Aforismi, citazioni, perle varie di saggezza.
Quante formule simili leggiamo ogni giorno attraverso i social network, condivise dai nostri amici?
E quante ne cerchiamo e condividiamo noi stessi, quando le troviamo in sintonia con il nostro stato d'animo?
Certo, trovare le parole che avremmo voluto dire noi, messe in bell'ordine e già pronte per l'uso, è già un'istigazione a usarle.
Ma sui social ci conosciamo, almeno nella nostra cerchia, e spesso intuiamo il perché quella determinata persona amica avrebbe potuto pubblicare proprio quella frase.
Altrettanto vero che vediamo questa stessa persona a volte come prigioniera di un percorso circolare senza uscita, in questo continuo citare slogan che offrono la soluzione ai propri problemi, se solo li si mettesse veramente in atto.
E noi sappiamo che non è così, conosciamo quella persona, siamo al corrente del fatto che vorrebbe trovare la forza per fare come lei stessa grida attraverso queste belle parole stampate, ma resta sempre un passo indietro alla loro messa in pratica.
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lunedì 14 settembre 2015
mercoledì 9 settembre 2015
le ultime parole gravose
Questa non è una barzelletta, anche se per certi versi può sembrare tale.
Si tratta di qualcosa che, a differenza delle barzellette - quasi sempre iperboliche e perciò rare a riscontrarsi nella realtà - accade molto più spesso di quanto riusciamo ad accorgerci.
O forse ce ne accorgiamo tutte le volte, e non saprei se è meglio.
Accade quando si parla, indipendentemente dall'argomento e dall'importanza che esso ha per coloro che parlano.
Per questo, se due persone parlano di ciò che sta loro a cuore, è tremendamente più importante.
Parlano, e come a volte è naturale e inevitabile, scoprono di non comprendere qualcosa del loro stesso parlare.
E allora comincia la vera e propria barzelletta, che però non è una barzelletta.
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giovedì 30 luglio 2015
Uomo: creatura razionale o razionalizzante?
Che ogni nostro pensiero, desiderio, gesto, abbia delle ricadute nel futuro - immediato o più lontano - è fuori di dubbio.
Ma che noi prestiamo davvero attenzione al fatto che la responsabilità di queste ricadute è sempre nostra è tutto da vedere.
Forse l'unico momento in cui davvero proviamo una consapevolezza solida delle conseguenze future è quando agiamo sotto l'azione dell'istinto di sopravvivenza e della paura.
Decenni di studi sul comportamento umano non sono riusciti a fare piena luce sulla difficoltà dell'uomo nel far andare a braccetto istinto e razionalità.
Anzi, gli studiosi si sono addirittura spartiti le discipline, così l'economia applicata al comportamento si è costruita partendo dall'idea di un uomo completamente razionale, mentre la piscologia nasce ufficialmente quando quel signore austriaco disse che in realtà noi non sappiamo mai che cosa facciamo e perché lo facciamo.
Così tutti abbiamo vissuto l'esperienza di pensare rapidamente e agire di conseguenza - rapidamente al punto da non definirlo nemmeno un pensare - accanto all'altra esperienza, quella di - provare a - meditare passo dopo passo, con lentezza, a che cosa ci conviene di più.
In genere, con la prima modalità di pensiero assolviamo ai desideri istintivi, di pancia; con il lento deliberare invece allunghiamo la prospettiva e cerchiamo di prendere decisioni a lungo termine.
Sapere che esistono questi due processi, e cercare di farli interagire sembra essere il tema principale di tutti i libri e i manuali che oggi puoi trovare in vendita, quelli che ti invitano a smettere di, o quelli che ti spronano a prendere la tua vita e... ma a ben vedere si tratta di un'interazione ardua, così questi stessi manuali finiscono per propendere ora verso un sonoro vaffa alla razionalità per esaltare l'istinto e liberarsi - ma da che? - e ora per mettere paletti alle intuizioni e passarle in processi meccanici di elaborazione per pensare - come? - e vivere meglio.
Se è così difficile far andare veramente di pari passo istinto e razionalità, forse è perché ci sfugge qualcosa.
Così, proviamo un attimo a mettere ordine tra tutti gli elementi in gioco, per vedere se ci riesce almeno di capire perché è così complicato.
Ma che noi prestiamo davvero attenzione al fatto che la responsabilità di queste ricadute è sempre nostra è tutto da vedere.
Forse l'unico momento in cui davvero proviamo una consapevolezza solida delle conseguenze future è quando agiamo sotto l'azione dell'istinto di sopravvivenza e della paura.
Decenni di studi sul comportamento umano non sono riusciti a fare piena luce sulla difficoltà dell'uomo nel far andare a braccetto istinto e razionalità.
Anzi, gli studiosi si sono addirittura spartiti le discipline, così l'economia applicata al comportamento si è costruita partendo dall'idea di un uomo completamente razionale, mentre la piscologia nasce ufficialmente quando quel signore austriaco disse che in realtà noi non sappiamo mai che cosa facciamo e perché lo facciamo.
Così tutti abbiamo vissuto l'esperienza di pensare rapidamente e agire di conseguenza - rapidamente al punto da non definirlo nemmeno un pensare - accanto all'altra esperienza, quella di - provare a - meditare passo dopo passo, con lentezza, a che cosa ci conviene di più.
In genere, con la prima modalità di pensiero assolviamo ai desideri istintivi, di pancia; con il lento deliberare invece allunghiamo la prospettiva e cerchiamo di prendere decisioni a lungo termine.
Sapere che esistono questi due processi, e cercare di farli interagire sembra essere il tema principale di tutti i libri e i manuali che oggi puoi trovare in vendita, quelli che ti invitano a smettere di, o quelli che ti spronano a prendere la tua vita e... ma a ben vedere si tratta di un'interazione ardua, così questi stessi manuali finiscono per propendere ora verso un sonoro vaffa alla razionalità per esaltare l'istinto e liberarsi - ma da che? - e ora per mettere paletti alle intuizioni e passarle in processi meccanici di elaborazione per pensare - come? - e vivere meglio.
Se è così difficile far andare veramente di pari passo istinto e razionalità, forse è perché ci sfugge qualcosa.
Così, proviamo un attimo a mettere ordine tra tutti gli elementi in gioco, per vedere se ci riesce almeno di capire perché è così complicato.
sabato 11 luglio 2015
Mettiamoci d'accordo (con noi stessi)
Come le monete a due facce, anche i nostri discorsi a volte oscillano tra lati differenti.
Chiediamo agli altri di essere sinceri, ma non vogliamo che siano offensivi.
Riteniamo giusto che vinca il migliore, proclamiamo che l'importante è partecipare, però sotto sotto scongiuriamo per essere noi i vincitori.
Nelle relazioni, troppe attenzioni ci soffocano, ma poche ci mettono in allarme.
Al lavoro, la routine ci ammazza, ma la sicurezza del posto è un bisogno.
L'elenco di esempi è potenzialmente lunghissimo, e se provi a discuterne con qualcun altro questi ti dirà chi, io? No, io non faccio così, la penso in un unico modo e mantengo fede alla mia parola!
Alla fine, questa moneta a due facce ti ritrovi a rigirartela tra le mani, ma non pensare che gli altri non stiano facendo lo stesso, magari all'oscuro, con una mano in tasca.
Perché questa sorta di ipocrisia non ha un limite, e possiamo arrivare a essere ipocriti persino sulla stessa ipocrisia.
Non importa adesso se ciò sia immorale, perché la ricerca della moralità non farebbe che creare ancora due sole facce possibili, generando l'illusione che bisogna per forza stare da una parte o dall'altra.
In verità, la vita diventa una vera occasione di crescita, impegnativa ma ricca, quando decidiamo di affrontarne le ambiguità.
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mercoledì 10 dicembre 2014
Linguaggio e verità: guida al traduttore simultaneo della nostra mente
Non si può pensare bene finché non si riconosce la più grande distrazione dal pensare bene: il bisogno di essere nel giusto.
Pensare bene vuol dire riconoscere sé stessi.
Corriamo sempre il rischio di piegarci verso le idee che ci fanno sentire bene, piuttosto che avventurarci nell'esplorazione di quelle idee -a volte più vere - che ci mettono a disagio.
La verità si fa scorgere solo da occhi non offuscati dai desideri, soprattutto da quello di sentirsi bravi e perfetti.
Per evitare la distrazione verso l'autocompiacimento, dobbiamo prendere coscienza del vocabolario con il quale ci raccontiamo le nostre verità, tenendo ben presente quant'è ricco e carico il linguaggio.
Pensare bene vuol dire riconoscere sé stessi.
Corriamo sempre il rischio di piegarci verso le idee che ci fanno sentire bene, piuttosto che avventurarci nell'esplorazione di quelle idee -a volte più vere - che ci mettono a disagio.
La verità si fa scorgere solo da occhi non offuscati dai desideri, soprattutto da quello di sentirsi bravi e perfetti.
Per evitare la distrazione verso l'autocompiacimento, dobbiamo prendere coscienza del vocabolario con il quale ci raccontiamo le nostre verità, tenendo ben presente quant'è ricco e carico il linguaggio.
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martedì 9 settembre 2014
Il fascino discreto dell'indifferenza
Lui ama lei, e la ama così tanto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene, lui non ne è affatto infastidito, aspetta, pazienta, è allenato a incassare da lei ogni colpo, e quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla, non può fare altro che essergli infinitamente grata.
Ma c'è un altro lui che non si preoccupa minimamente di un'altra lei, al punto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene - come quella di prima - lui sa che non ne proverà alcun fastidio né mancanza, e ride tra sé, consapevole del fatto che per lui le parole e le azioni di lei in fondo non contano davvero, eppure quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla - come quello di prima - non può fare altro che essergli infinitamente grata.
Due modi diversi di andare d'accordo: vero amore e vera indifferenza.
Io sarò dalla tua parte, qualsiasi cosa tu decida di fare è una bella frase, ma in quel qualsiasi possono celarsi miriadi di sfumature.
Si può essere davvero così aperti e capaci di accettare gli altri incondizionatamente?
O non sarà che la nostra capacità d'accettare è inversamente proporzionale con il grado di bisogno e di influenza che le persone hanno su di noi?
Ma c'è un altro lui che non si preoccupa minimamente di un'altra lei, al punto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene - come quella di prima - lui sa che non ne proverà alcun fastidio né mancanza, e ride tra sé, consapevole del fatto che per lui le parole e le azioni di lei in fondo non contano davvero, eppure quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla - come quello di prima - non può fare altro che essergli infinitamente grata.
Due modi diversi di andare d'accordo: vero amore e vera indifferenza.
Io sarò dalla tua parte, qualsiasi cosa tu decida di fare è una bella frase, ma in quel qualsiasi possono celarsi miriadi di sfumature.
Si può essere davvero così aperti e capaci di accettare gli altri incondizionatamente?
O non sarà che la nostra capacità d'accettare è inversamente proporzionale con il grado di bisogno e di influenza che le persone hanno su di noi?
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domenica 13 luglio 2014
Bipolari sì, ma con ironia
La vita è deliziosa, anzi, no, è pericolosa.
Devi essere positivo, ma che dico?, stai attento.
L'amore fa girare il mondo, che follia, le persone sono tremende.
Queste sono solo alcune delle tensioni con le quali ogni giorno lottiamo, tra apertura e chiusura, tra coinvolgimento e scetticismo, tra fede e ragione, tra fiducia e dubbio, tra speranza e paura, tra realismo e trascendenza, tra generosità e cautela, tra amicizia e interesse.
In questo solco tra due poli continuamente cadiamo proprio cercando di venirne fuori, mentre la verità fondamentale è che è impossibile non starci dentro come impossibile è stare per sempre solo su uno dei cigli del burrone.
Non potrebbe essere altrimenti, la vita da gioire e da condividere è sin dall'inizio già spartita con la fine, l'ambiguità è scritta in partenza.
Questa tensione emerge in ogni situazione, dal saltare di gioia al sentirci inciampare per le difficoltà, dal gioire del mondo che abbiamo creato al terrorizzarci per il disastro ambientale che abbiamo provocato.
Come si può essere contenti e consapevoli dei rischi nello stesso tempo?
Devi essere positivo, ma che dico?, stai attento.
L'amore fa girare il mondo, che follia, le persone sono tremende.
Queste sono solo alcune delle tensioni con le quali ogni giorno lottiamo, tra apertura e chiusura, tra coinvolgimento e scetticismo, tra fede e ragione, tra fiducia e dubbio, tra speranza e paura, tra realismo e trascendenza, tra generosità e cautela, tra amicizia e interesse.
In questo solco tra due poli continuamente cadiamo proprio cercando di venirne fuori, mentre la verità fondamentale è che è impossibile non starci dentro come impossibile è stare per sempre solo su uno dei cigli del burrone.
Non potrebbe essere altrimenti, la vita da gioire e da condividere è sin dall'inizio già spartita con la fine, l'ambiguità è scritta in partenza.
Questa tensione emerge in ogni situazione, dal saltare di gioia al sentirci inciampare per le difficoltà, dal gioire del mondo che abbiamo creato al terrorizzarci per il disastro ambientale che abbiamo provocato.
Come si può essere contenti e consapevoli dei rischi nello stesso tempo?
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giovedì 3 luglio 2014
Qui e ora: il tempo della mente
Il principio del qui e ora è ancora molto in voga, sebbene abbia parecchi anni.
In realtà, presso i latini esso nasce come sprone ad agire, ma poi con l'esistenzialismo si trasforma in principio filosofico per vivere un tempo non infinito, causa di sofferenza.
Apprezza il momento, non buttare il tuo tempo stando nel passato che non c'è più o nel futuro che non c'è ancora, stai in ciò che c'è. Se lavi i piatti, lava i piatti e basta!
A questo punto, se sei abbastanza fortunato da trovare piacevole questo ragionamento, tutto fila liscio: in fondo esso mira al tuo benessere.
Se però dovessi anche solo un attimo dubitare della sua efficacia, ti troveresti nel bel mezzo di un dilemma: nel dubbio, sei ancora nel momento presente, e quindi fai bene a dubitare, o ne stai uscendo e per questo ti viene il dubbio e il conseguente disagio?
In realtà, presso i latini esso nasce come sprone ad agire, ma poi con l'esistenzialismo si trasforma in principio filosofico per vivere un tempo non infinito, causa di sofferenza.
Apprezza il momento, non buttare il tuo tempo stando nel passato che non c'è più o nel futuro che non c'è ancora, stai in ciò che c'è. Se lavi i piatti, lava i piatti e basta!
A questo punto, se sei abbastanza fortunato da trovare piacevole questo ragionamento, tutto fila liscio: in fondo esso mira al tuo benessere.
Se però dovessi anche solo un attimo dubitare della sua efficacia, ti troveresti nel bel mezzo di un dilemma: nel dubbio, sei ancora nel momento presente, e quindi fai bene a dubitare, o ne stai uscendo e per questo ti viene il dubbio e il conseguente disagio?
venerdì 16 maggio 2014
Rido dunque sono
Ti piace ridere?
Già intuisci il trabocchetto, come può farmi una domanda dalla risposta così ovvia? Dove vuole andare a parare?
Sarò più preciso: ti piace di più che gli altri ridano con te o che ridano di te?
Ah, ecco la magagna! Se rispondo che preferisco il primo caso passerò per quello che si prende troppo sul serio, e se rispondo col secondo caso mi metterà alla prova per verificare!
A questo punto, potrei anche chiuderla qui, dato che la questione gira tutta attorno a queste riflessioni.
Crescendo, aumentano le probabilità di provare gusto a ridere con gli altri di sé stessi.
Contro la malattia del prendersi troppo sul serio, dell'arroccarsi in una posizione altera, non c'è medicina più efficace del ridere di sé.
Ma... ci sono due ma.
Primo: ma non è affatto semplice acquisire questa capacità.
Secondo: ma non è affatto sicuro che si tratti di una capacità acquisita una volta e per tutte.
Infatti, se arrivare a ridere di sé stessi significa passare attraverso l'inferno del sentirsi derisi, credere di essersi salvati in qualche modo è una pena ancor più grande.
I sintomi del male sono chiari: sentirsi al di sopra degli altri, eccezionali, saggi, consapevoli, meritevoli, in grado di giudicare.
La cura è un po' più lunga, tutto sta a cominciare...
Già intuisci il trabocchetto, come può farmi una domanda dalla risposta così ovvia? Dove vuole andare a parare?
Sarò più preciso: ti piace di più che gli altri ridano con te o che ridano di te?
Ah, ecco la magagna! Se rispondo che preferisco il primo caso passerò per quello che si prende troppo sul serio, e se rispondo col secondo caso mi metterà alla prova per verificare!
A questo punto, potrei anche chiuderla qui, dato che la questione gira tutta attorno a queste riflessioni.
Crescendo, aumentano le probabilità di provare gusto a ridere con gli altri di sé stessi.
Contro la malattia del prendersi troppo sul serio, dell'arroccarsi in una posizione altera, non c'è medicina più efficace del ridere di sé.
Ma... ci sono due ma.
Primo: ma non è affatto semplice acquisire questa capacità.
Secondo: ma non è affatto sicuro che si tratti di una capacità acquisita una volta e per tutte.
Infatti, se arrivare a ridere di sé stessi significa passare attraverso l'inferno del sentirsi derisi, credere di essersi salvati in qualche modo è una pena ancor più grande.
I sintomi del male sono chiari: sentirsi al di sopra degli altri, eccezionali, saggi, consapevoli, meritevoli, in grado di giudicare.
La cura è un po' più lunga, tutto sta a cominciare...
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domenica 27 aprile 2014
Consapevolezza: l'infinito dentro di te
È bello credere si possa diventare noi stessi conoscendo la nostra personalità e quella delle persone che ci circondano.
Ma l'idea di avere sempre innestata la marcia dell'autoconsapevolezza e dell'introspezione verso gli altri qualche dubbio lo suscita.
Il tema è antico quanto la nostra cultura, a partire dal conosci te stesso delfico.
Che cosa significa questa frase?
Una sfilza di cose:
Ma l'idea di avere sempre innestata la marcia dell'autoconsapevolezza e dell'introspezione verso gli altri qualche dubbio lo suscita.
Il tema è antico quanto la nostra cultura, a partire dal conosci te stesso delfico.
Che cosa significa questa frase?
Una sfilza di cose:
- conosci la tua personalità
- sii consapevole di dove ti trovi
- sappi a che punto della vita sei
- sii la tua voce-guida
- fidati del tuo intuito
- esaminati in maniera obiettiva
Potrei continuare, ma già da questo piccolo elenco si vede come certe traduzioni e interpretazioni del famoso monito greco siano addirittura contraddittorie.
domenica 13 aprile 2014
Raccontarsi per gioco, giocare per raccontarsi
Facciamo un gioco, un gioco in cui non si vince e non si perde, ma si esce più uniti, più consapevoli, più integrati.
Questo gioco ha a che fare con i dilemmi fondamentali del vivere, molto più che con i principi e i precetti morali.
Laddove i principi ti dicono che cosa dovresti fare e che cosa dovresti evitare, i dilemmi ti fanno dubitare che ci sia una risposta univoca sempre e comunque, e ogni volta ti fanno chiedere sarà il caso di accettare questa cosa o devo affermare me stesso?
Combattere o lasciar correre?
Aver fiducia o dubitare?
Pugno di ferro o guanto di velluto?
Fede o ragione?
Sono tutte incarnazioni del dilemma fondamentale, che ha due vie giuste e due errate.
Le due vie giuste consistono nell'accettare le cose che non si possono cambiare e nel provare a cambiare quelle che si potrebbero cambiare.
Le vie sbagliate sono l'inverso: provare a cambiare quando non si può e accettare passivamente ciò che invece non dovrebbe essere accettato.
Se io ti chiedessi raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa e hai provato soddisfazione nel farlo?
Oppure, raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa per poi rammaricartene?
Che tipo di storie pensi verrebbero fuori dai tuoi racconti?
Questo gioco ha a che fare con i dilemmi fondamentali del vivere, molto più che con i principi e i precetti morali.
Laddove i principi ti dicono che cosa dovresti fare e che cosa dovresti evitare, i dilemmi ti fanno dubitare che ci sia una risposta univoca sempre e comunque, e ogni volta ti fanno chiedere sarà il caso di accettare questa cosa o devo affermare me stesso?
Combattere o lasciar correre?
Aver fiducia o dubitare?
Pugno di ferro o guanto di velluto?
Fede o ragione?
Sono tutte incarnazioni del dilemma fondamentale, che ha due vie giuste e due errate.
Le due vie giuste consistono nell'accettare le cose che non si possono cambiare e nel provare a cambiare quelle che si potrebbero cambiare.
Le vie sbagliate sono l'inverso: provare a cambiare quando non si può e accettare passivamente ciò che invece non dovrebbe essere accettato.
Se io ti chiedessi raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa e hai provato soddisfazione nel farlo?
Oppure, raccontami un momento della tua vita in cui hai lottato per qualcosa per poi rammaricartene?
Che tipo di storie pensi verrebbero fuori dai tuoi racconti?
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venerdì 11 aprile 2014
La verità sulle bugie
Quando penso alle bugie mi vengono in mente le mafie: esistono da tempo immemore, saccheggiano in senso materiale e morale i territori, sconcertano chi assiste ai loro scempi ma nello stesso tempo non si trova quasi nessuno in grado di descrivere chi è stato e com'è fatto, anzi, se glielo chiedi si mostrano addirittura disinteressati.
Siamo tutti a rischio di raggiro e teniamo gli occhi aperti, ma che cosa siano esattamente le bugie, come funzionano, e soprattutto quali cose si possano definire bugie e quali no è un terreno molto accidentato.
Dire a qualcuno tu menti implicherebbe una chiara definizione della bugia, che a ben vedere non è affatto chiara e spesso dipende dalle preferenze personali di chi la definisce.
Di verità attorno alle bugie ne circolano tante: saranno tutte vere o nascondono qualche bugia anch'esse?
Siamo tutti a rischio di raggiro e teniamo gli occhi aperti, ma che cosa siano esattamente le bugie, come funzionano, e soprattutto quali cose si possano definire bugie e quali no è un terreno molto accidentato.
Dire a qualcuno tu menti implicherebbe una chiara definizione della bugia, che a ben vedere non è affatto chiara e spesso dipende dalle preferenze personali di chi la definisce.
Di verità attorno alle bugie ne circolano tante: saranno tutte vere o nascondono qualche bugia anch'esse?
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sabato 5 aprile 2014
Manuale di gestione (retorica) dei conflitti
L'essere umano è davvero la creatura più evoluta del pianeta.
Talmente evoluta da riuscire a fare due cose, importantissime per la stessa sopravvivenza.
La prima è intercettare le fesserie dei propri simili.
Crescendo, tutti noi sviluppiamo questa sorta di radar in grado di riconoscere bugie, mezze frasi, tentativi di manipolazione.
Lo costruiamo man mano, lo perfezioniamo col tempo, lo portiamo alla massima efficacia.
Ma non tutti riescono a conservarlo,
Perché l'essere umano ha anche bisogno di relazioni.
Di stare con gli altri, e con alcuni di essi starci molto tempo e molto vicino.
Così, la probabilità che il radar intercetti le fesserie di questi altri, vicini e lontani, è alta.
E qui entra in gioco la seconda cosa importantissima per la nostra sopravvivenza.
Col tempo, infatti, impariamo anche ad allontanare da noi tutto ciò che possa farci dubitare di noi stessi, della nostra integrità, che possa mettere a rischio la nostra autostima.
Compresi i radar dei nostri simili, quando intercettano le fesserie che ci servono per non metterci in discussione.
Perciò, utilizziamo tutti gli stratagemmi che il linguaggio e la retorica ci offrono pur di mettere in dubbio il radar degli altri, e allontanare ogni dubbio da noi.
Per questo i radar di alcune persone si danneggiano, sotto i colpi retorici delle persone a loro legate, dei partner, degli amici intimi, dei parenti stretti.
Chiedere gli uni agli altri di smantellare il proprio radar anti-fesserie in nome della reciproca amicizia, parentela, amore e qualsiasi altra sfumatura sentimentale finisce per negare quegli stessi sentimenti.
Se c'è una cosa che la specie umana ha sviluppato al massimo grado, è la capacità di indurre l'altro a dubitare delle proprie posizioni, e l'ha sviluppata tramite una serie di tecniche ben precise.
Alcune di esse sono indipendenti dal contenuto delle conversazioni umane, si possono usare come attrezzi buoni per tutti gli usi.
Altre sono invece più complesse e sopraffine, non si limitano a rispondere alle eventuali critiche ricevute dal radar del nostro interlocutore, ma vanno a ristrutturare il rapporto stesso, ci servono per metterci al di sopra e al di fuori del gioco, della discussione, della relazione stessa, se è il caso, come a dire solo un perdente potrebbe vedere quello che ci stiamo dicendo come una partita in cui uno vince e l'altro perde, e poiché io non lo sto facendo, è evidente che lo stai facendo tu e che quindi hai perso.
Purtroppo sono anche molto efficaci, perché mimano l'autenticità.
Forse ci sono anche situazioni nelle quali potrebbe essere lecito usarle.
Se però diventano un formulario stabile, un manuale di gestione retorica dei conflitti, vuol dire che non riusciamo più a sopportare neanche per un minuto la possibilità di essere in errore.
Cioè di farci carico dell'errore e cambiare in meglio.
Talmente evoluta da riuscire a fare due cose, importantissime per la stessa sopravvivenza.
La prima è intercettare le fesserie dei propri simili.
Crescendo, tutti noi sviluppiamo questa sorta di radar in grado di riconoscere bugie, mezze frasi, tentativi di manipolazione.
Lo costruiamo man mano, lo perfezioniamo col tempo, lo portiamo alla massima efficacia.
Ma non tutti riescono a conservarlo,
Perché l'essere umano ha anche bisogno di relazioni.
Di stare con gli altri, e con alcuni di essi starci molto tempo e molto vicino.
Così, la probabilità che il radar intercetti le fesserie di questi altri, vicini e lontani, è alta.
E qui entra in gioco la seconda cosa importantissima per la nostra sopravvivenza.
Col tempo, infatti, impariamo anche ad allontanare da noi tutto ciò che possa farci dubitare di noi stessi, della nostra integrità, che possa mettere a rischio la nostra autostima.
Compresi i radar dei nostri simili, quando intercettano le fesserie che ci servono per non metterci in discussione.
Perciò, utilizziamo tutti gli stratagemmi che il linguaggio e la retorica ci offrono pur di mettere in dubbio il radar degli altri, e allontanare ogni dubbio da noi.
Per questo i radar di alcune persone si danneggiano, sotto i colpi retorici delle persone a loro legate, dei partner, degli amici intimi, dei parenti stretti.
Chiedere gli uni agli altri di smantellare il proprio radar anti-fesserie in nome della reciproca amicizia, parentela, amore e qualsiasi altra sfumatura sentimentale finisce per negare quegli stessi sentimenti.
Se c'è una cosa che la specie umana ha sviluppato al massimo grado, è la capacità di indurre l'altro a dubitare delle proprie posizioni, e l'ha sviluppata tramite una serie di tecniche ben precise.
Alcune di esse sono indipendenti dal contenuto delle conversazioni umane, si possono usare come attrezzi buoni per tutti gli usi.
Altre sono invece più complesse e sopraffine, non si limitano a rispondere alle eventuali critiche ricevute dal radar del nostro interlocutore, ma vanno a ristrutturare il rapporto stesso, ci servono per metterci al di sopra e al di fuori del gioco, della discussione, della relazione stessa, se è il caso, come a dire solo un perdente potrebbe vedere quello che ci stiamo dicendo come una partita in cui uno vince e l'altro perde, e poiché io non lo sto facendo, è evidente che lo stai facendo tu e che quindi hai perso.
Purtroppo sono anche molto efficaci, perché mimano l'autenticità.
Forse ci sono anche situazioni nelle quali potrebbe essere lecito usarle.
Se però diventano un formulario stabile, un manuale di gestione retorica dei conflitti, vuol dire che non riusciamo più a sopportare neanche per un minuto la possibilità di essere in errore.
Cioè di farci carico dell'errore e cambiare in meglio.
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domenica 16 marzo 2014
La grande schiettezza
Ho ricevuto da un caro amico un audiomessaggio con la sua simpatica imitazione di Toni Servillo in La grande bellezza, e così ho colto la classica palla al balzo per pensarci un po' su...
Non è poi così strano se in un film così visionario e finto - nel senso del fingere poetico - si trovi invece uno dei discorsi più veri mai pronunciati da un attore nel cinema italiano.
Il film in questione è il neo oscar La grande bellezza di Sorrentino, l'attore è Toni Servillo nei panni di Jep Gambardella, e il discorso è quello rivolto all'amica Stefania, colpevole di essersi imprudentemente autodefinita donna con le palle, rompendo gli argini che impediscono alla verità di gettare ombre tragiche sulla vita delle persone.
Prima ancora dell'oscar, e molto più di altre scene, questo discorso ha gironzolato nel web e nei social, apparentemente perché dà voce e sfogo a ciò che era rimasto in pancia e in gola di molte persone, mai tanto coraggiose da fare una simile sciorinata a qualcuno, a un amico, al partner, ai parenti, al capo.
Tuttavia, Jep dice apertamente qualcosa di penetrante, prima di lanciarsi nella sua tenera invettiva: non ribattiamo perché ti vogliamo bene e non ti vogliamo mettere in imbarazzo [...] finiamo per parlare di vacuità, di sciocchezzuole, di pettegolezzi, proprio perché non abbiamo nessuna intenzione di misurarci con le nostre meschinità.
domenica 9 marzo 2014
Intimità: la risorsa di cui hai bisogno
C'è una dimensione estremamente potente alla quale l'essere umano può accedere e grazie alla quale evolvere in maniera portentosa.
Questa dimensione si chiama intimità, e molto spesso sembra spaventare a morte invece di attrarre, come ti ho già spiegato qui.
Ma che cos'è veramente l'intimità?
Non è così semplice darne una definizione, per il suo carattere estremamente soggettivo.
Provo a definirla: l'intimità è un coinvolgimento autentico con un'altra persona, con sé stessi e col mondo, vissuto con un senso di vulnerabilità che non spaventa ma incoraggia a proseguire.
La natura dell'intimità si comprende bene attraverso la via negativa: prova a pensare a tutte le volte che manca, e ti sarà più facile capirne l'importanza.
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sabato 12 ottobre 2013
Libroterapia: a Voghera, il benessere tra le pagine
Che l'essere umano sia attratto dalla narrativa non è un mistero.
Nel leggere o ascoltare una storia, chiunque può trovare risposte, soluzioni impensate, rispecchiamenti e identificazioni nei personaggi e nelle loro vicende.
A volte, anche il solo sapere che un'altra persona - seppur frutto di fantasia - potrebbe trovarsi nella nostra stessa situazione, è rassicurante.
L'uso del libro come strumento di autoconoscenza e di comprensione del mondo circostante non è nuovo, dato che illustri nomi di studiosi hanno sempre sottolineato l'importanza della lettura per la comprensione della storia passata.
In epoche nelle quali il confine tra razionale e irrazionale era più sfumato, il libro stesso era oggetto divinatorio: aprire un libro per trovare quella frase che faccia da risposta al nostro problema può sembrare un gioco, ma diviene un potente mezzo terapeutico se si comprende il significativo processo di proiezione in atto e la ghiotta occasione di comprendere qualcosa in più di sé stessi.
Racchiudere la densa ricchezza della libroterapia in un piccolo post di un blog è impresa che non voglio neanche tentare.
Dico soltanto che a Voghera c'è un'occasione imperdibile per chi voglia scoprire l'enorme potenziale della letteratura nell'autoconoscenza.
Nel leggere o ascoltare una storia, chiunque può trovare risposte, soluzioni impensate, rispecchiamenti e identificazioni nei personaggi e nelle loro vicende.
A volte, anche il solo sapere che un'altra persona - seppur frutto di fantasia - potrebbe trovarsi nella nostra stessa situazione, è rassicurante.
L'uso del libro come strumento di autoconoscenza e di comprensione del mondo circostante non è nuovo, dato che illustri nomi di studiosi hanno sempre sottolineato l'importanza della lettura per la comprensione della storia passata.
In epoche nelle quali il confine tra razionale e irrazionale era più sfumato, il libro stesso era oggetto divinatorio: aprire un libro per trovare quella frase che faccia da risposta al nostro problema può sembrare un gioco, ma diviene un potente mezzo terapeutico se si comprende il significativo processo di proiezione in atto e la ghiotta occasione di comprendere qualcosa in più di sé stessi.
Racchiudere la densa ricchezza della libroterapia in un piccolo post di un blog è impresa che non voglio neanche tentare.
Dico soltanto che a Voghera c'è un'occasione imperdibile per chi voglia scoprire l'enorme potenziale della letteratura nell'autoconoscenza.
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domenica 28 luglio 2013
Paura dell'intimità: che cos'è, da dove viene, come vincerla
Hai incontrato qualcuno ed è stato subito un fuoco d'artificio di gioie.
Succede, e prima che te ne renda conto sei nel più profondo degli innamoramenti.
Ogni cosa che questa persona dice o fa ti tiene col fiato sospeso, capovolge la tua visione del mondo, ti infetta positivamente.
Che cos'è questa pienezza e questa vitalità, ti chiedi, e la risposta sta nella vicinanza con lui o lei.
Sono molte le storie che cominciano così e che proprio per questo conducono i protagonisti a impegnarsi.
Matrimoni o relazioni durature di convivenza, poco importa la forma.
E molte di queste vite di coppia devono confrontarsi, col passare degli anni, con le inevitabili differenze che sorgeranno.
Come tutte le cose che accadono poco alla volta, i protagonisti della coppia non se ne accorgono subito, eppure la distanza tra i due può crescere fino a lasciarli storditi quando poi se ne rendono conto.
Rischio anche il luogo comune, nel parlarne: è la classica situazione nella quale poi ci si chiede dove sia finita quella persona che toglieva il fiato, stravolgeva il mondo e iniettava felicità.
Succede, e prima che te ne renda conto sei nel più profondo degli innamoramenti.
Ogni cosa che questa persona dice o fa ti tiene col fiato sospeso, capovolge la tua visione del mondo, ti infetta positivamente.
Che cos'è questa pienezza e questa vitalità, ti chiedi, e la risposta sta nella vicinanza con lui o lei.
Sono molte le storie che cominciano così e che proprio per questo conducono i protagonisti a impegnarsi.
Matrimoni o relazioni durature di convivenza, poco importa la forma.
E molte di queste vite di coppia devono confrontarsi, col passare degli anni, con le inevitabili differenze che sorgeranno.
Come tutte le cose che accadono poco alla volta, i protagonisti della coppia non se ne accorgono subito, eppure la distanza tra i due può crescere fino a lasciarli storditi quando poi se ne rendono conto.
Rischio anche il luogo comune, nel parlarne: è la classica situazione nella quale poi ci si chiede dove sia finita quella persona che toglieva il fiato, stravolgeva il mondo e iniettava felicità.
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domenica 30 dicembre 2012
Ecco che cosa puoi fare per un 2013 al massimo
Con l'approssimarsi del nuovo anno, nella testa di ognuno di noi scattano pensieri grandiosi su ciò che potremmo fare nell'anno a venire, affinché dopo 365 giorni si possa dire che è stato meglio del precedente.
Chi vuol dimagrire, chi insegue un generico benessere, chi vuol pensare di più a sé, e chi si attesta su questioni materiali concentrandosi sulla gestione delle finanze o su progetti d'investimento.
La fregatura di questo genere di promesse a noi stessi è che quel potremmo fare nell'anno a venire viene vissuto come un dovremo fare.
Purtroppo, la mente umana ci mette un secondo a farsi promesse e pochi centesimi del medesimo a non mantenerle.
Questo tipo d'impegni sono troppo vasti per non generare la paura di non poterli rispettare.
Spesso si tratta d'impegni che coprono addirittura l'intero arco dell'anno a venire, o sue porzioni considerevoli.
Un po' come fanno gli oroscopi che ci dicono come sarà il nostro nuovo anno o come vivremo in ognuna delle quattro stagioni.
È una trappola, e l'unico modo di non caderci è saltare il fosso, cioè non concentrarsi su che cosa potremmo fare l'anno prossimo, ma accrescere la nostra consapevolezza adesso, su ciò che siamo stati o su ciò che potremmo essere ben oltre l'anno a venire.
Chi vuol dimagrire, chi insegue un generico benessere, chi vuol pensare di più a sé, e chi si attesta su questioni materiali concentrandosi sulla gestione delle finanze o su progetti d'investimento.
La fregatura di questo genere di promesse a noi stessi è che quel potremmo fare nell'anno a venire viene vissuto come un dovremo fare.
Purtroppo, la mente umana ci mette un secondo a farsi promesse e pochi centesimi del medesimo a non mantenerle.
Questo tipo d'impegni sono troppo vasti per non generare la paura di non poterli rispettare.
Spesso si tratta d'impegni che coprono addirittura l'intero arco dell'anno a venire, o sue porzioni considerevoli.
Un po' come fanno gli oroscopi che ci dicono come sarà il nostro nuovo anno o come vivremo in ognuna delle quattro stagioni.
È una trappola, e l'unico modo di non caderci è saltare il fosso, cioè non concentrarsi su che cosa potremmo fare l'anno prossimo, ma accrescere la nostra consapevolezza adesso, su ciò che siamo stati o su ciò che potremmo essere ben oltre l'anno a venire.
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sabato 29 settembre 2012
Scrivi che ti passa!
C'è una profonda connessione tra la scrittura e la nostra salute.
Tenersi dentro pensieri, sentimenti e ricordi di quanto accaduto aumenta il rischio di incorrere in disagi più o meno gravi.
La scrittura però non è solo un modo catartico di buttare fuori un peso, ma è una traduzione in un altro linguaggio, un'operazione di modellamento creativo, un modo di governare ciò che abbiamo dentro attraverso il medium della scrittura.
Il primo effetto del raccontare in forma scritta i propri pensieri ansiogeni è il rilassamento fisico e il riequilibrio del livello di stress.
La sensazione di poter in qualche modo influire sugli effetti patogeni delle proprie ansie attraverso la scrittura, riduce il rischio di forme depressive, oltre a migliorare in generale la propria consapevolezza cognitiva.
Ma è col tempo che viene il bello: scrivere, ritornando più volte sullo stesso tema, accresce la comprensione di quanto ci è accaduto e di chi siamo, due caratteristiche che aprono la porta alla salute mentale.
Tenersi dentro pensieri, sentimenti e ricordi di quanto accaduto aumenta il rischio di incorrere in disagi più o meno gravi.
La scrittura però non è solo un modo catartico di buttare fuori un peso, ma è una traduzione in un altro linguaggio, un'operazione di modellamento creativo, un modo di governare ciò che abbiamo dentro attraverso il medium della scrittura.
Il primo effetto del raccontare in forma scritta i propri pensieri ansiogeni è il rilassamento fisico e il riequilibrio del livello di stress.
La sensazione di poter in qualche modo influire sugli effetti patogeni delle proprie ansie attraverso la scrittura, riduce il rischio di forme depressive, oltre a migliorare in generale la propria consapevolezza cognitiva.
Ma è col tempo che viene il bello: scrivere, ritornando più volte sullo stesso tema, accresce la comprensione di quanto ci è accaduto e di chi siamo, due caratteristiche che aprono la porta alla salute mentale.
sabato 4 agosto 2012
Un'estate felice?
Con l'afa che non dà tregua, tutti ci apprestiamo a raggiungere località di vacanza nelle quali rigenerarci da un anno di lavoro e impegni, per tornare rilassati, abbronzati, ricchi di nuove esperienze, felici.
Felici?
Sai, quando torni da una vacanza ti chiedono com'è stato? Ti è piaciuto?
E tu rispondi col pilota automatico bello, sì, mi è piaciuto.
Ma sai davvero definire in che senso è stato bello, ti è piaciuto, in che termini esattamente si è trattato di un'esperienza felice?
Naturalmente, il discorso non vale solo per le vacanze estive ma le domande sul senso della felicità restano valide 365 giorni all'anno.
Come facciamo a misurare la felicità?
Felici?
Sai, quando torni da una vacanza ti chiedono com'è stato? Ti è piaciuto?
E tu rispondi col pilota automatico bello, sì, mi è piaciuto.
Ma sai davvero definire in che senso è stato bello, ti è piaciuto, in che termini esattamente si è trattato di un'esperienza felice?
Naturalmente, il discorso non vale solo per le vacanze estive ma le domande sul senso della felicità restano valide 365 giorni all'anno.
Come facciamo a misurare la felicità?
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