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venerdì 16 maggio 2014

Rido dunque sono

Ti piace ridere?

Già intuisci il trabocchetto, come può farmi una domanda dalla risposta così ovvia? Dove vuole andare a parare?

Sarò più preciso: ti piace di più che gli altri ridano con te o che ridano di te?

Ah, ecco la magagna! Se rispondo che preferisco il primo caso passerò per quello che si prende troppo sul serio, e se rispondo col secondo caso mi metterà alla prova per verificare!

A questo punto, potrei anche chiuderla qui, dato che la questione gira tutta attorno a queste riflessioni.

Crescendo, aumentano le probabilità di provare gusto a ridere con gli altri di sé stessi.

Contro la malattia del prendersi troppo sul serio, dell'arroccarsi in una posizione altera, non c'è medicina più efficace del ridere di sé.

Ma... ci sono due ma.

Primo: ma non è affatto semplice acquisire questa capacità.

Secondo: ma non è affatto sicuro che si tratti di una capacità acquisita una volta e per tutte.

Infatti, se arrivare a ridere di sé stessi significa passare attraverso l'inferno del sentirsi derisi, credere di essersi salvati in qualche modo è una pena ancor più grande.

I sintomi del male sono chiari: sentirsi al di sopra degli altri, eccezionali, saggi, consapevoli, meritevoli, in grado di giudicare.

La cura è un po' più lunga, tutto sta a cominciare...


Guarda quello...
Non vedi altro che follia nel comportamento altrui.

E ne ridi.

Ti compiaci della tua abilità nel cogliere i sintomi degli altri, ti stupisce quasi la tua eccezionale acutezza.

Sono tutti uguali...
Dopo un po' d'allenamento, ti sembra di conoscere talmente bene i processi che portano le persone a comportarsi stupidamente da poterlo prevedere.

Esistono delle formule precise che producono questi comportamenti folli e derisori.

E tu ormai stai diventando un esperto in materia e ti complimenti con te.

Guardate quelli...
Poi un giorno incontri persone con le tue stesse capacità.

Ah, finalmente hai anche la prova di non essere troppo presuntuoso, ma che davvero esiste una razza in grado di cogliere le follie dell'altra razza e di riderne.

Così vi divertite in una sorta di gioco a chi scorge il maggior numero di assurdità in quelli che stanno dall'altra parte.

Probabilmente le tribù umane nacquero in base a questo meccanismo.

Che ipocrita...
Arriva il momento della formula delle formule.

Alla base di tutte le follie riscontrate negli altri, capisci che c'è sempre il tentativo di apparire diversi.

Anzi, accusare gli altri di essere come non si vorrebbe apparire.

Freud e Perls la chiamerebbero proiezione: quando additi gli altri e poi ti comporti segretamente nello stesso modo.

Predicare bene e razzolare male.

Ipocrisia, insomma.

Che ipocriti...
Il gioco scricchiola quando cominci a notare in qualcuno della tua razza, della tua tribù, del tuo gruppo di saggi la stessa tara, lo stesso nervo scoperto, la stessa ipocrisia.

Peggio:  è qualcuno di loro a farlo prima di te su di te.

E così devi fare i conti con la teoria perfetta che avete costruito insieme per individuare i folli: scopri che è così perfetta da non riuscire a fare eccezione nemmeno tu.

Anche tu, anche loro, proiettate, razzolate male, siete ipocriti.

E adesso?

La risatina...
Prendi il toro per le corna.

Ora non c'è più in gioco l'essere diverso dai folli, ma l'essere il più esperto di tutti a individuare i sintomi della follia, addirittura individuandoli in sé stessi, il caso più difficile.

E tu lo ammetti, sì, ho dei comportamenti ipocriti anch'io, anch'io predico bene e razzolo male a volte, anch'io proietto in certi casi, e me ne rendo conto.

Quando lo dici, accenni una risatina, ma scopri che il tuo outing non ti rende più ammirevole: gli altri ridono ancora di più e questo ti innervosisce.

Rilassati...
Ogni tanto sei ipocrita?

Rilassati, succede a tutti e non c'è via d'uscita.

Non hai perso la tua eccezionalità, anzi, essa consiste nel ridere di chi crede che proiettare o essere ipocriti ogni tanto sia un problema, una cosa da biasimare, un comportamento risibile.

Non vorrai prendere la vita così sul serio?

Si tratta di un gioco, nel quale ci confrontiamo, ognuno con la sua doppia faccia, cercando di farla franca o di smascherare l'altro.

Svegliati...
Se però perdi qualcuno o qualcosa va male nella tua esistenza, perché sei stato ipocrita, perché hai razzolato male, perché hai proiettato, ti accorgi che non puoi limitarti a riderne.

Quanto è difficile restare eccezionali.

Sei all'ultima spiaggia, e per conservare la tua eccezionalità non ti resta che rinunciare alla pretesa di conoscere alcuna verità su come stanno le cose.

Svegliamoci...
Non c'è cosa più bella dell'aver sofferto un male ed esserne guarito.

Hai avuto quella forma di follia chiamata ipocrisia, doppiezza, meschinità, e tutte le altre sfumature riscontrate in anni di osservazione, ma adesso ne sei completamente fuori.

Ora puoi veramente ridere di te con gli altri per tutte le verità alle quali hai creduto di credere in passato.

Quanto sei eccezionale, hai debellato questo cancro dalla tua mente.

Risvegliati...
Succede all'improvviso.

Ti guardi, dopo aver parlato con qualcuno, dopo una scelta fatta o mancata, dopo un pezzo di vita, e capisci che nonostante tutto il tuo impegno non hai debellato un bel niente.

Ti ritrovi ad aver fatto le stesse cose, ad aver di nuovo mentito per ipocrisia, attaccato per proiezione, razzolato male per egoismo.

Sei veramente eccezionale, quanto a follia.

E di risate più nulla.

Umanizzati...
Tuffati nella tua eccezionalità.

Non sei peggio o meglio degli altri di cui ridevi e forse ridi ancora.

Sei uno fra tanti, illusoriamente fissato a guadagnare un'eccezionalità, ad andare oltre sé stesso.

Adesso la risata torna, ed è più rilassata, condivisa con i tuoi simili, e nasce dal tentativo di non barcollare tra la spinta assurda a essere più di ciò che siamo e il suo superamento.

Guardate questo qua...
Fa molto ridere vedere che al posto della tendenza a cercare l'eccezionalità c'è un ibrido, una mezza spinta a distinguersi qua e là affiancata dall'accettare di avere tutte le caratteristiche delle quali si è riso in passato.

Fa molto ridere incontrare qualcuno che sta percorrendo il tuo stesso sentiero, che cavalca la sua idea fissa di essere eccezionale, più di te, e dargli l'illusione di soccombere, sapendo che così lo si aiuta a raggiungere prima possibile l'uscita dal tunnel.

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