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lunedì 2 agosto 2010

Dalla critica al miglioramento

A nessuno piace ricevere critiche.

Perché ci sembrano sempre osservazioni indirizzate direttamente alla nostra persona.

Magari qualcuno accenna a un possibile cambiamento che potremmo fare, qualcun altro prova a mostrarci un diverso punto di osservazione sulle nostre opinioni, da qualcun altro ancora può arrivare - forse non richiesto ma non per questo sbagliato - un consiglio, una dritta.

Ci sono poi mestieri, soprattutto quelli artistici, dove chi si esprime chiede di sua volontà agli altri di proporre critiche al suo lavoro.

Se la critica funziona, se ha un certo grado di obiettività, essa finisce per misurare la distanza tra il modo in cui noi diciamo, pensiamo o facciamo qualcosa, e il modo ottimale al quale potremmo arrivare.

Suona, insomma, come una mancanza: la critica passa l'evidenziatore su un nostro essere carenti.

Quasi mai la critica ha a che fare con noi in quanto persone, il suo terreno coincide sempre con quello dei ruoli che ricopriamo nel vivere con gli altri: il marito, la maestra, lo studente, l'atleta, l'infermiera, il sacerdote, l'artista, il blogger e così via.

Dai ruoli che ricopriamo certamente si può risalire alla persona che siamo, i ruoli vengono riempiti di senso dalle nostre caratteristiche personali.

Ma le azioni che eseguiamo nei ruoli spesso non hanno alcun legame diretto con ciò che siamo.

La distinzione tra ciò che sei e ciò che fai è quanto mai pertinente, in questo caso.

Del resto, la critica ha una sua utilità proprio per questo: investendo aspetti attivi dei nostri ruoli, la critica prende le misure a come ci comportiamo, e ciò che è misurabile è sempre modificabile.

Non ha senso criticare la sensibilità, per esempio, o i sogni, la fantasia, lì la critica deve trasformarsi in un tentativo di dialogo, di comunicazione, sensibili si è, non si fa, come sognare accade, non lo facciamo, e la fantasia si manifesta, noi vi assistiamo (qui intendo fantasia nel senso psicologico, da non confondere con quella capacità di produrre immagini, che in realtà andrebbe chiamata inventiva e non fantasia).

Viviamo insieme agli altri ed è difficile affermare che si possa farne a meno, in molti ci hanno provato ma chissà perché tra le loro affermazioni e il modo in cui vivevano c'era sempre una distanza enorme: pensatori eccellenti e membri della società spesso inetti.

Parti quindi dal presupposto che le critiche arriveranno, e avranno spesso il volto e la voce dei cari.

Per alcune persone questo è un motivo in più per prendersela, gli affetti si intrecciano ai ruoli, ci sentiamo doppiamente attaccati.

Fai bene attenzione: il movimento che fai quando ti arriva la critica è rivolgerti all'interno di te.

Sembra un meccanismo automatico: cercare in noi stessi se quella critica - rivolta invece a un nostro atto esteriore - abbia un fondo di verità.

Questo rivolgerci al nostro interno coincide con una chiusura autodifensiva, come qualcuno che si accorge di essere stato scoperto e si copre.

Una trappola, che blocca la nostra capacità di comprendere il messaggio della critica e farne tesoro, e che guasta il rapporto e il sentimento con la persona che ci ha criticati.

La critica va invece sospinta fuori di noi, perché si possa oggettivizzare in quel gesto, in quella parola, in quella opinione o in quel comportamento che l'ha generata, per poter osservare con obiettività ed eventualmente migliorare, anche grazie alla critica.

Un modo per aiutarsi a non cascare nella trappola della chiusura autodifensiva, quando riceviamo un commento su qualcosa che abbiamo detto o fatto, è:
  1. far decantare le emozioni, perché la critica provocherà senz'altro una reazione, e sarà meglio attendere che questa reazione si esaurisca prima di decidere sul da farsi
  2. vedersi dall'esterno, come a immaginare la critica rivolta a una persona che si chiama come noi e fa le nostre stesse cose, per prendere le distanze
  3. tacere, senza fare commenti mentali mentre il nostro interlocutore sta argomentando la sua critica, ma ascoltare bene
  4. chiedere chiarimenti e puntualizzazioni per estrarre ogni utilità dalla critica e ogni indicazione su come trasformarla in azione
  5. chiarire l'obiettivo della critica, innanzitutto per stabilire se è anche un nostro obiettivo - ma anche qui, attenti alla chiusura autodifensiva - e poi per indirizzare lo scambio verso lo scopo fissato
Chiedi critiche, osservazioni, feedback ed esercitati a non chiuderti dentro di te, ma a portare all'esterno la critica e i suoi possibili sviluppi.

Poi torna qui e raccontaci com'è andata.

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