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venerdì 11 aprile 2014

La verità sulle bugie

Quando penso alle bugie mi vengono in mente le mafie: esistono da tempo immemore, saccheggiano in senso materiale e morale i territori, sconcertano chi assiste ai loro scempi ma nello stesso tempo non si trova quasi nessuno in grado di descrivere chi è stato e com'è fatto, anzi, se glielo chiedi si mostrano addirittura disinteressati.

Siamo tutti a rischio di raggiro e teniamo gli occhi aperti, ma che cosa siano esattamente le bugie, come funzionano, e soprattutto quali cose si possano definire bugie e quali no è un terreno molto accidentato.

Dire a qualcuno tu menti implicherebbe una chiara definizione della bugia, che a ben vedere non è affatto chiara e spesso dipende dalle preferenze personali di chi la definisce.

Di verità attorno alle bugie ne circolano tante: saranno tutte vere o nascondono qualche bugia anch'esse?


Una, cento, mille bugie
Non è che non ci siano sistemi per decidere se qualcuno sta mentendo, semmai è che ce ne sono troppi.

Ogni volta che nella storia le verità conosciute vengono sostituite da altre, qual è la bugia? Quella precedente o la nuova verità?

La pubblicità, o semplicemente l'informazione su una verità, fino a che punto la altera trasformandola in bugia?

Si mente solo a parole, o anche con i gesti e i silenzi?

Si dicono bugie solo quando si cerca un vantaggio nell'alterare la verità o anche quando se ne vogliono evitare i costi?

Mentiamo consciamente o inconsciamente?

Una bugia che non ci procura un vantaggio personale è ancora tale?

Se una persona è convinta di dire la verità quando afferma una falsità, mente?

Bugiardo è colui che ha l'intenzione di trarre vantaggio da una bugia o lo è solo chi lo ottiene davvero?

Se la bugia giova a una collettività, è ancora una bugia?

L'eccezione alla regola
Insidia la norma, cantava Carmen Consoli.

Nei discorsi comuni, l'apparenza vuole che i sinceri siano la stragrande maggioranza, e i bugiardi un'eccezione.

Una persona normale è anche realistica, vede il mondo per quello che è, con accuratezza.

Ne conseguirebbe che chi mente è un degenerato con forti danni cerebrali.

Quando cerchiamo di interpretare gli avvenimenti, ci invitiamo ad attenerci ai fatti, come se ci fosse un numero preciso di essi per arrivare all'interpretazione definitiva.

Ci esortiamo a non prenderla come fatto personale, per non avere una visione condizionata della realtà, come se ciò fosse anche solo lontanamente pensabile.

Quando discutiamo, ci dichiariamo liberi da qualsiasi interesse personale nascosto, quando siamo completamente immersi nelle nostre credenze e tendiamo a resistere a qualsiasi ipotesi alternativa.

Diciamo agli altri che non stanno leggendo la situazione obiettivamente, come se fosse possibile un qualche tipo di obiettività e di mancanza di ambiguità.

È la diplomazia, bellezza...
Sono poi così diversi l'essere diplomatici e l'essere bugiardi?

Non dipenderà piuttosto dalle preferenze delle persone coinvolte?

Il comportamento in sé, proprio come esecuzione dell'atto di mentire o di esprimersi per ottenere un vantaggio o evitare un danno, sembra in sostanza identico.

La differenza allora va rinvenuta nelle risposte soggettive a esso.

Quando il comportamento non ci piace, è una bugia, se invece ci aggrada, lo apprezziamo come forma di diplomazia.

Il fine giustifica i mezzi?

Mentire sapendo di mentire
Altro criterio fallace: se si mente perché non si conosce la verità, non si può avere accesso a essa, o si è condizionati da qualcosa che ci impedisce di rendercene conto, allora la nostra eventuale menzogna non sarà tale.

Mente solo chi decide deliberatamente di farlo.

Ma in questo modo, diventa impossibile districarsi dal famoso paradosso del mentitore, che non può affermare di non mentire e sperare anche minimamente di essere creduto, perché se dicesse il vero non sarebbe più un mentitore.

Curiosità paradossale
Più si ha bisogno di sapere la verità, più si spera che sia quella giusta.

Più energie abbiamo investito nel cercare una risposta, più forte sarà la nostra preferenza per un certo tipo di risposta.

Lo sanno bene gli scienziati, vittime di questo paradosso che se non fosse così potente non avrebbe fatto emergere la necessità del metodo scientifico.

Le persone sarebbero in grado di andare dritti verso la verità senza deviazioni.

Ma tutti noi abbiamo avuto quella persona cara che a un certo punto ci ha detto ti prego, dimmi che cosa pensi di me onestamente e abbiamo avuto la maledettissima e nettissima sensazione che volesse sentirsi dire solo qualcosa di positivo.

La libertà rende veri
Non è sempre vero, infatti, che sia la verità a rendere liberi.

Innanzitutto, nelle questioni morali, più verità spesso coincide con più costrizioni.

La verità spesso implica delle scelte: o mangio seguendo il mio piacere o dimagrisco, non posso fare entrambe le cose.

Sono più libero, dopo aver fatto la scelta, o piuttosto carico di disappunto?

In questo caso, poi, anche i grandi numeri aiutano: se davvero rendesse liberi, solo un idiota la eviterebbe, e di idioti simili in giro ce ne sono eccome.

La frase stessa, la verità rende liberi, non esisterebbe perché ovvia.

Se la verità evita il carico di bugie, le bugie evitano il peso delle verità.

Per questo è la libertà a consentire la verità: se sapessi di avere già un nuovo lavoro sicuro, potresti toglierti lo sfizio di dirne quattro al tuo superiore.

Ci sono limiti nel poter dire o non dire la verità, la cui portata potrà essere soggettiva, ma la cui esistenza è indubbia, sebbene faccia passare per coraggiosi quelli che semplicemente, in un dato momento della loro vita, si trovano in condizione di poter affermare la loro verità senza temere conseguenze, e che magari in altre condizioni non se la sentirebbero.

Cari amici vicini e bugiardi
C'è qualche rapporto tra la vicinanza in una relazione e le bugie?

Sarà vero che più stretta e significativa è una relazione meno si mente?

E se invece emergessero motivazioni ancor più numerose e pesanti?

Così, su due piedi, pensi ti sarebbe più facile esplodere in modo rabbioso col tuo partner o con qualcuno che non conosci e non vedrai mai più?

Se da una parte è possibile che la persona accanto a te ti procuri fastidio, disagio o risentimento, è certo che esprimerglielo comporterà un alto prezzo da pagare.

L'asticella da saltare si fa più alta quando si tratta di scegliere tra verità, mezze verità o bugie verso le persone più vicine.

Verità a mezzo servizio
Sono tutte quelle raccomandazioni, regole, principi che dovrebbero esortarci a essere migliori ma che sono un classico esempio di ciò che c'è tra il dire e il fare.

Sii sempre onesto, gentile, generoso, prenditi cura degli altri, segui i tuoi sogni, e altre simili verità che funzionano sempre tranne quando non funzionano.

In realtà, questi precetti ci distraggono dalle vere questioni: quando essere generosi e quando mettere un confine netto, quando seguire i propri sogni e quando svegliarsi e rimboccarsi le maniche.

Tra questi principi, quelli concernenti la verità portano alla creazione di ibridi, come quello che recita io sono sempre sincero ma a volte capisco che bisogna essere diplomatici.

Così si scivola nel giudizio personale, in base al quale un nostro comportamento, che non esiteremmo a definire diplomatico, se agito da un'altra persona nei nostri confronti e con risultati per noi svantaggiosi, diventa immediatamente una menzognaccia.

Così fan tutti
E non c'è da rallegrarsi.

Sì, alcune bugie sono - come si dice - a fin di bene, ma altre arrivano a sterminare parti considerevoli di umanità.

Che atteggiamento adottare?

Da una parte c'è il dire sempre la verità e dall'altra l'essere quantomeno diplomatici.

C'è chi va di qua e chi va di là.

Poi c'è una consistente porzione di persone che adotta la via di mezzo: essere entrambe le cose a seconda dei casi.

Ma c'è una quarta via, che non è stare nel mezzo alle due risposte, bensì rifarsi continuamente la domanda: mentire o non mentire, per sentire tutto il peso della scelta.

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