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domenica 13 luglio 2014

Bipolari sì, ma con ironia

La vita è deliziosa, anzi, no, è pericolosa.

Devi essere positivo, ma che dico?, stai attento.

L'amore fa girare il mondo, che follia, le persone sono tremende.

Queste sono solo alcune delle tensioni con le quali ogni giorno lottiamo, tra apertura e chiusura, tra coinvolgimento e scetticismo, tra fede e ragione, tra fiducia e dubbio, tra speranza e paura, tra realismo e trascendenza, tra generosità e cautela, tra amicizia e interesse.

In questo solco tra due poli continuamente cadiamo proprio cercando di venirne fuori, mentre la verità fondamentale è che è impossibile non starci dentro come impossibile è stare per sempre solo su uno dei cigli del burrone.

Non potrebbe essere altrimenti, la vita da gioire e da condividere è sin dall'inizio già spartita con la fine, l'ambiguità è scritta in partenza.

Questa tensione emerge in ogni situazione, dal saltare di gioia al sentirci inciampare per le difficoltà, dal gioire del mondo che abbiamo creato al terrorizzarci per il disastro ambientale che abbiamo provocato.

Come si può essere contenti e consapevoli dei rischi nello stesso tempo?


Stiamo sempre a shakerare un piacevole senso di liberazione e una costrittiva cautela.

Il contesto nel quale forse è più facile comprendere l'ambiguità della vita, tra l'essere aperti e il chiudersi, è l'amore: tutti prima o poi facciamo esperienza di quelle domande fondamentali che poi ritroveremo in tutti gli altri contesti della vita, chiedendoci dovrei godermi questa situazione, dovrei stare con lei/lui, dovrei aprirmi, dovrei fidarmi, sarà sicuro...

Il paradosso del nostro vivere: individui indipendenti che per sopravvivere devono aprirsi agli altri, sacrificando qualcosa della propria individualità.

Dalla più piccola cellula del nostro corpo alle complesse strutture sociali, questa legge governa ogni tipo di organismo, la cui sostenibilità si basa sulla nostra capacità di avere sì una membrana protettiva, ma nello stesso tempo con un certo grado di permeabilità, per far entrare il bene ed espellere il male, se mai si è in grado di distinguerli.

La vita, quella biologica e quella esistenziale, cerca di proseguire attraverso prove ed errori, meccanismi biologici, istinti, riflessi, emozioni, pensieri e scelte.

La fondamentale bipolarità dell'essere umano è questa, ed è difficile negarla o sottrarsi.

Eppure, all'interno di questo mal comune, è possibile distinguere persone diverse.

Tutte oscillano tra i poli, ma alcune non dimenticano mai la tensione tra gli opposti, e non importa quanto si possano sentire aperti o chiusi, fiduciosi o dubbiosi, coinvolti o scettici, in ogni momento saranno consapevoli della presenza dell'altro polo, mentre altre persone nel sentirsi aperte dimenticano l'esperienza dell'essersi chiuse, quando sono scettiche gli sfugge di essere state anche coinvolte, si fidano troppo e dalla loro mente pare essere scomparso il ricordo dell'essere state terribilmente dubbiose.

Essere bipolari abbracciando entrambi gli opposti, sentendo prevalere uno ma mai dimenticando l'altro è difficile, soprattutto perché rende complicate le relazioni affettive, dovendo far convivere le esigenze individuali e quelle relazionali, la fiducia reciproca e il sano scetticismo, la capacità di vivere come fosse per sempre e sapere che bisogna essere aperti anche alla fine.

Essere bipolari guardando invece solo uno dei poli vuol dire stare in balìa della conflittualità e non saperlo, o forse non volerlo sapere.

Anche i bipolari di questo tipo oscillano, ma non se ne assumono la responsabilità; quando si sentono aperti e trovano chiusura attribuiscono agli altri la colpa, e ovviamente se sono loro a chiudersi nei confronti delle aperture altrui non è un loro problema.

Questo tipo di persona bipolare non riesce a conciliare il bisogno che ogni essere umano ha di stare ora nell'uno e ora nell'altro polo.

Il sentimento del momento, per queste persone, diventa un principio morale assoluto.

Sono quelli che dicono da oggi basta, faro/dirò/penserò... e c'è sempre un nuovo oggi.

Rifiutati, diranno che bisogna sempre dare un'altra possibilità, ma nel rifiutare affermeranno che certe cose si capiscono subito e non c'è bisogno di insistere.

Al partner distratto imputeranno di trascurarli, a quello che cerca attenzione mentre sono impegnati diranno di essere troppo invadente.

Il fidanzato che non vuole sposarsi per loro sarà emotivamente inaffidabile mentre quello che sono loro a non voler sposare è troppo poco indipendente.

Pur di abbracciare il sentimento del momento come fosse una regola morale, sono disposti a cambiare le loro stesse regole morali al momento.

Avere preferenze che si rivelano conflittuali è naturale come nascere.

E chi di noi è dotato davvero della sufficiente autoconsapevolezza per ammettere quest'ambivalenza?

Apprendiamo tutti molto presto a dichiarare che la ragione è dalla nostra parte quando i risultati delle nostre esperienze non ci piacciono, un po' come quelli che, perdendo a un gioco, sbottano dicendo è sleale, hai barato, questo gioco fa schifo, le regole sono stupide.

Tutti ci muoviamo in questo conflitto di preferenze, che finiscono per guidare la nostra razionalità molto più di quanto la razionalità riesca a fare con le preferenze stesse.

E l'ambiguità continua anche quando riflettiamo sulle nostre scelte, perché sappiamo di vivere nelle contraddizioni e cerchiamo di dare spiegazioni sensate alle nostre preferenze, anche se una vocina ci dice che stiamo solo razionalizzando a posteriori.

Come affrontare questo dilemma inestricabile, quali strumenti usare, a quali virtù fare appello?

La logica non è particolarmente utile, perché ci insegna che anche un discorso come questo, che tenta di fare il punto su questa tensione degli opposti, è altrettanto cieco, quando crede di afferrare la verità, mentre sta solo vestendo di ragioni la posizione del momento.

L'ironia, invece, ci aiuta a ridere di questa continua tensione, e ci permette ora di tenere a freno le aspettative illusorie, ora ad alleviare l'angoscia per l'incertezza.

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