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sabato 11 ottobre 2014

Educare per uscire dalla violenza

L'episodio delle sevizie inferte con un compressore a un ragazzo in provincia di Napoli è terrificante, ma non voglio farmi paralizzare dall'orrore - che pure sento - perché è in questi casi che bisogna fare attenzione alle derive emotive della cronaca.

Simili storie rischiano di far puntare l'attenzione sulla sicurezza invece che sulla civiltà, e quando si ragiona a caldo su che cosa si può fare poi si finisce per pensare in maniera poliziesca all'aumento del controllo al posto di sforzarsi di immaginare come far crescere il livello culturale della convivenza civile.

Le relazioni sociali comunque sono spesso caratterizzate da transazioni crudeli, come prendere in giro, emarginare, sopraffare, spettegolare, fare gruppo contro le minoranze.

Nel mondo dei giovani, poi, queste disdicevoli pratiche fanno ancor più scalpore, sia perché il minore, l'adolescente o comunque il ragazzo che le subisce è palesemente più debole, sia perché questi meccanismi non avvengono soltanto nelle interazioni dal vivo, ma anche sui social network e persino nella modernissima comunicazione via cellulare, soprattutto con le nuove applicazioni per i messaggi.

Quando il più giovane soggiace alla crudeltà non è in pericolo solo il suo benessere e la tranquillità sociale, ma è a rischio anche la capacità di chi tutela ed educa i giovani di puntare all'obiettivo della loro crescita come cittadini, come membri di una cultura, col pericolo invece di appiattirsi sulla pura vigilanza e sul controllo delle condizioni di sicurezza.