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sabato 5 aprile 2014

Manuale di gestione (retorica) dei conflitti

L'essere umano è davvero la creatura più evoluta del pianeta.

Talmente evoluta da riuscire a fare due cose, importantissime per la stessa sopravvivenza.

La prima è intercettare le fesserie dei propri simili.

Crescendo, tutti noi sviluppiamo questa sorta di radar in grado di riconoscere bugie, mezze frasi, tentativi di manipolazione.

Lo costruiamo man mano, lo perfezioniamo col tempo, lo portiamo alla massima efficacia.

Ma non tutti riescono a conservarlo,

Perché l'essere umano ha anche bisogno di relazioni.

Di stare con gli altri, e con alcuni di essi starci molto tempo e molto vicino.

Così, la probabilità che il radar intercetti le fesserie di questi altri, vicini e lontani, è alta.

E qui entra in gioco la seconda cosa importantissima per la nostra sopravvivenza.

Col tempo, infatti, impariamo anche ad allontanare da noi tutto ciò che possa farci dubitare di noi stessi, della nostra integrità, che possa mettere a rischio la nostra autostima.

Compresi i radar dei nostri simili, quando intercettano le fesserie che ci servono per non metterci in discussione.

Perciò, utilizziamo tutti gli stratagemmi che il linguaggio e la retorica ci offrono pur di mettere in dubbio il radar degli altri, e allontanare ogni dubbio da noi.

Per questo i radar di alcune persone si danneggiano, sotto i colpi retorici delle persone a loro legate, dei partner, degli amici intimi, dei parenti stretti.

Chiedere gli uni agli altri di smantellare il proprio radar anti-fesserie in nome della reciproca amicizia, parentela, amore e qualsiasi altra sfumatura sentimentale finisce per negare quegli stessi sentimenti.

Se c'è una cosa che la specie umana ha sviluppato al massimo grado, è la capacità di indurre l'altro a dubitare delle proprie posizioni, e l'ha sviluppata tramite una serie di tecniche ben precise.

Alcune di esse sono indipendenti dal contenuto delle conversazioni umane, si possono usare come attrezzi buoni per tutti gli usi.

Altre sono invece più complesse e sopraffine, non si limitano a rispondere alle eventuali critiche ricevute dal radar del nostro interlocutore, ma vanno a ristrutturare il rapporto stesso, ci servono per metterci al di sopra e al di fuori del gioco, della discussione, della relazione stessa, se è il caso, come a dire solo un perdente potrebbe vedere quello che ci stiamo dicendo come una partita in cui uno vince e l'altro perde, e poiché io non lo sto facendo, è evidente che lo stai facendo tu e che quindi hai perso.

Purtroppo sono anche molto efficaci, perché mimano l'autenticità.

Forse ci sono anche situazioni nelle quali potrebbe essere lecito usarle.

Se però diventano un formulario stabile, un manuale di gestione retorica dei conflitti, vuol dire che non riusciamo più a sopportare neanche per un minuto la possibilità di essere in errore.

Cioè di farci carico dell'errore e cambiare in meglio.


Non volevo infastidirti, insultarti, ferirti...
Le intenzioni non contano mai quanto le azioni e, sebbene la maggior parte di noi tenti giustamente di non insultarsi a vicenda, spesso agiamo gli uni con gli altri con intenzioni non benevole, che potrebbero in realtà avere questi effetti.

La tecnica vorrebbe convincere l'altro che il non voler avere cattive intenzioni significhi necessariamente non averle avute.

Questo non è carino/gentile/corretto...
Una forma protetta e nascosta di narcisismo, da tirar fuori tutte le volte che non vogliamo sentire.

Ci si appella a una presunta regola morale in base alla quale bisogna essere sempre carini e gentili, e che in realtà significa sii gentile con me sempre e non contestarmi mai.

Mi rifiuto di ascoltarti...
Se ciò che dici mi infastidisce, vuol dire che stai deliberatamente attaccandomi, perciò ho il diritto di non ascoltarti.

Una tecnica di coloro che si dichiarano pronti ad ascoltare, ma solo quelle parole che non attentano ai loro standard.

Quando sono loro a criticare gli altri lo fanno per onestà, quando sono gli altri a farlo è evidente che sono mossi da pura cattiveria e malafede.

Non cambierò idea...
Usare l'inamovibilità non sempre vuol dire credere con fermezza alle proprie idee.

Spesso è solo un tentativo di resistere, sperando che l'altra persona si senta frustrata dal nostro muro e reagisca male.

A quel punto, la discussione verte sulla reazione troppo accesa dell'altro, diventato all'improvviso condannabile, il che ovviamente lo porterà a ulteriori reazioni che sembreranno confermare la sua negatività.

Stai solo dicendo/stavo solo dicendo...
Quanto è importante quest'avverbio, solo, che permette sia di difendersi che offendere con grande efficacia.

Stai solo dicendo una cattiveria vuol dire negare il contenuto del messaggio dell'altro, squalificandolo, e attribuirgli un'intenzione di per sé deprecabile ma tutta da dimostrare.

Stavo solo dicendo è l'inverso: si nega il proprio contenuto per attribuirsi un'intenzione più edificante e scaricare sull'altro la responsabilità dell'incomprensione.

Non potrei mai...
Tra le più scarse ma anche più usate, tra queste tecniche.

Funziona per prendere tempo, e si basa sul principio - fallace - che se dichiariamo la nostra avversità verso qualcosa non potremmo mai nello stesso tempo averla fatta.

Se odio le persone false automaticamente non posso essere falso.

La prossima volta...
Poiché lo scambio non funziona, con questa mossa si dà a intendere che la colpa è dell'altro e che la prossima volta eviteremo proprio di addentrarci in argomenti simili.

La prossima volta eviterò di dirtelo, la prossima volta lo terrò per me, la prossima volta lo proporrò a qualcun altro, sono tutte tecniche per tagliare un asse del ponte tra noi e l'altro.

Le cose si fanno in due...
C'è una verità pragmatica per la quale i meriti e le colpe di fatto vanno distribuite tra tutte le parti in causa.

Se c'è un periodo felice o una crisi in un rapporto, è grazie a entrambi o è a causa di entrambi.

In realtà quando salta fuori questa formula che le cose si fanno in due spesso si tratta solo di una mossa retorica per alleviare il peso di una responsabilità che innegabilmente pende solo o soprattutto da un lato.

Hai capito male!
L'equivoco è un altro stratagemma prendi-tempo, che però richiede un piccolo sforzo cognitivo.

Si tratta di ristrutturare qualcosa che è stato detto o fatto, riclassificandolo come esempio di un'altra intenzione o categoria comportamentale.

Hai capito male, non sono testardo, sto solo difendendo i miei principi.

Vuoi ammazzarmi per questo?
Oppure vuoi mettermi in croce, vuoi farmi passare per un vampiro/carnefice/sfruttatore ecc.

Tecnica sopraffina, che ha il carattere del judo, dato che si accoglie la critica ricevuta ma, allo scopo di sminuirla, ne si ingigantisce il tono, l'intensità o la veemenza con la quale ci è stata mossa, trasformando colui che critica in una persona condannabile.

È inevitabile!
Di per sé, è una mossa semplice, che non nega la criticità, ma la riveste di ineluttabilità.

Per rendere credibile il ragionamento, bisogna analizzare la critica con due lenti differenti: o andando a spulciare i più minuti particolari o viceversa guardandola dal punto di vista dei massimi sistemi.

Mancare ai propri doveri si può giustificare o come conseguenza dell'affastellarsi di piccole noie l'una sull'altra o, al contrario, perché la perfezione non è di questo mondo.

So io quello che provo!
Sarà vero che solo noi conosciamo bene i nostri sentimenti?

Ed è proprio una follia pensare che a volte gli altri siano in grado di intuirli meglio di noi?

Poiché spesso le critiche avanzate vertono sulle intenzioni, le emozioni, ciò che c'è dentro la persona, difendersi rispondendo che nessuno meglio di noi può conoscere ciò che sentiamo è una tecnica sempre a portata di mano.

Va bene, dai, chiudiamola qui...
Il sotterfugio di chi prova ad attaccare per primo ma non ha il coraggio di resistere al conflitto.

Difatti, dopo aver mosso delle critiche, è probabile che l'altra persona risponda a sua volta avanzando le proprie.

A quel punto, il primo ad attaccare si ritira perché non vuole fare la guerra, mentre in realtà sta attuando con questo passo indietro una vera e propria rappresaglia.

Mi dispiace...
La quasi totalità dei nostri mi dispiace è pura retorica, anche se ciò non è di per sé condannabile.

Il mi dispiace è diventato una specie di tratto inscritto nel DNA sociale, con il quale si dichiara implicitamente all'altro che siamo consapevoli di ferirlo ma che nello stesso tempo non possiamo rinunciare alle nostre posizioni.

Un po' più pretenzioso è il mi dispiace quando l'oggetto del dispiacersi è il comportamento dell'altro.

Mi dispiace che tu abbia frainteso, che tu la prenda così, mi dispiace per l'equivoco, diventa invece un modo velato per dire mi dispiace che tu sia così stupido e guarda con quanta pazienza e comprensione mi rivolgo a te che invece non hai capito un bel niente.

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