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mercoledì 28 luglio 2010

Come parlare a sé stessi e agli altri: negazioni e coazioni

Non lo so, mi dispiace, non posso, non riesco, devo...

Ecco alcune formulette che tutti noi usiamo con impressionante frequenza.

Apparentemente facilitano i nostri discorsi, ma alla lunga possono limitare la nostra mente.

Esse si appoggiano sulla negazione e sulla coazione, due grandi nemici del nostro benessere.

Dire no funziona sempre come un comando inconscio che ci prepara alla difesa.

Ed è anche giusto, i nostri no a volte ci servono per conservare le nostre libertà.

Il problema è che il no e le sue varianti - non so, non posso, non riesco - ci fanno chiudere anche quando li diciamo a mo' di intercalare.

Hai fatto caso quante volte in un dialogo rispondiamo alle affermazioni del nostro interlocutore iniziando con un bel no?

Ti assicuro che quel no procura in chi lo ascolta un fastidio sordo, che potrebbe anche trasformarsi in astio.

Potresti pensare se dico no è perché ho un'idea diversa e voglio esprimerla.

Certo, ma quando interagiamo con qualcuno, le parole che scambiamo sono sovradeterminate dal come le diciamo, e quel no introduttivo fa sottolineare l'aspetto del disaccordo, mentre si potrebbe scegliere di essere collaborativi e arrivare insieme a una risposta.

Per farlo, ci basterebbe iniziare con un bel , per rimarcare che stai accettando le parole dell'altro e poi, a partire da esse, costruire la tua argomentazione come un'alternativa e non una opposizione.

Ma torniamo alle formulette.

Oltre a danneggiare le nostre relazioni, i vari non so, non posso ecc. influenzano in negativo innanzitutto noi stessi.

Il rischio è che diventino un'abitudine e che la parte profonda di noi stessi inizi a usarle in modo automatico finendo per limitarti.

Vediamole nei dettagli.

venerdì 23 luglio 2010

Ah, l'amore, questo folle sentimento che...


La cosa più importante nella vita è amare qualcuno.
La seconda cosa più importante nella vita è avere qualcuno che ti ami.
La terza cosa più importante è che le prime due accadano in contemporanea.
Howie Schneider

Amare, essere amati e trovare la felicità
Questo ci accomuna al di là delle differenze geografiche, etniche e culturali.

Anzi, molti dei nostri desideri in realtà sono funzionali all'amore, come la salute e il benessere economico.

Desideriamo alcune cose perché pensiamo che ci faranno apparire a nostra volta più desiderabili e aumenteranno le nostre possibilità di trovare l'amore.

Anche se l'amore è il bisogno fondamentale del genere umano,continua ad essere l'area nella quale accumuliamo errori e incomprensioni senza fine.

In questo c'è anche un vuoto culturale: non esiste una vera e propria educazione all'amore, e troppo spesso fare coppia ha significato rispettare le leggi della società invece che del cuore.

Diamo uno sguardo ad alcuni problemi tra i più diffusi nelle relazioni di coppia, che impediscono loro di funzionare.

lunedì 19 luglio 2010

Pensare di cambiare: meglio una testa ben fatta o una testa ben piena?

Se lo chiedeva Michel de Montaigne e l'aforisma piacque a Edgar Morin che ne trasse spunto per il suo La tête bien faite.


Pensare però ha molto a che fare con il senso di pienezza, la stessa parola significa pesare, quindi nulla di strano se la testa vi può sembrare pesante per troppi pensieri.

Carichiamo la nostra mente di pesi tutte le volte che ci interroghiamo sul cambiare qualcosa nella nostra vita.

L'esigenza di cambiare è fondamentale per evolvere, per carità.

Ma non è sempre facile capire subito cosa cambiare e come farlo.

In più, ci sono alcuni pericoli insiti nell'attività del pensare sui quali vorrei riflettere con te.

La primissima cosa che puoi fare riguardo al pensare ai problemi e al come cambiare le situazioni è di non stare tutto il giorno a girarci intorno coi pensieri.

Hai fatto caso quanto piace agli esseri umani girare a vuoto nella loro mente pensando alle cose che non possono cambiare?

Non è certo per autolesionismo, è un meccanismo psicologico automatico, ma non per questo obbligatorio.

Dall'esterno si potrebbe pensare che certe persone preferiscano rimuginare pensieri problematici e di cambiamento piuttosto che agire, come fossero tendenzialmente pigre.

Ma l'etichetta della pigrizia secondo me non spiega al meglio questo comportamento, almeno per me che la pigrizia l'associo all'otium, e l'otium ha a che fare con le virtù.

C'è un altro dato significativo: finché stai lì a pensare a problemi e cambiamenti di sicuro non avrai a che fare nella pratica né coi problemi - che sono fastidiosi - né col cambiamento - che è molto faticoso - .
Sarà questo il motivo?

Un inconscio bisogno di evitare sofferenze reali, sacrificandosi a quelle mentali?

Certo, ci sono cose che non puoi cambiare.

Il tempo meteorologico non puoi cambiarlo e ti tocca arrangiarti con aria condizionata d'estate e riscaldamento d'inverno.

L'economia non la puoi cambiare e cerchi di ponderare le spese e gli investimenti.

E noi stessi?

Possiamo cambiare noi stessi?

Vediamo di arrivarci, alla risposta.

venerdì 16 luglio 2010

Persone negative: una valigetta con sette attrezzi

Una risposta negativa, una frase detta allo scopo di ferirci, una situazione fastidiosa.

In questi frangenti scatta in noi un naturale bisogno di proteggerci.

Ma lo facciamo nel modo meno redditizio, seguendo il vecchio adagio la miglior difesa è l'attacco.

Nulla di più sbagliato.

Certo, tra miliardi di persone su questa Terra, si può accettare l'inevitabilità dei conflitti.

Ma non sono i conflitti in sé a causare problemi, bensì le reazioni emotive che si innescano a volte in modo inconsapevole.

Cosa puoi fare per affrontare persone negative, attacchi e situazioni conflittuali senza dare spazio al peggio?

Emozioni e intelligenza non sono più due termini in contrasto da parecchio, ormai, con buona pace di Cartesio.

Se provi ad assumerti la responsabilità della risposta alla negatività, farai un favore alla tua salute, al tuo benessere mentale, e impedirai l'innesco di meccanismi velenosi.

martedì 13 luglio 2010

Credenze limitanti: come trovarle, come vincerle

Hai credenze limitanti?
Se c'è una cosa che non ci serve per vivere, ma anzi ci allontana dai nostri sogni e dalla nostra libertà, queste sono le credenze limitanti.

Sono idee, su noi stessi e sulle nostre possibilità, annidate nella parte profonda di noi, e danno vita a un modello del mondo rigido - e per questo comodo da usare, dato che non cambia mai - quanto restrittivo.

Nel corso della nostra esperienza, si sono formate sulla base di considerazioni emotive e irrazionali, le abbiamo usate per spiegarci le cose - in modo grossolano, sull'onda delle emozioni - e da allora non le abbiamo più abbandonate.

Sono uno stupido, non sono capace, non ho talento, ecco le forme tipiche delle credenze limitanti, nate magari perché non abbiamo fatto una cosa nel modo giusto o non l'abbiamo fatta come gli altri si aspettavano.

Infatti, si formano in prevalenza durante la nostra infanzia.

Una variante abbastanza diffusa è la gamma di credenze sull'amore: quante persone in seguito a esperienze dolorose pensano di non essere capaci di vivere una buona relazione o che l'amore inevitabilmente sarà causa di sofferenza, generalizzando l'esperienza spiacevole attraversata.

mercoledì 7 luglio 2010

Comunicazione assertiva: il piacere dell'onestà

Se è un dovere rispettare i diritti degli altri, è anche un dovere far rispettare i propri.

Lo ha detto Herbert Spencer in un'epoca in cui l'assertività forse come parola neanche esisteva.

Ma il problema di comunicare agli altri i nostri bisogni e nello stesso tempo evitare i conflitti credo accompagni gli esseri umani da tempo immemore.

Con la comunicazione assertiva è possibile farlo, ma il punto è un altro: benché l'assertività a volte si mostri come un talento innato in alcuni individui, nella maggior parte dei casi si può apprendere a essere assertivi.

La definizione più diffusa di assertività è la capacità di affermare i propri diritti e sentimenti rispettando i diritti e i sentimenti degli altri.

Poiché consente di ridurre lo stress per i conflitti con familiari, amici e colleghi, è una delle più importanti capacità che la nostra era della comunicazione richieda.

In modo onesto e sincero, la comunicazione assertiva chiarisce i nostri bisogni alle altre persone.

Equivoci intorno all'assertività
Nei corsi di comunicazione assertiva vedo persone che si alzano in piedi pronte a mettere a frutto la nuova magica abilità appresa.

Li vedi già andare con la mente da tutte quelle persone con le quali hanno conti verbali in sospeso pensando di aver trovato la formula per "dirgliene quattro" facendo bella figura.

Non ci siamo.

L'assertività ha due acerrime nemiche.

La prima nemica è l'aggressività.

Se senti aggressività non stai per niente usando l'assertività.

L'aggressivo giudica l'interlocutore e trasforma il confronto in una partita che vuole assolutamente vincere.

L'assertivo riconosce i diritti dell'interlocutore e lavora a una soluzione nella quale si vinca entrambi.

Ma c'è l'altra nemica, più sottile e subdola: la passività.

La passività soffoca la tua capacità di affermarti, per gli stessi motivi dell'aggressività.

In realtà il passivo, come l'aggressivo, pensa male dell'altro, pensa che nulla si possa cambiare, e pensa ci sia una partita in gioco, ma crede di dover ricoprire il ruolo di colui che perde la partita, e se solo ne avesse la capacità non ci penserebbe due volte a passare dalla parte dell'aggressivo.

Invece, la comunicazione assertiva rafforza i rapporti e riduce lo stress, ti fa stringere legami sinceri con le persone e ti permette di non sovraccaricarti di impegni non voluti, dicendo un no onesto e chiaro.

Vediamo come.

lunedì 5 luglio 2010

Volersi bene per volere bene

Voler bene significa prendersi cura di qualcuno.

È una cosa molto potente, ma non è questa la notizia.

La vera notizia è che puoi prenderti cura di te, e quindi volere bene innanzitutto a te.

Per molte persone, il terrore più grande è rimanere soli.

Sulla base di questo terrore, le persone si ficcano in relazioni sbagliate e finiscono impelagati in rapporti di dipendenza.

Così il mondo di una persona si riduce a quello spazio a due che è la relazione dettata dalla paura di restare soli, una paura che ha radici estremamente profonde.

Se al centro non ci sei tu, allora vuol dire che sei nella periferia della tua vita, e questo non è bene.

Ti porta a sacrificare i tuoi obiettivi per l’altra persona.

Quando poi la relazione finisce – perché c’è sempre questa eventualità – anche la tua identità crolla perché era appoggiata all’altro.

Chiunque si trovi a vivere questo meccanismo – e c’è chi lo rivive più volte di seguito – deve comprendere che la fonte di queste relazioni fallimentari è dentro di sé.

Tutti abbiamo bisogno di amore e approvazione, ma se cerchiamo di riceverle solo da fonti esterne ne diverremo dipendenti.

Già questo comportamento equivale a non amarsi ed apprezzarsi.

Decidi di cambiare.

La paura della solitudine deve trasformarsi in apprezzamento per l’indipendenza e la libertà personale.

E qui c’è il paradosso: più sviluppi la tua parte indipendente, più attirerai relazioni soddisfacenti e costruttive.

Infatti, più crescerà l’amore per te, più aumenterà il coraggio di essere te stessa/o, più sarai capace di attrarre relazioni benefiche nella tua vita.

Come puoi darti questo amore?

Esattamente come lo daresti a un’altra persona: frequentandoti!

Anche se hai comunque altre relazioni – non devi certo interromperle – programma degli appuntamenti con te.

Organizza delle occasioni in cui passare del tempo con te a fare ciò che ti piace.

Spendiamo così tante energie focalizzandoci sugli altri che ci dimentichiamo di ricaricare noi stessi.

Ma solo se stiamo bene possiamo fare del bene anche agli altri.

È un concetto semplice che può aumentare tantissimo il tuo benessere.