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mercoledì 1 gennaio 2014

Ma l'animale che mi porto dentro...

...non mi fa vivere felice mai, così canta Battiato in una delle sue perle musicali.

Due eventi in qualche modo mediatici relativi agli animali e alla mente umana mi hanno colpito in queste feste ormai in dirittura d'arrivo.




La sera prima di Natale mi sono imbattuto in questo video che cerca di dissuadere dal consumo di carne, facendo leva soprattutto sulla compassione per gli animali che si avviano alla morte e tentano inutilmente di voltarsi dalla parte opposta senza riuscirci a causa delle pareti strette del corridoio.


Dopo poco è scoppiato il caso di Caterina Simonsen (foto tratta da Il Fatto Quotidiano), la ragazza che su Facebook ha pubblicamente ringraziato la sperimentazione animale perché i risultati le hanno permesso di vivere nonostante le sue gravi malattie e che si è vista commentare il suo post con frasi del tipo per me puoi morire pure domani, non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un'egoista come te o se crepavi a 9 anni non fregava niente a nessuno, causare sofferenza a esseri innocenti non lo trovo giusto.

Mi sembrano due casi esemplari di una questione estremamente spinosa, ossia il nostro rapporto con gli animali e gli atteggiamenti che ci spinge ad assumere.


Da una parte, il linguaggio della pietà - in grado di coinvolgere chiunque guardi il video - è usato a favore di una causa - la rinuncia agli alimenti di derivazione animale - che non è facile né difendere né attaccare per le sue molteplici implicazioni.

Dall'altra, una causa tutto sommato condivisibile - ossia lo sviluppo di tutte le tecniche di sperimentazione scientifica alternative a quella animale, come ben spiega qui la biologa Susanna Penco - espressa con un linguaggio diametralmente opposto e fortemente crudele.

Non voglio suggerire che chi è a favore del video contro la macellazione sia lo stesso tipo di persona che lascia commenti inumani al post della ragazza.

Su internet c'è talmente tanta roba che spesso le ragioni per le quali la gente commenta o clicca sono assolutamente pretestuose, occasionali e soprattutto non meditate a fondo.

Neppure voglio suggerire letture particolari che possano spiegare o fare luce su questo saltare da un estremo all'altro.

Credo invece si tratti di una delle faccende più intricate della società civile, che coinvolge aspetti politici ed economici di vasta portata, nonché visioni storiche e filosofiche sull'essere umano così dense da non poter essere liquidate in un post.

Inoltre, le argomentazioni portate dalle due parti contrapposte sono spesso marginali al problema di fondo.

Quando si confronta l'alimentazione vegana e quella onnivora, sembra sempre che entrambe siano perfette per l'essere umano, per il tipo di sostanze in grado di apportare; i carnivori dicono che ai vegani mancano certi grassi e vitamine, i vegani rispondono che li vanno a prendere da certe piante o dalla semplice esposizione al sole.

Quando gli animalisti litigano con gli scienziati tradizionali, di nuovo pare che ognuno abbia tutte le migliori ragioni: gli animalisti dicono che è meglio la ricerca sui tessuti umani, i fautori della sperimentazione animale rispondono che praticamente tutte le medicine che da un secolo curano il mondo sono nate grazie agli esperimenti sui topi.

Non esiste tuttora una tesi che vinca sull'altra in modo limpido, e alla gente che assiste al dibattito resta solo la difficilissima presa di posizione morale: da una parte c'è chi ritiene ingiusto far soffrire gli animali per qualsiasi ragione, dall'altra c'è chi vede nell'essere umano soltanto l'animale al più alto grado della catena alimentare.

La contraddizione è inscindibile, e non deve stupirci se all'alba del 2014 sembri ancora un groviglio inestricabile.

La storia del Novecento ci ha già consegnato uno dei casi maggiormente contraddittori in merito: il Nazismo.

Già ai primordi della sua ascesa, nel 1933, il partito nazista in Germania mise subito in atto una serie di leggi per proteggere gli animali, e alcune di queste sono attualmente in vigore.

Una persona colpevole di maltrattamenti al suo animale domestico rischiava fino a due anni di detenzione.

Fu proibita la produzione di fegato grasso, fu resa obbligatoria l'anestesia per il taglio di orecchie o code, e fortemente limitata ogni ricerca che utilizzasse animali.

I nazisti furono i primi a tutelare gli animali usati sui nascenti set cinematografici, a regolamentare fabbriche e macelli che producevano il cibo per gli animali con norme igienico-sanitarie conformi a quelle per gli esseri umani, e diffusero la pratica dell'eutanasia per gli animali con malattie terminali.

A questo si aggiunge l'istituzione di riserve, una sorta di patente per tenere animali in casa e conferenze internazionali sulla protezione degli animali.

Personaggi come Göring o Himmler dichiararono più volte pubblicamente la loro avversione verso coloro che maltrattavano gli animali o verso gli amanti della caccia.

Il picco vertiginoso di questa ambivalenza si ebbe durante la campagna contro gli ebrei, dato che gli animali domestici di loro appartenenza vennero sì terminati, ma seguendo il protocollo di eutanasia stabilito dalla legge per evitare violenze inutili contro gli animali, mentre i proprietari degli stessi animali venivano poi sterminati nel modo che sappiamo.

Gli appassionati e gli esperti di questo argomento - soprattutto di un certo orientamento politico - potrebbero aggiungere che persino Hitler fosse vegetariano, ma questa informazione è irrilevante, tenuto conto di tutti gli altri dati elencati.

Un caso del genere dimostra quanto intricato e paradossale possa essere il nostro rapporto con gli animali.

La contraddizione morale è enorme: da una parte si ammazzavano centinaia di persone al giorno con veleno per topi, dall'altra si proteggevano gli animali finanche nelle vasche per le aragoste dei ristoranti, pratica che i nazisti non sopportavano.

Ci sono diversi esempi di persone che fanno cose buone e si meritano l'applauso di chi li guarda, finché non si scopre il loro scheletro nell'armadio: è successo qualche mese fa con un noto produttore di vini sublimi che però si dilettava con pesanti insulti razzisti.

Qui abbiamo un caso inverso: persone notoriamente negative come i nazisti facevano anche qualcosa di positivo per gli animali, ed è assolutamente vero che è molto più diffuso il contrario, ossia c'è molta più gente che fa cose prevalentemente positive ma anche qualcosa di negativo verso gli animali.

Il rischio maggiore in queste circostanze è l'impossibilità di conservare la lucidità necessaria ad analizzare i fatti, a causa delle innumerevoli strumentalizzazioni che da entrambe le parti, ogni giorno e attraverso ogni canale, sono messe in atto, spesso al solo scopo di farci spendere da una parte o dall'altra.

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