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mercoledì 10 dicembre 2014

Linguaggio e verità: guida al traduttore simultaneo della nostra mente

Non si può pensare bene finché non si riconosce la più grande distrazione dal pensare bene: il bisogno di essere nel giusto.

Pensare bene vuol dire riconoscere sé stessi.

Corriamo sempre il rischio di piegarci verso le idee che ci fanno sentire bene, piuttosto che avventurarci nell'esplorazione di quelle idee  -a volte più vere - che ci mettono a disagio.

La verità si fa scorgere solo da occhi non offuscati dai desideri, soprattutto da quello di sentirsi bravi e perfetti.

Per evitare la distrazione verso l'autocompiacimento, dobbiamo prendere coscienza del vocabolario con il quale ci raccontiamo le nostre verità, tenendo ben presente quant'è ricco e carico il linguaggio.

sabato 11 ottobre 2014

Educare per uscire dalla violenza

L'episodio delle sevizie inferte con un compressore a un ragazzo in provincia di Napoli è terrificante, ma non voglio farmi paralizzare dall'orrore - che pure sento - perché è in questi casi che bisogna fare attenzione alle derive emotive della cronaca.

Simili storie rischiano di far puntare l'attenzione sulla sicurezza invece che sulla civiltà, e quando si ragiona a caldo su che cosa si può fare poi si finisce per pensare in maniera poliziesca all'aumento del controllo al posto di sforzarsi di immaginare come far crescere il livello culturale della convivenza civile.

Le relazioni sociali comunque sono spesso caratterizzate da transazioni crudeli, come prendere in giro, emarginare, sopraffare, spettegolare, fare gruppo contro le minoranze.

Nel mondo dei giovani, poi, queste disdicevoli pratiche fanno ancor più scalpore, sia perché il minore, l'adolescente o comunque il ragazzo che le subisce è palesemente più debole, sia perché questi meccanismi non avvengono soltanto nelle interazioni dal vivo, ma anche sui social network e persino nella modernissima comunicazione via cellulare, soprattutto con le nuove applicazioni per i messaggi.

Quando il più giovane soggiace alla crudeltà non è in pericolo solo il suo benessere e la tranquillità sociale, ma è a rischio anche la capacità di chi tutela ed educa i giovani di puntare all'obiettivo della loro crescita come cittadini, come membri di una cultura, col pericolo invece di appiattirsi sulla pura vigilanza e sul controllo delle condizioni di sicurezza.

domenica 28 settembre 2014

Il contrario di litigare

Qual è il contrario di litigare?

Soprattutto nelle relazioni significative, dove c'entra l'amore, l'amicizia, la convivenza, la parentela, la condivisione professionale, tutte situazioni ricche di occasioni per beccarsi, in che direzione andare per evitare il conflitto e trovare l'equilibrio?

Il buon senso, non sempre buono, direbbe di concentrarsi sulla generosità, sull'altruismo, sul volere il bene dell'altro.

Ma funziona davvero?

Lo farebbe se fosse incondizionato, però quasi sempre questa generosità, questo altruismo e questo volere il bene altrui si intendono implicitamente reciproci.

E se una cosa è reciproca per condizione allora non è più incondizionata.

In pratica, è un baratto, e un baratto - come qualsiasi transazione economica - comporta il controllo ossessivo del corrispettivo: se io ti do tanto, anche tu dovrai darmi altrettanto, e se non lo fai apriti Cielo!

Il battibecco nella relazione emerge in sostanza quando uno dei due si sente frustrato o ha delle aspettative.

Invece di fare una chiara richiesta sul modello del faresti questo? si vagheggia che l'altro ci legga nel pensiero e lo faccia, per di più senza avere nulla in cambio.

Torniamo ai contrari, e partiamo proprio dal voler bene e dalla generosità.

Sull'altro lato della medaglia dovremmo trovare odio e avarizia.

Ed è chiaro che stare sul lato buono è meglio, ma neppure è possibile forzare la propria pancia a non torcersi quando non sentiamo equità nello scambio naturale del dare e avere.

Il dare e avere della vita e delle relazioni però non è esattamente la stessa cosa di quello delle relazioni economiche pure e semplici.

martedì 9 settembre 2014

Il fascino discreto dell'indifferenza

Lui ama lei, e la ama così tanto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene, lui non ne è affatto infastidito, aspetta, pazienta, è allenato a incassare da lei ogni colpo, e quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla, non può fare altro che essergli infinitamente grata.

Ma c'è un altro lui che non si preoccupa minimamente di un'altra lei, al punto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene - come quella di prima - lui sa che non ne proverà alcun fastidio né mancanza, e ride tra sé, consapevole del fatto che per lui le parole e le azioni di lei in fondo non contano davvero, eppure quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla - come quello di prima - non può fare altro che essergli infinitamente grata.

Due modi diversi di andare d'accordo: vero amore e vera indifferenza.

Io sarò dalla tua parte, qualsiasi cosa tu decida di fare è una bella frase, ma in quel qualsiasi possono celarsi miriadi di sfumature.

Si può essere davvero così aperti e capaci di accettare gli altri incondizionatamente?

O non sarà che la nostra capacità d'accettare è inversamente proporzionale con il grado di bisogno e di influenza che le persone hanno su di noi?

domenica 13 luglio 2014

Bipolari sì, ma con ironia

La vita è deliziosa, anzi, no, è pericolosa.

Devi essere positivo, ma che dico?, stai attento.

L'amore fa girare il mondo, che follia, le persone sono tremende.

Queste sono solo alcune delle tensioni con le quali ogni giorno lottiamo, tra apertura e chiusura, tra coinvolgimento e scetticismo, tra fede e ragione, tra fiducia e dubbio, tra speranza e paura, tra realismo e trascendenza, tra generosità e cautela, tra amicizia e interesse.

In questo solco tra due poli continuamente cadiamo proprio cercando di venirne fuori, mentre la verità fondamentale è che è impossibile non starci dentro come impossibile è stare per sempre solo su uno dei cigli del burrone.

Non potrebbe essere altrimenti, la vita da gioire e da condividere è sin dall'inizio già spartita con la fine, l'ambiguità è scritta in partenza.

Questa tensione emerge in ogni situazione, dal saltare di gioia al sentirci inciampare per le difficoltà, dal gioire del mondo che abbiamo creato al terrorizzarci per il disastro ambientale che abbiamo provocato.

Come si può essere contenti e consapevoli dei rischi nello stesso tempo?

venerdì 11 luglio 2014

Il peccato senza la vergogna

Chi pratica la virtù solo nella speranza di acquisire una gran reputazione è prossimo al vizio.

Fu Balzac il primo a capire che il romanzo non era solo un nuovo genere letterario, bensì una lente per ingigantire, senza sconti per nessuno, la commedia che ogni essere umano mette in atto.

Oltre ai personaggi dichiaratamente viziosi, lo scrittore ne racconta altri che eccedono persino nell'essere virtuosi, mostrando quindi le conseguenze paradossalmente negative del bene.

Vuoi vedere che invece di praticare troppa virtù e ritrovarsi immersi nel peccato, conviene fare qualche passo in più nei vizi e magari cavarci qualcosa di buono?

Se è stato facile per la religione trovare il male, il negativo, nel peccato, fino a identificare il famoso eptalogo dei vizi capitali, sarebbe possibile trovarvi anche dei vantaggi?

Commettere uno di questi peccati  è sempre un male o dobbiamo augurarci delle eccezioni?

Se anche a te riesce difficile pensare che i vizi capitali non abbiano dei vantaggi, purché praticati con abilità, distinguendo l'occasione opportuna da quella gratuitamente viziosa, seguimi.

giovedì 3 luglio 2014

Qui e ora: il tempo della mente

Il principio del qui e ora è ancora molto in voga, sebbene abbia parecchi anni.

In realtà, presso i latini esso nasce come sprone ad agire, ma poi con l'esistenzialismo si trasforma in principio filosofico per vivere un tempo non infinito, causa di sofferenza.

Apprezza il momento, non buttare il tuo tempo stando nel passato che non c'è più o nel futuro che non c'è ancora, stai in ciò che c'è. Se lavi i piatti, lava i piatti e basta!

A questo punto, se sei abbastanza fortunato da trovare piacevole questo ragionamento, tutto fila liscio: in fondo esso mira al tuo benessere.

Se però dovessi anche solo un attimo dubitare della sua efficacia, ti troveresti nel bel mezzo di un dilemma: nel dubbio, sei ancora nel momento presente, e quindi fai bene a dubitare, o ne stai uscendo e per questo ti viene il dubbio e il conseguente disagio?

sabato 28 giugno 2014

Tutti pazzi per il selfie

Il titolo sembra ironico, ma non si sa fino a che punto, visto che l'American Psychiatric Association - responsabile dei DSM - è stata tacciata qualche tempo fa di aver classificato il selfismo come un disturbo mentale.

Così, tutti gli internettiani e ancor più gli smartphoniani - perché ormai si tratta di vere e proprie popolazioni distinte - sono stati attraversati da un brivido e si è vivamente sperato si trattasse di una bufala, cioè di una delle forme più diffuse di post che circolano sui social network.

Ed effettivamente, sul sito dell'APA non ci sono tracce di una simile classificazione, né si trova nulla effettuando una ricerca interna.

Che la notizia farlocca si sia diffusa tra i naviganti nel solito modo virale non sorprende, sia perché in genere gli utenti dei social si divertono a leggere le sedicenti notizie preparate da siti che, se solo si leggessero bene le avvertenze, dichiarano di poter pubblicare delle bugie, sia perché il selfie - che tutti criticano - è una pratica diffusa e amata.

lunedì 2 giugno 2014

Quale ricerca per quale equilibrio?



Essere virtuosi è apparentemente una bella cosa.

Eppure, le virtù - come i vizi e le spinte della vita - a volte confliggono, e non è così semplice seguirle, soprattutto quando alcune di esse sembrano sgomitare per avere l'esclusiva.

Vuoi essere libero, ma vuoi anche sentirti sicuro.

Vuoi libertà d'azione, ma anche giustizia.

Vuoi pensare a te ma vuoi avere compassione per gli altri.

venerdì 16 maggio 2014

Rido dunque sono

Ti piace ridere?

Già intuisci il trabocchetto, come può farmi una domanda dalla risposta così ovvia? Dove vuole andare a parare?

Sarò più preciso: ti piace di più che gli altri ridano con te o che ridano di te?

Ah, ecco la magagna! Se rispondo che preferisco il primo caso passerò per quello che si prende troppo sul serio, e se rispondo col secondo caso mi metterà alla prova per verificare!

A questo punto, potrei anche chiuderla qui, dato che la questione gira tutta attorno a queste riflessioni.

Crescendo, aumentano le probabilità di provare gusto a ridere con gli altri di sé stessi.

Contro la malattia del prendersi troppo sul serio, dell'arroccarsi in una posizione altera, non c'è medicina più efficace del ridere di sé.

Ma... ci sono due ma.

Primo: ma non è affatto semplice acquisire questa capacità.

Secondo: ma non è affatto sicuro che si tratti di una capacità acquisita una volta e per tutte.

Infatti, se arrivare a ridere di sé stessi significa passare attraverso l'inferno del sentirsi derisi, credere di essersi salvati in qualche modo è una pena ancor più grande.

I sintomi del male sono chiari: sentirsi al di sopra degli altri, eccezionali, saggi, consapevoli, meritevoli, in grado di giudicare.

La cura è un po' più lunga, tutto sta a cominciare...

domenica 27 aprile 2014

Consapevolezza: l'infinito dentro di te

È bello credere si possa diventare noi stessi conoscendo la nostra personalità e quella delle persone che ci circondano.

Ma l'idea di avere sempre innestata la marcia dell'autoconsapevolezza e dell'introspezione verso gli altri qualche dubbio lo suscita.

Il tema è antico quanto la nostra cultura, a partire dal conosci te stesso delfico.

Che cosa significa questa frase?

Una sfilza di cose:
  • conosci la tua personalità
  • sii consapevole di dove ti trovi
  • sappi a che punto della vita sei
  • sii la tua voce-guida
  • fidati del tuo intuito
  • esaminati in maniera obiettiva
Potrei continuare, ma già da questo piccolo elenco si vede come certe traduzioni e interpretazioni del famoso monito greco siano addirittura contraddittorie.

venerdì 25 aprile 2014

Felicità fa rima con relatività

Quando un uomo siede accanto a una bella ragazza per un'ora, pare che sia passato un minuto. Ma se quel tale siede per un minuto su una stufa accesa, gli sembrerà che sia passata più di un'ora. Ecco che cos'è la relatività.
Albert Einstein

Fame di stimoli
Uso molto il computer, ma non solo per scrivere post.

Ci sono mail da controllare, commenti da moderare, avvisi da leggere, materiali da archiviare, messaggi personali, account Google, Facebook, notizie, notifiche varie, links, condivisioni, e tutta l'enorme quantità di minuzie da tenere sott'occhio attraverso questo strumento che avrebbe dovuto solo semplificare tutto.

Però, non sempre faccio tutte queste cose, e non sempre la faccio allo stesso modo, con la stessa quantità e frequenza.

Controllo più spesso tutte queste cose non quando sono di meno, ma proprio quando sono di più.

Le mail, i commenti, le notifiche in genere funzionano come segnali d'attenzione nei miei riguardi.

Perciò mi stimolano a cercarne ancora.

Se vedo aumentare le visite a una mia pagina, nelle ore immediatamente successive vado a monitorare più spesso l'andamento, se un post o una foto o un testo qualsiasi riceve commenti, approvazioni di vario genere o diventa oggetto di condivisione, il mio occhio ricade con più frequenza su quella cosa, per verificare l'arrivo di altri segnali.

Dopo qualche giorno di calma, quando le visite si riducono, le notifiche tacciono, finisco addirittura per non pensarci più.

Anche col cibo è la stessa cosa, per non parlare di quando unisco le due cose, e o vado al ristorante per poi scriverne sul mio blog, o fotografo dei piatti da mettere sui social.

Nei giorni seguenti mi interrogo su come ripetere l'esperienza, cerco altri ristoranti da visitare e pregusto sia il cibo sia l'eventuale post da scrivere, oppure spulcio tra libri e siti di cucina, a caccia di qualche altro piatto da fare e fotografare.

giovedì 17 aprile 2014

Credere in sé, credere agli altri

L'integrità personale è un concetto difficile da trattare, e tuttavia determinante nelle relazioni.

Puoi essere una persona più o meno integra, per te e per gli altri, a seconda della distanza tra dove sei realmente e dove vorresti essere.

Per tutta la nostra vita, cerchiamo di ridurre questa distanza, perché sappiamo che è l'unico modo per dirci integri.

Ma in che modo possiamo ridurla?
  • Facendo progressi veri verso i nostri obiettivi
  • Riducendo i nostri obiettivi
  • Fingendo di far progressi verso i nostri obiettivi
  • Fingendo di aver ridotto i nostri obiettivi
Se per esempio vuoi diventare un bravo ballerino, puoi studiare e impegnarti tantissimo per diventarlo, puoi decidere che ti basta essere un ballerino modesto, puoi fare solo quei due o tre passi che ti vengono bene e cercare di campare di rendita anche con l'aiuto di qualche balla, puoi raccontare in giro che in realtà la cosa più importante per te è stare insieme alle persone e che imparare a ballare è solo un pretesto marginale.

Tutte e quattro le strategie hanno un perché, anche se le prime due, cioè lavorare duro per raggiungere una meta o accettare che quella meta non è realmente alla nostra portata, sono senz'altro le più obiettive.

I perché delle altre due strategie, basate sulla finzione, sono meno ovvi.

lunedì 14 aprile 2014

Le diete della mente

Forse è ancora un po' presto, ma l'ondata di caldo e di giornate praticamente estive ha già fatto uscire di casa i tanti cercatori-di-forma-fisica-dell-ultimo-minuto, che si vedono corricchiare e pedalare a orari persino improbabili.

E anche chi non esce a sgobbare e sudare, si porrà senz'altro il problema del calo del peso in vista della prova costume, ovviamente cercando e provando a seguire una... dieta.

A pensarci bene, l'unico metodo per non fallire una dieta è inventarla.

Poiché è molto difficile attenersi scrupolosamente a regimi restrittivi e a cambiamenti radicali d'abitudine, non è un mistero che la maggior parte dei tentativi di mettersi a dieta e dimagrire falliscano.

Invece, se sei tu l'inventore della dieta che proponi agli altri, l'incentivo a seguirla e il disincentivo a fare strappi rendono molto più facile la perseveranza.

Perché chi propone agli altri una dieta non sta solo facendola e quindi perdendo peso.

Sta anche costruendo il senso del suo stesso valore.

L'identità stessa di questa persona si baserebbe sul successo o sul fallimento del regime dietetico.

Se solo smettesse di praticare la dieta che predica, la ciccia aumenterebbe mostrando a tutti la sua ipocrisia.

E se la dieta non funziona, come minimo verrebbe tacciato di ciarlataneria.

In realtà, questo meccanismo funziona per tutte le forme di autodisciplina.

Ed è giusto che sia così.

Gli allenatori, i personal trainer sono ben motivati a tenersi in gran forma, perché il loro corpo è l'anima del loro commercio.

Lo stesso vale per chi insegna a vestirsi, a parlare in pubblico, a fare business.

La domanda è se in questo meccanismo rientrino anche gli psicologi e tutti i professionisti dell'aiuto.

domenica 13 aprile 2014

Raccontarsi per gioco, giocare per raccontarsi

Facciamo un gioco, un gioco in cui non si vince e non si perde, ma si esce più uniti, più consapevoli, più integrati.

Questo gioco ha a che fare con i dilemmi fondamentali del vivere, molto più che con i principi e i precetti morali.

Laddove i principi ti dicono che cosa dovresti fare e che cosa dovresti evitare, i dilemmi ti fanno dubitare che ci sia una risposta univoca sempre e comunque, e ogni volta ti fanno chiedere sarà il caso di accettare questa cosa o devo affermare me stesso?

Combattere o lasciar correre?

Aver fiducia o dubitare?

Pugno di ferro o guanto di velluto?

Fede o ragione?

Sono tutte incarnazioni del dilemma fondamentale, che ha due vie giuste e due errate.

Le due vie giuste consistono nell'accettare le cose che non si possono cambiare e nel provare a cambiare quelle che si potrebbero cambiare.

Le vie sbagliate sono l'inverso: provare a cambiare quando non si può e accettare passivamente ciò che invece non dovrebbe essere accettato.

Se io ti chiedessi raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa e hai provato soddisfazione nel farlo?

Oppure, raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa per poi rammaricartene?

Che tipo di storie pensi verrebbero fuori dai tuoi racconti?

venerdì 11 aprile 2014

La verità sulle bugie

Quando penso alle bugie mi vengono in mente le mafie: esistono da tempo immemore, saccheggiano in senso materiale e morale i territori, sconcertano chi assiste ai loro scempi ma nello stesso tempo non si trova quasi nessuno in grado di descrivere chi è stato e com'è fatto, anzi, se glielo chiedi si mostrano addirittura disinteressati.

Siamo tutti a rischio di raggiro e teniamo gli occhi aperti, ma che cosa siano esattamente le bugie, come funzionano, e soprattutto quali cose si possano definire bugie e quali no è un terreno molto accidentato.

Dire a qualcuno tu menti implicherebbe una chiara definizione della bugia, che a ben vedere non è affatto chiara e spesso dipende dalle preferenze personali di chi la definisce.

Di verità attorno alle bugie ne circolano tante: saranno tutte vere o nascondono qualche bugia anch'esse?

domenica 6 aprile 2014

Apostasia di un comunicatore consapevole


  L'isola di Wight
Avrei potuto dire utopia, o terra promessa, paradiso perduto.

Quei luoghi o quei mondi più o meno possibili che abbiamo agognato durante la nostra formazione e la nostra crescita.

In campo psicologico, sicuramente per me l'universo dell'approccio umanistico, e della psicologia centrata sulla persona sono stati la mia isola di Wight, un'isola sulla quale non posso dire di non essere approdato, ma che si è mostrata piuttosto diversa da come le carte mi indicavano.

Durante il mio apprendistato rogersiano, fui molto colpito dal lavoro di Thomas Gordon con le sue dritte su come essere efficaci, insegnanti efficaci, genitori efficaci, quel-che-ti-pare-efficaci, tanto da essere preso in giro da un collega che si occupava di fotocopiarmi i testi e che mi chiedeva ironicamente se fossi interessato  a un libro sui fotocopiatori efficaci e giù di lì.

Gordon, come Carkhuff, fa parte della generazione successiva a quella di Rogers, e tra la prima e la seconda ci passa la stessa differenza che c'è tra Socrate e Platone, o tra Gesù e San Paolo, tanto per capirci senza troppi fronzoli.

Apprezzabili sia i primi che i secondi, per diversi motivi, ma molto, troppo diversi.

Una psicologia, quella post-rogersiana, che in Italia è arrivata con quindici-vent'anni di distanza rispetto agli Stati Uniti, e che appunto al suo arrivo da noi raggiunse il suo massimo picco, nei suoi aspetti positivi, cioè il suo carattere popolare e pratico, e nelle sue pecche, cioè l'eccesso di sentimentalismo e di difficoltà nel metterla in atto.

Uno dei capisaldi del sistema di Gordon è quella tecnica tristemente tradotta in italiano con la definizione di io messaggio (questo perché nella nostra lingua messaggio è sia il nome che la prima persona singolare dell'indicativo presente di messaggiare, sebbene quest'ultimo sia un neologismo dell'era del cellulare): non si dovrebbe dire ti spiacerebbe portare fuori la spazzatura, ma bisognerebbe prendersi la responsabilità delle proprie preferenze e dire invece mi piacerebbe che tu portassi fuori la spazzatura.

Sto calcando la mano e le cose non sono mai così nette.

Ma che molti conoscitori di Rogers e Gordon ne abbiano approfittato per arrivare a simili assurdità è un dato di fatto.

E magari il problema fosse solo la spazzatura, per la quale basterebbe segnare su un foglio i turni di trasporto.

Diverso è quando si tratta di scegliere tra il dire tu sei egoista e il dire mi sento messo da parte.

L'assunto di base è che noi non possediamo un'autorità scientifica per poter dire a qualcuno se sia o meno egoista, possiamo essere sicuri solo di ciò che sentiamo, e questa è la sola cosa sulla quale poter accampare una certa autorità.

I più scaltri hanno colto sin dal primo momento la magagna dell'io messaggio, con battute del tipo io sento che tu sei egoista, come se l'io sento di partenza costituisse un viatico per dire tutto.

Insomma, l'io messaggio fa presto a diventare una scorciatoia, conscia o inconsapevole.

Il punto è allora duplice: perché cerchiamo delle formule per comunicare efficacemente, e se esse funzionino davvero del tutto o invece celino delle magagne.

Per scoprire delle possibili risposte, dobbiamo fare qualche passo nella natura intricata e affascinante del linguaggio verbale.

sabato 5 aprile 2014

Manuale di gestione (retorica) dei conflitti

L'essere umano è davvero la creatura più evoluta del pianeta.

Talmente evoluta da riuscire a fare due cose, importantissime per la stessa sopravvivenza.

La prima è intercettare le fesserie dei propri simili.

Crescendo, tutti noi sviluppiamo questa sorta di radar in grado di riconoscere bugie, mezze frasi, tentativi di manipolazione.

Lo costruiamo man mano, lo perfezioniamo col tempo, lo portiamo alla massima efficacia.

Ma non tutti riescono a conservarlo,

Perché l'essere umano ha anche bisogno di relazioni.

Di stare con gli altri, e con alcuni di essi starci molto tempo e molto vicino.

Così, la probabilità che il radar intercetti le fesserie di questi altri, vicini e lontani, è alta.

E qui entra in gioco la seconda cosa importantissima per la nostra sopravvivenza.

Col tempo, infatti, impariamo anche ad allontanare da noi tutto ciò che possa farci dubitare di noi stessi, della nostra integrità, che possa mettere a rischio la nostra autostima.

Compresi i radar dei nostri simili, quando intercettano le fesserie che ci servono per non metterci in discussione.

Perciò, utilizziamo tutti gli stratagemmi che il linguaggio e la retorica ci offrono pur di mettere in dubbio il radar degli altri, e allontanare ogni dubbio da noi.

Per questo i radar di alcune persone si danneggiano, sotto i colpi retorici delle persone a loro legate, dei partner, degli amici intimi, dei parenti stretti.

Chiedere gli uni agli altri di smantellare il proprio radar anti-fesserie in nome della reciproca amicizia, parentela, amore e qualsiasi altra sfumatura sentimentale finisce per negare quegli stessi sentimenti.

Se c'è una cosa che la specie umana ha sviluppato al massimo grado, è la capacità di indurre l'altro a dubitare delle proprie posizioni, e l'ha sviluppata tramite una serie di tecniche ben precise.

Alcune di esse sono indipendenti dal contenuto delle conversazioni umane, si possono usare come attrezzi buoni per tutti gli usi.

Altre sono invece più complesse e sopraffine, non si limitano a rispondere alle eventuali critiche ricevute dal radar del nostro interlocutore, ma vanno a ristrutturare il rapporto stesso, ci servono per metterci al di sopra e al di fuori del gioco, della discussione, della relazione stessa, se è il caso, come a dire solo un perdente potrebbe vedere quello che ci stiamo dicendo come una partita in cui uno vince e l'altro perde, e poiché io non lo sto facendo, è evidente che lo stai facendo tu e che quindi hai perso.

Purtroppo sono anche molto efficaci, perché mimano l'autenticità.

Forse ci sono anche situazioni nelle quali potrebbe essere lecito usarle.

Se però diventano un formulario stabile, un manuale di gestione retorica dei conflitti, vuol dire che non riusciamo più a sopportare neanche per un minuto la possibilità di essere in errore.

Cioè di farci carico dell'errore e cambiare in meglio.

sabato 22 marzo 2014

Amore e scienza: una relazione complicata

Ci sono esperienze di vita che non hanno bisogno di conferme scientifiche per dimostrare la loro importanza.

L'amore è forse la più importante di tutte, e non a caso è un'emozione ancora largamente incompresa dagli studiosi.

Tutti noi intuiamo una naturale tendenza a entrare in contatto profondo con i nostri simili, e sentiamo esperienze come il rifiuto o la solitudine al pari di minacce dirette alla nostra stessa sopravvivenza.

Per ragioni biologiche e culturali, molti distinguono amori veri da altri meno veri, amori più profondi e altri più superficiali, e spesso il discrimine è la lunghezza della relazione nella quale questi vengono vissuti.

In realtà tutti gli amori si modificano col tempo, svincolandosi dal parametro della durata, e la presunta profondità non andrebbe misurata partendo dall'esterno, ma interrogandosi sulla nostra disponibilità ad aprire il cuore e andare verso gli altri.

La prova del tempo, semmai, fa emergere altre necessità, come la disponibilità all'impegno, l'accettazione della propria vulnerabilità e la rinuncia a ogni forma di egocentrismo.

Tutto questo, e molto altro, rende parecchio arduo per la scienza ogni tentativo di definizione, analisi, conoscenza dell'amore.

Qualcosa però la possiamo dire, e ogni piccola conferma scientifica non fa che aggiungere bellezza all'unico vero modo di dare senso alla propria vita.

domenica 16 marzo 2014

La grande schiettezza


  Ho ricevuto da un caro amico un audiomessaggio con la sua simpatica imitazione di Toni Servillo in La grande bellezza, e così ho colto la classica palla al balzo per pensarci un po' su...

Non è poi così strano se in un film così visionario e finto - nel senso del fingere poetico - si trovi invece uno dei discorsi più veri mai pronunciati da un attore nel cinema italiano.

Il film in questione è il neo oscar La grande bellezza di Sorrentino, l'attore è Toni Servillo nei panni di Jep Gambardella, e il discorso è quello rivolto all'amica Stefania, colpevole di essersi imprudentemente autodefinita donna con le palle, rompendo gli argini che impediscono alla verità di gettare ombre tragiche sulla vita delle persone.

Prima ancora dell'oscar, e molto più di altre scene, questo discorso ha gironzolato nel web e nei social, apparentemente perché dà voce e sfogo a ciò che era rimasto in pancia e in gola di molte persone, mai tanto coraggiose da fare una simile sciorinata a qualcuno, a un amico, al partner, ai parenti, al capo.

Tuttavia, Jep dice apertamente qualcosa di penetrante, prima di lanciarsi nella sua tenera invettiva: non ribattiamo perché ti vogliamo bene e non ti vogliamo mettere in imbarazzo [...] finiamo per parlare di vacuità, di sciocchezzuole, di pettegolezzi, proprio perché non abbiamo nessuna intenzione di misurarci con le nostre meschinità.

domenica 9 marzo 2014

Intimità: la risorsa di cui hai bisogno

C'è una dimensione estremamente potente alla quale l'essere umano può accedere e grazie alla quale evolvere in maniera portentosa.

Questa dimensione si chiama intimità, e molto spesso sembra spaventare a morte invece di attrarre, come ti ho già spiegato qui.

Ma che cos'è veramente l'intimità?

Non è così semplice darne una definizione, per il suo carattere estremamente soggettivo.

Provo a definirla: l'intimità è un coinvolgimento autentico con un'altra persona, con sé stessi e col mondo, vissuto con un senso di vulnerabilità che non spaventa ma incoraggia a proseguire.

La natura dell'intimità si comprende bene attraverso la via negativa: prova a pensare a tutte le volte che manca, e ti sarà più facile capirne l'importanza.

giovedì 27 febbraio 2014

Felice o significativa: che vita scegli?

Se cominci a dare un senso alle cose, significa che stai invecchiando.

Poco più che una battuta, in queste parole che Paolo Sorrentino mette in bocca al suo Tony Pagoda in Hanno tutti ragione, ma spesso una battuta riesce ad andare più a fondo di qualunque altro metodo.

Se poi l'oggetto d'indagine è la vita, le sue scelte, la luce che assumono se viste in termini di felicità e significato, si può capire che la dimensione principale sulla quale si gioca la partita è proprio il tempo che passa nella vita di un uomo.

Una vita felice e una vita significativa, infatti, non solo spesso non coincidono affatto, ma è anche molto difficile osservarle nello stesso lasso di tempo.

L'amore ai tempi della complessità



Com'è cambiato l'amore, in questi tempi così profondamente rivoluzionati dalle innovazioni tecnologiche, dalle rivoluzioni politiche, sociali, civili, dalla globalizzazione, in un mondo interconnesso, dove i muri faticano a stare in piedi e i dogmi a resistere al domani?

È più facile, nell'era di internet, dei social, dei viaggi, degli scambi culturali, sentirsi emotivamente e psicologicamente più liberi nei confronti dell'amore, c'è davvero più libertà nei costumi, o in fatto di sentimenti siamo rimasti ancora molto simili ai nostri antenati delle caverne?

Lo sviluppo e l'evoluzione umana sembrerebbero andare di pari passo con l'elasticizzazione delle norme sociali.

È un dato di fatto che le regole morali concernenti i rapporti amorosi abbiano sempre più allargato le loro maglie, e il divorzio è solo il più evidente dei cambiamenti in quest'ambito.

Accade per esempio che in una società ancora troppo maschilista tuttavia le mogli abbiano una libertà di vivere relazioni personali molto più ampia di quanto fosse possibile e concepibile anche solo cinquant'anni fa.

Il nostro paese, divenuto ormai meta ambita di immigrati, è anche teatro di episodi incresciosi, nei quali persone che appartengono a culture fortemente monogame e oppressive della libertà personale diventano poi protagoniste di tragedie e lutti, trovandosi in un contesto di maggiore libertà relazionale come il nostro.

Anche i rapporti extraconiugali, pur biasimati dalla vox populi, in pratica non comportano più alcun problema legale, almeno nella nostra società, e all'eventuale adultero tutt'al più tocca subire una tiratina d'orecchie.

Persino il fatto che in questa frase io abbia usato la formula rapporto extraconiugale è un segno dei tempi, e questo tipo di fenomeno non viene più denominato come tradimento o adulterio, almeno non da parte di chi osserva il fenomeno in modo neutrale, come può fare uno studioso.

Questo approccio al tema però ci fa sfuggire una innegabile verità: gli esseri umani, sin da epoche molto remote del loro sviluppo, sono sempre stati in grado di avere rapporti sessuali e amorosi con più di una persona nello stesso tempo.

martedì 11 febbraio 2014

Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale...

La rete stavolta ha fatto centro: il destino di Marius, il cucciolo di giraffa soppresso nello zoo danese, in questo caso ha giustamente stuzzicato l'indignazione del pubblico di internet e dei social network, per una volta a favore di una vera questione morale.

Sarà perché gli animali sono meno complicati degli uomini e anche a noi riesce di pensarci senza troppe sovrastrutture, ma trovare il bandolo giusto e quello sbagliato della matassa non sembrava così difficile, sebbene gli scienziati dello zoo abbiano "toppato" clamorosamente.

Il "capolavoro" si è svolto in questi termini: un cucciolo di giraffa, maschio, di 18 mesi, dopo il colpo di pistola è stato sezionato per esaminarlo e la carcassa regalata ai leoni - e fin qui siamo al Grand Guignol - ma tutto questo splendore è stato contemplato da pubblico pagante, con una nutritissima presenza di ragazzi e bambini.

Praticamente abbiamo buttato nel water cent'anni di pedagogia ed evoluzione sociale e civile, oltre ad aver dimostrato di essere inadeguati quando ci vogliamo sostituire alla natura.

venerdì 7 febbraio 2014

L'anima del San Valentino


 Tra una settimana arriverà quello che per alcuni è il migliore, per altri il peggiore, per altri ancora il più incasinato giorno dell'anno.

Sto parlando di San Valentino, certo.

E anche chi si vanta di non festeggiarlo, di non farsi condizionare, o addirittura di essere una persona che celebra l'amore trecentosessantacinque giorni all'anno, in realtà tra una settimana farà una piccola o grande riflessione sull'amore.

Non sono solo i calendari stampati a riportare la ricorrenza, è il nostro stesso calendario emotivo a lampeggiare.

Nessuno di noi può chiudere definitivamente il discorso con l'amore e questa giornata fa da promemoria.

mercoledì 1 gennaio 2014

Ma l'animale che mi porto dentro...

...non mi fa vivere felice mai, così canta Battiato in una delle sue perle musicali.

Due eventi in qualche modo mediatici relativi agli animali e alla mente umana mi hanno colpito in queste feste ormai in dirittura d'arrivo.




La sera prima di Natale mi sono imbattuto in questo video che cerca di dissuadere dal consumo di carne, facendo leva soprattutto sulla compassione per gli animali che si avviano alla morte e tentano inutilmente di voltarsi dalla parte opposta senza riuscirci a causa delle pareti strette del corridoio.


Dopo poco è scoppiato il caso di Caterina Simonsen (foto tratta da Il Fatto Quotidiano), la ragazza che su Facebook ha pubblicamente ringraziato la sperimentazione animale perché i risultati le hanno permesso di vivere nonostante le sue gravi malattie e che si è vista commentare il suo post con frasi del tipo per me puoi morire pure domani, non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un'egoista come te o se crepavi a 9 anni non fregava niente a nessuno, causare sofferenza a esseri innocenti non lo trovo giusto.

Mi sembrano due casi esemplari di una questione estremamente spinosa, ossia il nostro rapporto con gli animali e gli atteggiamenti che ci spinge ad assumere.