, ossia sforzarsi di parlare agli altri e non parlare da soli, in un altro ti inviterò a formulare pensieri in forma di affermazioni, per allontanarti dal pensare in modo negativo a te.

Entrambi i suggerimenti sono validi, non sono in contrasto, è solo una questione di tempi e occasioni.

Lavorare su di sé è una pratica, qualcosa alla quale non puoi smettere di esercitarti in ogni istante.

Provando e riprovando, a volte con destrezza e altre con seria difficoltà, alla fine si impara a restare saldi, anche se le persone, i fatti e le situazioni intorno a noi cambiano.

Per questo, il libro puoi leggerlo dall’inizio alla fine e forse la prima volta è meglio così.

Ma ogni capitolo, come le facce di un diamante, riflette la condizione umana da diverse angolazioni, tutte valide e collegate tra loro.

E quel diamante sei tu.

Noi timidi (ebook PDF, 72 pp.) costa 15 euro!

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martedì 7 settembre 2010

Il futuro che ci tormenta

Ansia, preoccupazione, stress hanno in comune lo stesso "interruttore": un evento collocato nel futuro del quale - ovvio - non conosciamo l'esito e tuttavia lo temiamo.

Siamo bravissimi nell'immaginare le scene peggiori e aprire così le porte alle paure.

Il paradosso è che la nostra immaginazione da forma al futuro, ma la pena che proviamo è tutta radicata nel presente.

Una bella fregatura, eh?

A quando risale la tua ultima preoccupazione?

Ieri?

Stamattina?

Forse si trattava di ansia per il futuro di una tua relazione, e hai iniziato a dipingere scene drammatiche.

Forse era stress per alcune difficoltà nei tuoi progetti e il pensiero di perdere il lavoro, il guadagno, le opportunità ha iniziato a tormentarti.

Forse un investimento che mette a rischio il tuo denaro, o una incomprensione con un amico che proprio non vuoi perdere.

Ma a prescindere dalle sfide specifiche che la vita ci riserva sempre, la mente produce quest'ansietà anche quando non c'è nulla di sbagliato nella nostra vita di quel momento, poi l'incredibile capacità di ripetere come un mantra i pensieri ci porta alla convinzione che il problema esiste davvero.

Quando dall'immaginazione passi alla realtà, ossia quando quell'evento futuro diventa presente, reale, e poi con lo scorrere del tempo finisce nel passato, tu osservi la situazione.

Provi anche contentezza, soddisfazione per il risultato specifico in cui quei fatti sono sfociati, ma nello stesso tempo ti biasimi per aver sprecato tempo ed energie a inseguire la negatività.

Non possiamo certo tornare indietro, a questo punto, ma eventi del genere hanno il potenziale di insegnarci ad affrontare il futuro con speranza e dignità.

giovedì 2 settembre 2010

Quella querula, fastidiosa, petulante critica interiore

L'idea
Ti è mai capitato di voler iniziare qualcosa di creativo - scrivere, dipingere, fotografare - e una vocina interna, querula e ipercritica ha iniziato a farti lo sgambetto, rovinando quel momento?

Attacca le tue speranze, mette in dubbio l'adeguatezza delle tue capacità, ostacola la tua partenza.

Nessuno ne è immune, e io stesso me la trovo davanti quando scrivo, organizzo i miei progetti, lavoro alle mie idee.

Il dubbio
In genere, dice cose del tipo:
  • dovrai scrivere/dipingere/scolpire/suonare/costruire/fotografare/filmare qualcosa di eccellente, interessante, straordinario
  • dovrai trovare un'idea che piaccia al maggior numero di persone
  • sarà molto difficile gestirla
  • sei sicuro di sapere bene come si fa?
  • avrai la dose giusta di creatività?
  • come puoi pensare di metterti a livello di quel grande scrittore/pittore/musicista ecc.?
  • non sai dove andare a parare
  • non sai come dare forma alla tua idea
A quel punto, la cosa più facile è mandare all'aria ogni proposito di dedicarmi alla creatività.

Nota come le parole di quella vocina interna sono tutte concentrate sulla reazione che potrebbero avere gli altri attorno a te, come esse si fondino sul desiderio di piacere agli altri, sulla speranza di esaudire le loro aspettative - o quelle che tu immagini siano le loro aspettative - e sulla paura di ricevere da loro critiche feroci.

Fidati del tuo cervello, respira e seguimi.

lunedì 30 agosto 2010

Maestri bambini

Siamo a un passo dal ritorno totale alla routine quotidiana, il lavoro che ci sommerge, le incombenze di tutti i giorni a sovrastarci, le preoccupazioni, il domani eccetera...

Quale momento migliore per riflettere su come non cascare nella trappola del superimpegno e dello stress?

Se parti con il piede giusto, dopo il rientro dalla pausa estiva, hai più chances di iniziare un'annata virtuosa.

Il primo vero problema è che, da adulti, siamo diventati troppo seri, a scapito della gioia e delle altre meravigliose esperienze che la vita può offrirci.

Ci dimentichiamo di sorridere, di goderci la bellezza del presente, inseguiamo un obiettivo dietro l'altro confondendo la nostra capacità di provare soddisfazione per i risultati.

Eppure, siamo stati bambini capaci di stupore, gioia, senso del presente, e quelle capacità non le abbiamo mai perse, sono solo sepolte in noi.

Come possiamo riportarle in superfice?

martedì 17 agosto 2010

Piccoli ominidi crescono

Nel post precedente, La rabbia del cavernicolo, ho descritto il meccanismo primitivo alla base dei nostri risentimenti.

Vediamo ora se possiamo evolverci da cavernicoli a esseri sociali, come Aristotele predicava.

Non credo tu debba rifiutare i sentimenti negativi, quando si presentano.

Ma puoi di certo usare metodi responsabili nel trattare queste spiacevoli emozioni, per non rimanerne schiavi.

Per quanto difficile possa sembrare, le due chiavi per uscire dal risentimento sono la comprensione e il perdono.

I nostri impulsi spingono nella direzione opposta, ne fanno una questione di autodifesa e sopravvivenza.

Eppure la strada è quella.

La comprensione aiuta a sentire ciò che l'altra persona sta provando, ci fa approdare all'empatia.

Dall'empatia, il perdono riesce a sbocciare in modo spontaneo, tu non devi fare nulla perché accada.

Ma per la comprensione, puoi fare molto.

Innanzitutto, trovando un posto tranquillo dove raccoglierti.

Il semplice atto di cambiare luogo, di allontanarsi dallo spazio dello scontro con un'altra persona, ti fa uscire dal corpo del cavernicolo e ti fa vedere ciò che sta accadendo con più distacco.

E qual è la prima cosa che vedrai, in modo chiaro?

Che anche l'altra persona in realtà sta agendo mossa dal cavernicolo che ha preso il sopravvento.

In un certo senso, mentre sbraita o inveisce contro di te, ella non è padrona di sé.

I passi da seguire?

Eccoli.

martedì 10 agosto 2010

La rabbia del cavernicolo


Riesci a ricordare l'ultima volta che hai provato risentimento verso qualcuno?

Sentirsi maltrattati, rimproverati, o anche abbandonati e offesi è un evento rispetto al quale nessuno può dirsi immune, se non pagando un altissimo prezzo di depersonalizzazione.

Emozioni del genere possono arrivare da uno scambio con un amico, un parente, un collega, il partner, persino da sconosciuti.

Se ti è accaduto di recente, poi, il senso di ingiustizia, di sgradevolezza e di risentimento saranno ancora freschi, nella tua mente.

Sia che si tratti di sensazioni recenti che di ricordi penosi, ti interesserebbe forse sapere cosa puoi fare per superare tutto questo.

In un certo senso, non puoi.

E non sto dicendo che sia una condanna, per carità.

Intendo dire che la gamma della rabbia e delle sfumature emotive che ne derivano quando ci scontriamo con gli altri si innesca perché in noi è ancora vivo quel cavernicolo che siamo stati almeno trentacinquemila anni fa, a giudicare dai più antichi resti di homo sapiens.

Sì, viviamo nell'ipertecnologia (e anche nell'ipermercato, infatti sono appena tornato da un centro commerciale), mimiamo la telepatia servendoci di marchingegni elettronici, inseguiamo l'ubiquità grazie agli smartphone, alle webcam, ci sdoppiamo le vite con i dualsim, possiamo fare le pazzie più incredibili per somigliare a David Bowman di 2001 Odissea nello spazio, ma dopotutto ci portiamo in petto ancora quell'ominide che armato di osso è pronto a uccidere il suo simile in nome della sopravvivenza.

Ora, lui è dentro di te, di me, di ogni persona che incroci giorno dopo giorno.

Come un estraneo col quale devi convivere, è necessario, prima di educarlo, che tu comprenda bene quale articolato meccanismo si innesca in lui, che è del tutto incapace di distinguere tra la caverna e la villa a due piani (ma anche se vivi in un angusto condominio tranquillizzati, lui la differenza non la noterà, comunque!).

Se inizi a scavare nell'archeologia della tua mente, potrai trovare quel cavernicolo a cui mi riferisco, il cui unico obiettivo è evitare l'estinzione, che all'epoca non doveva essere una passeggiata, com'è oggi in quasi tutto il mondo industrializzato.

Se vuoi sapere dove lo trovi, basta che tu dica io e potrai addirittura sentirlo, mentre ti abita.

lunedì 2 agosto 2010

Dalla critica al miglioramento

A nessuno piace ricevere critiche.

Perché ci sembrano sempre osservazioni indirizzate direttamente alla nostra persona.

Magari qualcuno accenna a un possibile cambiamento che potremmo fare, qualcun altro prova a mostrarci un diverso punto di osservazione sulle nostre opinioni, da qualcun altro ancora può arrivare - forse non richiesto ma non per questo sbagliato - un consiglio, una dritta.

Ci sono poi mestieri, soprattutto quelli artistici, dove chi si esprime chiede di sua volontà agli altri di proporre critiche al suo lavoro.

Se la critica funziona, se ha un certo grado di obiettività, essa finisce per misurare la distanza tra il modo in cui noi diciamo, pensiamo o facciamo qualcosa, e il modo ottimale al quale potremmo arrivare.

Suona, insomma, come una mancanza: la critica passa l'evidenziatore su un nostro essere carenti.

Quasi mai la critica ha a che fare con noi in quanto persone, il suo terreno coincide sempre con quello dei ruoli che ricopriamo nel vivere con gli altri: il marito, la maestra, lo studente, l'atleta, l'infermiera, il sacerdote, l'artista, il blogger e così via.

Dai ruoli che ricopriamo certamente si può risalire alla persona che siamo, i ruoli vengono riempiti di senso dalle nostre caratteristiche personali.

Ma le azioni che eseguiamo nei ruoli spesso non hanno alcun legame diretto con ciò che siamo.

La distinzione tra ciò che sei e ciò che fai è quanto mai pertinente, in questo caso.

Del resto, la critica ha una sua utilità proprio per questo: investendo aspetti attivi dei nostri ruoli, la critica prende le misure a come ci comportiamo, e ciò che è misurabile è sempre modificabile.

mercoledì 28 luglio 2010

Come parlare a sé stessi e agli altri: negazioni e coazioni

Non lo so, mi dispiace, non posso, non riesco, devo...

Ecco alcune formulette che tutti noi usiamo con impressionante frequenza.

Apparentemente facilitano i nostri discorsi, ma alla lunga possono limitare la nostra mente.

Esse si appoggiano sulla negazione e sulla coazione, due grandi nemici del nostro benessere.

Dire no funziona sempre come un comando inconscio che ci prepara alla difesa.

Ed è anche giusto, i nostri no a volte ci servono per conservare le nostre libertà.

Il problema è che il no e le sue varianti - non so, non posso, non riesco - ci fanno chiudere anche quando li diciamo a mo' di intercalare.

Hai fatto caso quante volte in un dialogo rispondiamo alle affermazioni del nostro interlocutore iniziando con un bel no?

Ti assicuro che quel no procura in chi lo ascolta un fastidio sordo, che potrebbe anche trasformarsi in astio.

Potresti pensare se dico no è perché ho un'idea diversa e voglio esprimerla.

Certo, ma quando interagiamo con qualcuno, le parole che scambiamo sono sovradeterminate dal come le diciamo, e quel no introduttivo fa sottolineare l'aspetto del disaccordo, mentre si potrebbe scegliere di essere collaborativi e arrivare insieme a una risposta.

Per farlo, ci basterebbe iniziare con un bel , per rimarcare che stai accettando le parole dell'altro e poi, a partire da esse, costruire la tua argomentazione come un'alternativa e non una opposizione.

Ma torniamo alle formulette.

Oltre a danneggiare le nostre relazioni, i vari non so, non posso ecc. influenzano in negativo innanzitutto noi stessi.

Il rischio è che diventino un'abitudine e che la parte profonda di noi stessi inizi a usarle in modo automatico finendo per limitarti.

Vediamole nei dettagli.

venerdì 23 luglio 2010

Ah, l'amore, questo folle sentimento che...


La cosa più importante nella vita è amare qualcuno.
La seconda cosa più importante nella vita è avere qualcuno che ti ami.
La terza cosa più importante è che le prime due accadano in contemporanea.
Howie Schneider

Amare, essere amati e trovare la felicità
Questo ci accomuna al di là delle differenze geografiche, etniche e culturali.

Anzi, molti dei nostri desideri in realtà sono funzionali all'amore, come la salute e il benessere economico.

Desideriamo alcune cose perché pensiamo che ci faranno apparire a nostra volta più desiderabili e aumenteranno le nostre possibilità di trovare l'amore.

Anche se l'amore è il bisogno fondamentale del genere umano,continua ad essere l'area nella quale accumuliamo errori e incomprensioni senza fine.

In questo c'è anche un vuoto culturale: non esiste una vera e propria educazione all'amore, e troppo spesso fare coppia ha significato rispettare le leggi della società invece che del cuore.

Diamo uno sguardo ad alcuni problemi tra i più diffusi nelle relazioni di coppia, che impediscono loro di funzionare.

lunedì 19 luglio 2010

Pensare di cambiare: meglio una testa ben fatta o una testa ben piena?

Se lo chiedeva Michel de Montaigne e l'aforisma piacque a Edgar Morin che ne trasse spunto per il suo La tête bien faite.


Pensare però ha molto a che fare con il senso di pienezza, la stessa parola significa pesare, quindi nulla di strano se la testa vi può sembrare pesante per troppi pensieri.

Carichiamo la nostra mente di pesi tutte le volte che ci interroghiamo sul cambiare qualcosa nella nostra vita.

L'esigenza di cambiare è fondamentale per evolvere, per carità.

Ma non è sempre facile capire subito cosa cambiare e come farlo.

In più, ci sono alcuni pericoli insiti nell'attività del pensare sui quali vorrei riflettere con te.

La primissima cosa che puoi fare riguardo al pensare ai problemi e al come cambiare le situazioni è di non stare tutto il giorno a girarci intorno coi pensieri.

Hai fatto caso quanto piace agli esseri umani girare a vuoto nella loro mente pensando alle cose che non possono cambiare?

Non è certo per autolesionismo, è un meccanismo psicologico automatico, ma non per questo obbligatorio.

Dall'esterno si potrebbe pensare che certe persone preferiscano rimuginare pensieri problematici e di cambiamento piuttosto che agire, come fossero tendenzialmente pigre.

Ma l'etichetta della pigrizia secondo me non spiega al meglio questo comportamento, almeno per me che la pigrizia l'associo all'otium, e l'otium ha a che fare con le virtù.

C'è un altro dato significativo: finché stai lì a pensare a problemi e cambiamenti di sicuro non avrai a che fare nella pratica né coi problemi - che sono fastidiosi - né col cambiamento - che è molto faticoso - .
Sarà questo il motivo?

Un inconscio bisogno di evitare sofferenze reali, sacrificandosi a quelle mentali?

Certo, ci sono cose che non puoi cambiare.

Il tempo meteorologico non puoi cambiarlo e ti tocca arrangiarti con aria condizionata d'estate e riscaldamento d'inverno.

L'economia non la puoi cambiare e cerchi di ponderare le spese e gli investimenti.

E noi stessi?

Possiamo cambiare noi stessi?

Vediamo di arrivarci, alla risposta.

venerdì 16 luglio 2010

Persone negative: una valigetta con sette attrezzi

Una risposta negativa, una frase detta allo scopo di ferirci, una situazione fastidiosa.

In questi frangenti scatta in noi un naturale bisogno di proteggerci.

Ma lo facciamo nel modo meno redditizio, seguendo il vecchio adagio la miglior difesa è l'attacco.

Nulla di più sbagliato.

Certo, tra miliardi di persone su questa Terra, si può accettare l'inevitabilità dei conflitti.

Ma non sono i conflitti in sé a causare problemi, bensì le reazioni emotive che si innescano a volte in modo inconsapevole.

Cosa puoi fare per affrontare persone negative, attacchi e situazioni conflittuali senza dare spazio al peggio?

Emozioni e intelligenza non sono più due termini in contrasto da parecchio, ormai, con buona pace di Cartesio.

Se provi ad assumerti la responsabilità della risposta alla negatività, farai un favore alla tua salute, al tuo benessere mentale, e impedirai l'innesco di meccanismi velenosi.

martedì 13 luglio 2010

Credenze limitanti: come trovarle, come vincerle

Hai credenze limitanti?
Se c'è una cosa che non ci serve per vivere, ma anzi ci allontana dai nostri sogni e dalla nostra libertà, queste sono le credenze limitanti.

Sono idee, su noi stessi e sulle nostre possibilità, annidate nella parte profonda di noi, e danno vita a un modello del mondo rigido - e per questo comodo da usare, dato che non cambia mai - quanto restrittivo.

Nel corso della nostra esperienza, si sono formate sulla base di considerazioni emotive e irrazionali, le abbiamo usate per spiegarci le cose - in modo grossolano, sull'onda delle emozioni - e da allora non le abbiamo più abbandonate.

Sono uno stupido, non sono capace, non ho talento, ecco le forme tipiche delle credenze limitanti, nate magari perché non abbiamo fatto una cosa nel modo giusto o non l'abbiamo fatta come gli altri si aspettavano.

Infatti, si formano in prevalenza durante la nostra infanzia.

Una variante abbastanza diffusa è la gamma di credenze sull'amore: quante persone in seguito a esperienze dolorose pensano di non essere capaci di vivere una buona relazione o che l'amore inevitabilmente sarà causa di sofferenza, generalizzando l'esperienza spiacevole attraversata.

mercoledì 7 luglio 2010

Comunicazione assertiva: il piacere dell'onestà

Se è un dovere rispettare i diritti degli altri, è anche un dovere far rispettare i propri.

Lo ha detto Herbert Spencer in un'epoca in cui l'assertività forse come parola neanche esisteva.

Ma il problema di comunicare agli altri i nostri bisogni e nello stesso tempo evitare i conflitti credo accompagni gli esseri umani da tempo immemore.

Con la comunicazione assertiva è possibile farlo, ma il punto è un altro: benché l'assertività a volte si mostri come un talento innato in alcuni individui, nella maggior parte dei casi si può apprendere a essere assertivi.

La definizione più diffusa di assertività è la capacità di affermare i propri diritti e sentimenti rispettando i diritti e i sentimenti degli altri.

Poiché consente di ridurre lo stress per i conflitti con familiari, amici e colleghi, è una delle più importanti capacità che la nostra era della comunicazione richieda.

In modo onesto e sincero, la comunicazione assertiva chiarisce i nostri bisogni alle altre persone.

Equivoci intorno all'assertività
Nei corsi di comunicazione assertiva vedo persone che si alzano in piedi pronte a mettere a frutto la nuova magica abilità appresa.

Li vedi già andare con la mente da tutte quelle persone con le quali hanno conti verbali in sospeso pensando di aver trovato la formula per "dirgliene quattro" facendo bella figura.

Non ci siamo.

L'assertività ha due acerrime nemiche.

La prima nemica è l'aggressività.

Se senti aggressività non stai per niente usando l'assertività.

L'aggressivo giudica l'interlocutore e trasforma il confronto in una partita che vuole assolutamente vincere.

L'assertivo riconosce i diritti dell'interlocutore e lavora a una soluzione nella quale si vinca entrambi.

Ma c'è l'altra nemica, più sottile e subdola: la passività.

La passività soffoca la tua capacità di affermarti, per gli stessi motivi dell'aggressività.

In realtà il passivo, come l'aggressivo, pensa male dell'altro, pensa che nulla si possa cambiare, e pensa ci sia una partita in gioco, ma crede di dover ricoprire il ruolo di colui che perde la partita, e se solo ne avesse la capacità non ci penserebbe due volte a passare dalla parte dell'aggressivo.

Invece, la comunicazione assertiva rafforza i rapporti e riduce lo stress, ti fa stringere legami sinceri con le persone e ti permette di non sovraccaricarti di impegni non voluti, dicendo un no onesto e chiaro.

Vediamo come.

lunedì 5 luglio 2010

Volersi bene per volere bene

Voler bene significa prendersi cura di qualcuno.

È una cosa molto potente, ma non è questa la notizia.

La vera notizia è che puoi prenderti cura di te, e quindi volere bene innanzitutto a te.

Per molte persone, il terrore più grande è rimanere soli.

Sulla base di questo terrore, le persone si ficcano in relazioni sbagliate e finiscono impelagati in rapporti di dipendenza.

Così il mondo di una persona si riduce a quello spazio a due che è la relazione dettata dalla paura di restare soli, una paura che ha radici estremamente profonde.

Se al centro non ci sei tu, allora vuol dire che sei nella periferia della tua vita, e questo non è bene.

Ti porta a sacrificare i tuoi obiettivi per l’altra persona.

Quando poi la relazione finisce – perché c’è sempre questa eventualità – anche la tua identità crolla perché era appoggiata all’altro.

Chiunque si trovi a vivere questo meccanismo – e c’è chi lo rivive più volte di seguito – deve comprendere che la fonte di queste relazioni fallimentari è dentro di sé.

Tutti abbiamo bisogno di amore e approvazione, ma se cerchiamo di riceverle solo da fonti esterne ne diverremo dipendenti.

Già questo comportamento equivale a non amarsi ed apprezzarsi.

Decidi di cambiare.

La paura della solitudine deve trasformarsi in apprezzamento per l’indipendenza e la libertà personale.

E qui c’è il paradosso: più sviluppi la tua parte indipendente, più attirerai relazioni soddisfacenti e costruttive.

Infatti, più crescerà l’amore per te, più aumenterà il coraggio di essere te stessa/o, più sarai capace di attrarre relazioni benefiche nella tua vita.

Come puoi darti questo amore?

Esattamente come lo daresti a un’altra persona: frequentandoti!

Anche se hai comunque altre relazioni – non devi certo interromperle – programma degli appuntamenti con te.

Organizza delle occasioni in cui passare del tempo con te a fare ciò che ti piace.

Spendiamo così tante energie focalizzandoci sugli altri che ci dimentichiamo di ricaricare noi stessi.

Ma solo se stiamo bene possiamo fare del bene anche agli altri.

È un concetto semplice che può aumentare tantissimo il tuo benessere.

mercoledì 30 giugno 2010

Motivazione: come innescarla, svilupparla e conservarla

Avrai sentito dire - forse dalla tua stessa voce - queste parole: mi manca la motivazione.

Lo dice chi vuole raggiungere un obiettivo per il quale deve compiere delle azioni ma fa i conti con la dura realtà del doversi davvero impegnare per raggiungerli.

Perché mi manca la motivazione lo si può dire con disperazione, ma anche con vittimismo: nel primo caso la vivi come una carenza e puoi soffrirne, nel secondo la vivi come una giustificazione e ne gioisci in silenzio.

La situazione di base non è rara: stabilisci un obiettivo da raggiungere, arrivi anche a pianificare le azioni da eseguire ma poi trovi sempre quel centinaio, centinaio e mezzo di cose da fare che ti impediscono di lavorare al tuo obiettivo.

Eppure il piano sembrava perfetto: ogni azione programmata sembrava annunciare un pieno successo, fino a quando è arrivato il momento di... metterle in pratica.

Potrebbe dipendere da una mancanza di motivazione, non c'è dubbio.

Ma di cosa stiamo parlando quando diciamo motivazione?

Quando i nostri comportamenti hanno una direzione e uno scopo a fare loro da "faro" allora diciamo di avere un motivo.

La motivazione, invece, è qualcosa che ci spinge ad agire, è attiva mentre compiamo il percorso e funziona come una molla.

Migliorare il proprio aspetto fisico, prendersi cura della propria salute, vincere delle competizioni sono solo alcuni degli obiettivi in grado di motivare alcune persone.

Ma è abbastanza?

Il vero problema è che alcune persone pensano alla motivazione come qualcosa da aspettare e che grazie a questa attesa prima o poi arriverà: una bella mattina ti sveglierai e magicamente farai tutto ciò che hai preventivato!

Una bella favola.

Non aspettare la motivazione: creala.

venerdì 25 giugno 2010

Ascoltare gli altri: la più potente capacità umana

Sii avido di ascoltare e non di parlare.

Così esortava Cleobulo, uno dei Sette Sapienti.

Nonostante i secoli, ascoltare gli altri è ancora una potente capacità e merita di essere esaltata.

Ti è mai capitato di trovare una persona che mostra un esplicito interesse verso ciò che stai dicendo
 e scoprire che quella stessa persona ti è simpatica, ti interessa o addirittura ti piace?

Tutti noi cerchiamo prove del fatto che contiamo e siamo importanti per qualcuno oltre che per noi stessi.

Una persona che sa ascoltare non fa che convalidare questo bisogno di conoscenza e comprensione.

Perciò tutti desideriamo essere ascoltati.

Saper ascoltare gli altri può prevenire le incomprensioni e facilitare la collaborazione, oltre a migliorare le relazioni personali e professionali.

Non è un invito a fingere nella speranza di entrare nelle grazie altrui, ma piuttosto a prestare attenzione a questa abilità sottovalutata e a volte dimenticata.

Voglio condividere alcune tecniche utili nello scambio verbale e nell'incontro con l'altro.

Ognuna deriva da formazione, corsi, libri ed esperienze originali di vita.

Tutte aiutano ad ascoltare meglio, se a usarle è una persona limpida.

martedì 22 giugno 2010

Pensare positivo: cinque suggerimenti per non dimenticarsene




Prima di andare, vorrei lasciarvi con un pensiero positivo, ma non ce l'ho: fa lo stesso se ve ne lascio due negativi?

Woody Allen è capace di trasformare i nostri difetti in occasioni per nutrire l'animo con l'umorismo.

Ma non siamo tutti capaci di fare altrettanto e troppe volte perdiamo la strada giusta e imbocchiamo quella negativa, a nostro svantaggio.

L'importanza di pensare in positivo non verrà mai sottolineata abbastanza.

Se facessimo un monitoraggio continuo per calcolare quanto tempo spendiamo nel pensare in positivo o nel rovinarci giornate e umore correndo dietro a idee nefaste resteremmo terribilmente sorpresi e ci renderemmo conto di una cosa: stiamo rischiando di sprecare il nostro tempo.

Pensare positivo è facile quando tutto scorre liscio: il vero problema è rimanere sintonizzati sulla positività anche quando le sfide della vita rendono tortuosa la nostra strada.

Mentre restare sul sentiero della positività ci permette di conservare proprio quell'apertura mentale utile a uscire dalle situazioni difficili, lasciarsi andare nella negatività produce una tremenda reazione a catena: le nostre abilità nel risolvere problemi calano vistosamente, il nostro animo si logora e "infettiamo" anche chi ci sta intorno, inducendolo ad allontanarsi.

A cosa dobbiamo stare attenti per conservare il pensiero positivo e stare alla larga dalla negatività?


martedì 15 giugno 2010

Creatività: otto modi per generarla

Creativi è meglio
Parlare di creatività significa cercare di definire qualcosa di estremamente fluttuante, instabile, incerto.

Possiamo dire di sentirci creativi tutti i giorni allo stesso modo? No di certo.

Sentire la creatività attraversarci ci permette innanzitutto di godere uno stato di grazia e leggerezza, nel quale ci sentiamo "scivolare" verso i risultati cercati.

Forse in quei momenti pensiamo a quanto sarebbe fantastico essere in quello stato ogni giorno, appena aperti gli occhi.

la caratteristica fondamentale del flusso di creatività è l'assenza di fatica, accompagnata alla fiducia nel seguire l'ispirazione: quando questo sentimento ci invade, non "proviamo" a fare le cose, le facciamo e basta.

Come creo la creatività?
La letteratura ha diffuso il luogo comune per il quale la creatività arriva sotto forma di muse ispiratrici, quindi l'uomo in realtà non avrebbe alcun potere di provocare la sua inventiva.

Ma per fortuna non è così, o almeno non del tutto.

sabato 12 giugno 2010

La paura di aver paura

Il più grande timore dell'essere umano è non poter controllare la propria vita.

Il sistema con cui ci accorgiamo di correre questo rischio è la paura.

Un "sistema d'allarme" per metterci in guardia dai pericoli, con la caratteristica di attivarsi da solo.

Questo automatismo è in realtà un vantaggio: un sistema d'allarme deve attivarsi da solo, così noi possiamo dedicarci ad altro.

Poiché però la paura si manifesta con sensazioni sgradevoli, con la sua comparsa essa getta il seme per la futura paura di aver paura.

venerdì 4 giugno 2010

Timidezza e carisma - Due facce della stessa medaglia


Cara timidezza...
Sentirsi un po' insicuri di come le nostre azioni vengono osservate e probabilmente giudicate dagli altri è del tutto normale.

Ma la vera timidezza è una sensazione di pena intensa e autofocalizzata in cui ti senti come se fossi esposto all'esame e al giudizio critico di chiunque in qualsiasi momento, senza posa.

La timidezza deriva da una modalità precauzionale: se non abbiamo dati sufficienti sugli individui e le circostanze intorno a noi ci tiriamo indietro, prestando nello stesso tempo molta attenzione a come possiamo apparire a loro.

Accade specialmente in presenza di qualcuno a cui attribuiamo valore o autorità.

Dovresti comprendere bene perché c'è bisogno che tu faccia ogni sforzo per evitare di agire con timidezza, quando ti capita.

La ragione per cui la timidezza è distruttiva per le tue capacità di intessere relazioni sociali può sembrare ovvia: se ti ritrai, le relazioni inizieranno a scarseggiare.

venerdì 28 maggio 2010

Il segreto della felicità


Una risposta pratica
Saper impiegar bene il proprio tempo.

Questo è tutto.

Dopo secoli di dibattiti filosofici e ricerche di elisir o ricette per la felicità, l'elemento prevalente appare in tutta la sua evidenza.

Il tempo domina gli aspetti del vivere odierno almeno in due modi.

Primo, non c'è più una netta divisione tra tempo del lavoro e tempo libero.

Oggi aspiriamo a una attività che ci diverta, ci stimoli, ci rilassi, non ci stressi, ci distenda e ci svaghi.

Riuscire a realizzarla, naturalmente, è tutto un altro paio di maniche.

Secondo, anche nel modo in cui riceviamo le informazioni, il tempo influisce in maniera pesante.

Non siamo più nemmeno nell'era dei nuovi media, che aumentano la quantità di informazioni in arrivo.

Le informazioni sono così numerose che in realtà non ci resta tempo per esaminarle.

Per questo da un po' di tempo si è affacciata questa nuova parolina inglese, smart, intraducibile in realtà, perché vuol dire sia veloce, sia facile, sia intelligente, sia di tendenza.

Bisogna essere smart, scaltri nel selezionare in un batter d'occhio le informazioni utili e scartare la zavorra.

Perciò i comunicatori fanno a gara per accaparrarsi secondi cruciali della nostra attenzione.

giovedì 20 maggio 2010

Viaggiare dentro sé stessi


Una lista che scotta

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d'avere: l'estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t'aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.

Così Italo Calvino, ne Le città invisibili, sulla condizione del viaggiatore, intramontabile metafora dell'essere umano.

E come il viaggiatore di tanto in tanto sosta per riconsiderare il suo itinerario, così nella vita alcune domande ricorrono, quando certi segnali di irrequietezza ci avvertono che è il momento di fare il punto e aggiornare le nostre modalità.

Le cinque domande seguenti, oltre ad aiutarci a "disegnare la mappa" del percorso svolto, possono indirizzarci verso nuove "escursioni" da compiere nei giorni a venire.

Buon viaggio...

giovedì 13 maggio 2010

L'obiettivo di essere obiettivi


Climb high, climb far, your goal the sky, your aim the star.

Questo invito ad avere come mete e obiettivi il cielo e le stelle accoglie gli iscritti al Williams College nel Massachusetts, Stati Uniti, quello della foto.

Il tono dell'iscrizione è entusiasta, ma esiste un modo corretto di formulare degli obiettivi, darsi degli scopi, perseguire delle finalità?

Sono certo che avrete sentito usare spesso come sinonimi queste parole: obiettivo, finalità, scopo.

E non c'è nulla di male se le usiamo in questo modo, quando parlare non è lo strumento per fare le cose ma solo per chiacchierare.

Tuttavia, distinguere tra questi termini può aiutare a distinguere anche tra le cose da fare per raggiungere... obiettivi? Finalità? Scopi?

giovedì 6 maggio 2010

Aguzzino e oppresso: le due anime del perfezionista


Il perfezionismo è una vocazione ad auto-tormentarsi.

Perché la perfezione - come si dice? - non è di questo mondo e spesso anche le pretese più mondane sono piuttosto distanti da dove realmente possiamo arrivare.

Chi gioca ad auto-tormentarsi in genere vive questo meccanismo in modo coatto: proprio quando pensa di esserne uscito ci si ritrova di nuovo dentro fino al collo.

Perché pensare di arrivare "lassù" è allettante, sebbene sia fuorviante.

Fare il confronto tra sé e l'idea di perfetto è come avere un flagello sempre a portata di mano con cui straziarsi l'anima.

Il perfezionista usa la disapprovazione e generosamente la dispensa anche agli altri.

E non smette mai perché il "perfetto" a cui anela è irrealizzabile, perciò l'occasione di fare da aguzzino è sempre prossima.


Le due anime del perfezionista sono sempre in lotta, ma è una finta lotta perché in realtà hanno bisogno l'una dell'altra.

giovedì 29 aprile 2010

Temperamento e personalità ovvero ci sei o ci fai?


Quando il temperamento originario prevale sulla cultura si è rozzi; quando la cultura prevale sul temperamento originario si è pedanti. Quando cultura e temperamento si equilibrano, allora si è superiori.

Questa frase di Confucio tocca uno dei punti caldi del dibattito tra gli psicologi quando si tenta di stabilire se una persona ci è o ci fa.

La maggior parte degli approcci psicologici sostiene che la personalità sia determinata nei fatti dalla componente dell'apprendimento e che eventuali fattori innati negli esseri umani siano tutti da dimostrare.

Sono in pochi a pensare che l'uomo nasca già con una tendenza e che essa ne influenzerà lo sviluppo e tra questi Otto Kernberg, psicoanalista sostenitore dell'idea che nell'animo umano agiscano due componenti: temperamento e carattere.

Mentre il carattere si forma e si apprende attraverso gli scambi relazionali con i nostri simili, il temperamento costituisce la base innata su cui si innalza la personalità futura.

L'idea non è certo nuova e questo la rende interessante.

venerdì 23 aprile 2010

istruzioni per tentare di cambiare senza riuscirci


Tempo fa una persona di mia conoscenza, una vita da sportiva di buon livello, mi raccontò di essere preoccupata perché in seguito ad alcuni interventi chirurgici non avrebbe potuto più praticare i suoi sport e questo per una persona sempre impegnata, diceva, era motivo di paura.

Paura di non sapere come impiegare il tempo.

Discutendo di possibili alternative, prendemmo in considerazione tutte quelle attività fisiche "dolci" come lo yoga, le ginnastiche posturali, le tecniche di respirazione se non addirittura di meditazione, per non sollecitare troppo il corpo.

Ma queste proposte non suscitarono alcun entusiasmo in lei, anzi, ho paura che dopo un po' che sono lì a muovermi lentamente e a fare tutte quelle pratiche mi possa stancare e annoiare, a stare troppo ferma tutto quel tempo, mi spiegò.

Concluse dicendo che avrebbe aumentato il suo impegno in pratiche come il ricamo e la cucina, ma senza esagerare perché capirai, senza più muovermi poi metto su troppi chili.

Ho sentito spesso discorsi simili in cui a una persona si prospetta la possibilità di fare qualcosa che apparentemente soddisferebbe i suoi bisogni e che non comporta l'acquisizione di chissà quali abilità.

Ma questa persona poi finisce per non fare quella cosa adducendo motivazioni che agli altri suonano un po' come giustificazioni per mascherare una sostanziale mancanza di volontà.

giovedì 15 aprile 2010

Spiegare la realtà: la dissonanza cognitiva e il rasoio che non taglia


Il filosofo Guglielmo di Ockham raccomandava col suo "rasoio" di spiegare i fenomeni scegliendo le spiegazioni meno complesse.

Più di seicento anni dopo, gli esperimenti di Alex Bavelas hanno definitivamente dimostrato che del rasoio di Ockham noi esseri umani proprio non sappiamo cosa farcene.

Così se c'è una cosa molto naturale per noi è inventare le spiegazioni più complicate pur di far quadrare l'immagine che abbiamo del mondo.

Cambiare - soprattutto cambiare idea - sembra davvero arduo per la nostra specie.

Se due o più concetti non quadrano tra loro, il fastidio che ne nasce è tale da indurre le persone a modificare gli stessi concetti finché il fastidio prodotto dal loro contrasto non si attenua.