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Visualizzazione post con etichetta Sigmund Freud. Mostra tutti i post
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venerdì 16 maggio 2014

Rido dunque sono

Ti piace ridere?

Già intuisci il trabocchetto, come può farmi una domanda dalla risposta così ovvia? Dove vuole andare a parare?

Sarò più preciso: ti piace di più che gli altri ridano con te o che ridano di te?

Ah, ecco la magagna! Se rispondo che preferisco il primo caso passerò per quello che si prende troppo sul serio, e se rispondo col secondo caso mi metterà alla prova per verificare!

A questo punto, potrei anche chiuderla qui, dato che la questione gira tutta attorno a queste riflessioni.

Crescendo, aumentano le probabilità di provare gusto a ridere con gli altri di sé stessi.

Contro la malattia del prendersi troppo sul serio, dell'arroccarsi in una posizione altera, non c'è medicina più efficace del ridere di sé.

Ma... ci sono due ma.

Primo: ma non è affatto semplice acquisire questa capacità.

Secondo: ma non è affatto sicuro che si tratti di una capacità acquisita una volta e per tutte.

Infatti, se arrivare a ridere di sé stessi significa passare attraverso l'inferno del sentirsi derisi, credere di essersi salvati in qualche modo è una pena ancor più grande.

I sintomi del male sono chiari: sentirsi al di sopra degli altri, eccezionali, saggi, consapevoli, meritevoli, in grado di giudicare.

La cura è un po' più lunga, tutto sta a cominciare...

sabato 28 settembre 2013

Che cosa avrebbe pensato Freud di Guido Barilla?

Che Freud avesse ragione, l'ho ripetuto più volte in questo blog.

Che però la conferma definitiva arrivasse dall'intervista di Guido Barilla a La zanzara non credo se lo sarebbe mai aspettato neanche lui.

Infatti, il padre di tutti coloro che hanno qualche interesse verso ciò che accade nella mente umana ha sostenuto in diversi modi che l'essere umano spesso mostra avversione verso le cose che maggiormente brama, e che per qualche motivo non si può permettere di avere.

Se Freud ha ragione, allora forse gli uomini che mostrano più avversione verso l'omosessualità hanno in realtà il maggior grado di desiderio omosessuale verso altri uomini.

mercoledì 1 maggio 2013

Quando il gioco si fa duro...

Un uomo - ma potrei dire una donna - lascia il suo ufficio - o qualsiasi altro posto di lavoro - dicendo al suo capo o ai suoi colleghi che deve sbrigare importanti faccende familiari.

In realtà, usa le ore restanti della giornata a caccia di emozioni rischiose.

Non è la prima e unica volta.

Trova sempre l'occasione per fare giochi d'azzardo: acquista biglietti di lotterie istantanee o a estrazione, scommette su eventi sportivi, carica e scarica la carta di credito fatta apposta dallo Stato, e se ha internet si concede anche qualche gioco online.

A poco a poco, il gioco d'azzardo diventa l'obiettivo principale delle sue ore del brivido.

E le bugie su dove va e su dove finiscono i suoi soldi aumentano a dismisura.

Il suo comportamento sembra indicare un disturbo ossessivo compulsivo che, come una spirale fuori controllo, lo porta ad abusare della fiducia di familiari e conoscenti, rovinando la sua posizione e il suo futuro.

Se questo comportamento sia davvero patologico - come affermano nell'ultimo DSM - richiede le classiche molle, prima di dirlo.

giovedì 24 gennaio 2013

Un consiglio? Niente consigli!

I problemi, come le gioie, riempiono le nostre giornate e guai se non fosse così.

Non so se quando attraversi momenti di gioia cerchi un'altra persona con cui condividerli.

Sono quasi sicuro però che, nell'imbatterti in problemi, ti sarà capitato di cercare qualcuno cui chiedere consiglio.

Un litigio con i vicini, uno screzio coniugale, una crisi sul lavoro, qualche malanno, le finanze che scarseggiano e i figli che crescono e non sono più gli stessi...

Sono innumerevoli le piccole e grandi questioni da affrontare, sulle quali a volte qualche buon consiglio spassionato potrebbe rivelarsi decisivo.

Ma come puoi sapere chi sarà la persona in grado di darti quello giusto?

venerdì 30 marzo 2012

Formazione reattiva: quando l'apparenza inganna

Tra i meccanismi di difesa individuati da Freud in poi in ambito psicoanalitico, uno dei più diffusi è senz'altro la formazione reattiva.

Con questo meccanismo, l'Io trasforma sentimenti difficili da accettare in qualcosa di più gestibile, semplicemente pigiando l'acceleratore sul contrario del sentimento sgradevole.

Adottando in maniera esagerata il comportamento opposto a quello temuto, in una sorta di scaramanzia mentale, l'individuo cerca di conservare il suo equilibrio.

Un alcolista che decanta le lodi dell'astinenza, un ricco che organizza eventi a favore dei poveri, un padre assente che torna con gesti eclatanti prima di una nuova sparizione, una persona arrabbiata che si esprime con calma controllata, sono tutti esempi di formazione reattiva in corso.

domenica 26 febbraio 2012

Ricorrenze/2: John Bowlby

Durante i miei studi per diventare counselor feci presto a innamorarmi di Bowlby perché per me rappresentava il punto di svolta definitivo tra l'epoca freudiana e i nuovi corsi della psicologia applicata.

Nato il 26 febbraio del 1907, John Bowlby si presentò a trentatré anni alla società psicoanalitica britannica con un'idea molto innovativa, che suscitò non poche reazioni, in primis da parte di Melanie Klein.

Partendo dagli studi sull'imprinting di Lorenz, Bowlby ipotizzò che le condizioni ambientali dei primissimi anni di vita - e non le fantasie e le elaborazioni psichiche - determinassero i futuri modelli comportamentali del bambino prossimo adulto disturbato.

Siamo sempre nel paradigma del passato che spiega il presente, ma lo psicoanalista britannico sposta il focus dalla dimensione interiore dell'individuo a quella esteriore.

Tutti gli approcci psicologici che compiono questo coraggioso atto epistemologico, da una parte si avvicinano alla possibilità di interventi più concreti nella vita delle persone, e dall'altra si espongono al facilissimo rischio di colpevolizzare condizioni di vita o addirittura persone che determinerebbero i disagi.

Poiché l'equazione infanzia difficile=disturbo psichico era ormai consolidata, la teoria di Bowlby individuava nella madre o nella figura genitoriale di riferimento la discriminante per la buona o cattiva riuscita della stessa infanzia.

domenica 29 gennaio 2012

Ricorrenze/1: Carl Rogers



Era l'8 gennaio del 1902, quando Carl R. Rogers venne alla luce.

Dopo centodieci anni, le conseguenze del suo lavoro hanno ancora un'eco intensa e destinata a permanere.

Sebbene il comportamentismo sia stato il primo grande approccio capace di contrastare il predominio intellettuale della psicoanalisi, la psicologia centrata sulla persona di Rogers ha fatto da terzo incomodo, incuneandosi tra i due modelli e contribuendo ad ampliare ciò che sappiamo sugli uomini e su come aiutarli a realizzarsi.

La prima grande differenza tra la psicologia rogersiana e quella freudiana è l'enfasi sulla persona sana e non su quella malata (di che cosa, poi, non era chiarissimo neanche a Freud).

Rogers tuttavia prese ancor più le distanze da Skinner e compagni perché la sua era una psicologia interessata all'essere umano in quanto tale e non come fenomeno da osservare o topolino da stuzzicare.

Chi è, dunque, la persona sana, secondo la visione di Carl Rogers?

Giocando s'impara...

A gironzolare per il web a volte si fanno incontri felici.

Per chi vuole divertirsi con la psicologia e anche testare le proprie conoscenze basic, questo giochino è veramente ben fatto e consiglio a tutti di provarlo.

venerdì 10 giugno 2011

L'insuperabile Freud

La mia rottura con Freud è avvenuta sulla questione dell'invidia del pene, lui credeva che fosse limitata alle donne.

Anche a occhi chiusi si capisce che c'è Woody Allen dietro questa battuta sul padre della psicoanalisi, senza il quale la prima metà della carriera del regista americano non si sarebbe neanche sviluppata.

E se Freud fosse stato ancora vivo avrebbe detto che tutto l'armamentario umoristico usato contro le sue idee non è altro che una formazione reattiva: all'inquietudine suscitata dalle teorie dello scienziato austriaco, le persone rispondono con l'esatto contrario, ossia una gaia spensieratezza scaramantica.

Ma non è dei meccanismi di difesa che voglio parlare, bensì di una questione che nell'ambiente psichiatrico e psicoanalitico è stata toccata più volte negli ultimi decenni.

Che ne è del Super Io?

Sembra, infatti, che nelle nuove generazioni l'autocontrollo morale, il sentimento di vergogna, il concetto di autorità siano sempre meno presenti.

Questi tre fenomeni, e tutti i loro derivati, secondo Freud sono proprio determinati dal Super Io, per cui ci si chiede se nella mente - così com'è concepita dagli psicoanalisti - questa terza parte sia ancora quella che Freud ha provato a delineare, o se siamo di fronte a cambiamenti antropologici.

venerdì 28 gennaio 2011

I sogni son desideri...



Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo
Se non posso piegare le potenze superiori, smuoverò quelle infernali dell'Acheronte

Con questa citazione dall'Eneide di Virgilio, Sigmund Freud alla fine del 1899 apriva il suo L'interpretazione dei sogni, e indicava nella vita psichica notturna una delle vie maestre per accedere all'inconscio.

Infatti, per il fondatore della psicoanalisi, il sogno è un vissuto psichico vero e proprio, che ha quindi il carattere di un atto volitivo, sebbene non consapevole, da cui la sua affermazione che il sogno è la realizzazione di un desiderio.

lunedì 4 gennaio 2010

Relazioni: a tutta mente!


La mente in relazione

Negli anni cinquanta del Novecento avvenne la rivoluzione della Scuola di Palo Alto in California.

Per la prima volta la psicologia cercava di affermare il diritto del paziente ad affrancarsi dal passato e diventare protagonista della sua guarigione e il diritto del terapeuta a curare in modo attivo e influenzare il cambiamento nel paziente.

Ma cosa c'era prima di questo stravolgimento?

C'era una volta l'inconscio

Sembra la solita ironia del destino, ma i membri del gruppo di Palo Alto furono - senza saperlo - tra i più scrupolosi seguaci di Freud.

Il fondatore della psicoanalisi, infatti, aveva ampiamente sottolineato ne L'interpretazione dei sogni e nell'Introduzione alla psicoanalisi l'importanza della relazione con i genitori e la necessità dei terapeuti di occuparsi - prima o poi - delle famiglie e dell'ambiente sociale.

Il problema era non tanto Freud ma il freudismo o freudianesimo che dir si voglia.

La mente per Freud è sentimentale, una mente che "scrive" nella memoria il "diario" degli scambi affettivi con i propri cari, una mente in cui si dispiega il "romanzo" della vita del paziente a cui resta soltanto la possibilità di diventare il massimo studioso della sua stessa opera.

Ma il paziente del freudismo è autore di sé stesso solo a metà: egli si rende conto - col passare del tempo - di aver aggiunto "nuovi capitoli" ma non ha la più pallida idea di quando li ha scritti, perché a prendere in mano la penna è il suo inconscio, il ghost writer di sé stesso.