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martedì 29 dicembre 2009

Buon anno!


Per chi vuole tenersi in allenamento...

Pranzi e cene durante le feste: sette motivi per non rinunciare!


I pranzi e le cene dominano questo periodo di feste.

C'è stato il pranzo di Natale - e per alcuni anche la cena della vigilia - seguito dal pranzo a S. Stefano - perché è festa e quindi non vuoi pranzare alla grande anche il giorno dopo? - e dietro l'angolo ci aspetta il cenone di Capodanno.

Senza contare le cene, le feste, le riunioni, gli aperitivi, le occasioni di rivedere parenti, amici e conoscenti e salutarli tra una tartina e un pasticcino, tra bollicine e gran riserve.

Sedersi a tavola - in tutte le sue varianti - è ancora il rituale irrinunciabile degli esseri umani, radicato nella funzione vitale più materiale che ci contraddistingue: nutrirsi.

martedì 22 dicembre 2009

La preghiera: religione o magia?


I disegni rupestri con scene di caccia o la danza della pioggia sono alcuni dei rituali inventati dagli esseri umani per dialogare con il mondo esterno.

Pare che la rappresentazione grafica della caccia venisse fatta con intento propiziatorio ma è probabile avesse un’origine didascalica: si rappresenta lo svolgimento della caccia ai giovani per insegnargli a muoversi bene così come si usa la lavagna a scuola per spiegare qualcosa agli scolari.

Analogamente una pioggia attesa da tempo può essere stata festeggiata con salti di gioia divenuti rituali.

Messe così, queste pratiche si situano al confine tra religione e magia: da un lato si prende atto del rapporto di interdipendenza col mondo esterno, dall’altro si vuole forzare l’effetto positivo sperando di trarne giovamento.

Da qui in poi, religione e magia si separano e chiunque ripeta questi rituali con l’intento di raggiungere gli stessi risultati dai quali sono nati (la buona caccia, la pioggia ristoratrice) è in una certa misura un mago o crede di esserlo.

L’elemento cardine per distinguere i rituali religiosi da quelli magici è la reciprocità: se c’è siamo nel mondo della religione, se manca sconfiniamo nella magia.

Il senso di colpa: una trappola da cui si può uscire


Il senso di colpa può essere inteso come la conseguenza del rimorso per aver compiuto azioni in contrasto con idee, pensieri, aspettative e responsabilità personali o legate agli altri.

Un senso di colpa smisurato può diventare causa di sofferenze notevoli e bloccare lo sviluppo personale.

Non è facile stabilire fino a che punto arrivino le nostre responsabilità, soprattutto quando coinvolgono in modo diretto o indiretto altri individui.

Tuttavia non c'è senso di colpa senza responsabilità verso qualcuno o qualcosa.

Distinguere ciò che spetta a noi da tutto ciò che dovrebbero invece fare gli altri è l'abilità fondamentale da acquisire per gestire i sensi di colpa.

A volte le persone significative della nostra vita avanzano richieste e noi ci sentiamo anche felici di esaudirle perché la loro approvazione è importante.

Quando le richieste di queste persone in realtà riguardano azioni, compiti, comportamenti che toccherebbe loro assumere - in una parola responsabilità - ci troviamo nella spiacevole situazione di scegliere se accontentarle e ricevere ancora le loro dimostrazioni di affetto - caricandoci però di un peso eccessivo che non ci spetta! - oppure di mantenere separate le rispettive responsabilità e rifiutare di accontentarle - esponendoci al rischio della loro disapprovazione! - e di certo non si tratta di una scelta facile.

Nessuno può rinunciare del tutto al riconoscimento degli altri ma le persone differiscono in base alla quantità e alla qualità di questo riconoscimento.

sabato 12 dicembre 2009

La depressione: tra malattia, disordine e fenomeno sociale


La depressione è catalogata nel DSM tra i disturbi dell'umore e si caratterizza soprattutto per due sintomi:
  • umore depresso
  • perdita di interesse o piacere
Mi limito a queste poche parole e al link informativo poiché esistono in commercio e online tantissime pubblicazioni in merito con approfondimenti.

Mi interessa invece confrontare i tre modi in cui si "guarda" alla depressione da tre punti di vista:
  • biologico
  • psicologico
  • sociologico
Il modo in cui si parla comunemente della depressione, infatti, sembra determinato da questi tre contesti, per cui:
  • chi guarda alla depressione come un fenomeno biologico la considererà alla stregua di una qualsiasi malattia e incoraggerà l'uso di farmaci
  • chi guarda alla depressione da un punto di vista psicologico la vedrà come conseguenza di bassa autostima, poca consapevolezza emotiva e credenze errate e si concentrerà su come la persona depressa vede la vita
  • chi guarda alla depressione in una cornice sociologica ne farà una questione di capacità di adattamento personale e di vincoli e risorse offerte dall'ambiente circostante
Ma chi teme di sentirsi depresso o chi ha ricevuto una diagnosi di depressione vuole sapere chi ha ragione, senza troppe chiacchiere perché da questa ragione dipenderanno le possibilità di risolvere il problema.

domenica 6 dicembre 2009

le immagini seguenti possono disturbare la tua sensibilità

Il video ha un taglio, nel filmato completo del TG1 si vede meglio, ma anche da qui è possibile notare un particolare:
  1. mentre la donna infierisce sul piccolo seduto passa un'altra persona
  2. la donna allora "trasforma" il gesto violento che sta per fare in una serie di atti mimici come se volesse far divertire il bambino
  3. appena l'altra persona esce la donna colpisce il bambino e continua i suoi soprusi
Domanda:
che cos'è la capacità di intendere e volere?
Il vero mistero non è l'invisibile ma ciò che si vede (O. Wilde)

sabato 5 dicembre 2009

Ciò che pensi e come lo pensi: guida contro il catastrofismo mentale


Ciò che pensi e come lo pensi può determinare la riuscita o il fallimento delle tue esperienze di vita.

Questa affermazione non è certo nuova ma viene spesso banalizzata, finendo per generare illusioni del tipo se voglio riesco in tutto oppure basta pensare intensamente al risultato desiderato ed esso arriverà: nulla di più falso.

Il principio adottato in questo articolo è: primo, non peggiorare.

Si può fare una guida efficace prescrivendo i comportamenti vantaggiosi da adottare.
il problema è che tutte le volte che "modifichiamo" il mondo circostante esso ci risponderà generando nuovi problemi.

L'alternativa è usare un ju-jitsu mentale per "scansare" gli "attacchi" della realtà - o meglio, di ciò che pensiamo sia la realtà - e vivere in modo più saggio per sentirci più sereni.

In ciò che pensiamo della realtà si celano nemici a volte difficili da sconfiggere.

Abbiamo bisogno di "pensare" in modo da non generarli.

Ma quali sono i meccanismi di pensiero capaci di trasformare la nostra vita in una "catastrofe"?

venerdì 4 dicembre 2009

Attacchi di panico: una paura che non bussa alla porta


Mi piacerebbe iniziare con una definizione dell'attacco di panico ma la quantità di informazioni su questo "fenomeno" è tanto vasta da sentirmi ridicolo al solo pensiero di aggiungermi al "coro", perciò mi limito per ora al solo link informativo.

L'affermazione che più mi colpisce, nel mare di discorsi su questo disagio, è quella sulla sua natura di male dei nostri tempi.

Intanto, la stessa cosa si sente dire anche per la depressione, quindi viene da chiedersi quanti mali abbia il nostro tempo.

Inoltre, se davvero fosse un male dei nostri tempi allora tutti i tempi hanno avuto i loro mali quindi il mondo procede in modo del tutto naturale, un tempo c'era la peste...

Chi vuol esser più preciso dice che gli attacchi di panico hanno rilevanza statistica notevole perciò meritano tutta l'attenzione.

Purtroppo non esistono statistiche per i secoli passati ed è impossibile fare confronti per determinare l'esatta rilevanza statistica: la statistica, come metodo d'indagine, non esisteva.

Ad essere aumentati sono i rilevatori statistici, medici e ricercatori: non vorrei che all'attacco di panico tocchi la sorte della criminalità, in calo se paragonata a secoli passati ma che - amplificata dal maggior numero di fonti di informazione - sembra in aumento.

La psicopatologia odierna sta affinando i suoi criteri e suggerisce una differenza: l'attacco di panico è l'episodio connotato da certi sintomi, il disturbo da panico è la ripetizione di numerosi attacchi con una certa periodicità in un certo lasso di tempo.

Questa "creazione" del disturbo da panico è una vera e propria "magia" resa possibile dalla natura instabile del fare diagnosi.