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sabato 8 giugno 2013
Il terzo giorno è risuscitato...
Più o meno tutti gli occidentali riconoscono questa frase come uno dei dogmi della dottrina cristiana, nelle sue varie declinazioni.
Ma non è di religione che voglio parlarti, sebbene sia mia intenzione sfruttare la suggestione di queste parole come trampolino di lancio per questo post.
Quante volte nella nostra vita abbiamo fantasticato una metaforica resurrezione da una condizione spiacevole?
C'è chi vuole smettere di fumare ma non si sente pronto.
Chi vorrebbe divorziare ma non crede di averne ancora la forza.
Chi non sopporta più il proprio lavoro e desidererebbe cambiare aria.
Queste dichiarazioni d'intento - pronunciate da noi o ascoltate da altri - più volte si affacciano nell'arco di una vita.
Peccato che, messe così, sono soltanto dimostrazioni di inerzia, di una distanza quasi incolmabile tra l'idea del cambiamento e la sua realizzazione.
Perché è così difficile mettere in atto i cambiamenti dei quali sentiamo il bisogno?
Se una persona giudica inaccettabile la situazione in cui si trova e riesce a vedere che cosa potrebbe cambiare, perché non lo fa e basta?
Forse la chiave sta proprio in quei tre giorni.
Credi che ti basteranno per risuscitare?
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martedì 19 febbraio 2013
Malati di Facebook?
Vite che crollano, ricoveri clinici, dalle cinque alle dieci ore davanti allo schermo, perdita del lavoro, insonnia, smartphone impazziti...
Queste e altre descrizioni fanno parte dei racconti delle persone che negli ultimi tempi chiedono aiuto psicologico - o vi sono costretti - a causa di Facebook.
O meglio, l'ipotesi che si fa è che l'uso di Facebook per queste e tante altre persone sparse nel mondo stia diventando una malattia.
Ma che cosa c'è di vero?
Me lo chiedo e te lo chiedo evitare che anche la paura di ammalarsi di socialnetworkite si trasformi in paranoia e generi una sorta di caccia alle streghe.
Intanto, nel mondo della psicologia circola già un piccolo test per misurare il grado di infezione da Facebook.
Sei domande, alle quali rispondere con una scala di risposte: molto raramente, raramente, qualche volta, spesso, quasi sempre.
Le risposte vanno date in riferimento all'ultimo anno.
Ed ecco le domande:
Queste e altre descrizioni fanno parte dei racconti delle persone che negli ultimi tempi chiedono aiuto psicologico - o vi sono costretti - a causa di Facebook.
O meglio, l'ipotesi che si fa è che l'uso di Facebook per queste e tante altre persone sparse nel mondo stia diventando una malattia.
Ma che cosa c'è di vero?
Me lo chiedo e te lo chiedo evitare che anche la paura di ammalarsi di socialnetworkite si trasformi in paranoia e generi una sorta di caccia alle streghe.
Intanto, nel mondo della psicologia circola già un piccolo test per misurare il grado di infezione da Facebook.
Sei domande, alle quali rispondere con una scala di risposte: molto raramente, raramente, qualche volta, spesso, quasi sempre.
Le risposte vanno date in riferimento all'ultimo anno.
Ed ecco le domande:
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lunedì 30 luglio 2012
Il mensile di Studialamente: luglio 2012
Il diavolo fa le pentole...
E i coperchi dei monsignori sono una vera schifezza.
Al di là della battuta, quanto accaduto nell'intervista al vescovo d'Isernia, la cui ignoranza abissale gli ha fatto dire cose irripetibili sulla sindrome di Down, ci dice a che punto siamo nello sviluppo culturale, civile, sociale e mentale.
Oltre all'indignazione, ne ho parlato perché anche il cattolicesimo, come tutte le pratiche degenerate dalle religioni, pesca a piene mani nei sentimenti della gente in cerca di spiegazioni facili e di qualche pittoresco protettore che li guidi verso la luce.
Qui trovi sia la videointervista che le mie riflessioni.
Salvaci dalla tecnologia!
Quando si è nell'occhio del ciclone non ci si può accorgere del suo potere devastante.
Allo stesso modo, siamo così immersi nella tecnologia e circondati da apparecchiature che solo fino a pochi anni fa si potevano trovare nei romanzi di fantascienza, da non renderci conto di quanto ci stanno influenzando.
Non possiamo sapere come evolverà la situazione, però possiamo chiederci di che tipo di tecnologite ci stiamo ammalando, leggendo questo post.
Psicologo o counselor, vostro onore?
Ormai dobbiamo rivolgerci al giudice anche per farci aiutare a scegliere da quale professionista dell'aiuto dobbiamo andare.
L'ordine degli psicologi della Lombardia infatti ha battuto anche in appello alcuni dei suoi stessi membri colpevoli di diffondere il counseling, contrariamente a quanto prescritto dal codice deontologico.
Ma è solo una questione di codicilli o ci sono ragioni più potenti dietro questo scontro?
E soprattutto, quali garanzie hanno i cittadini quando si recano da un presunto specialista?
Scoprilo in questo articolo.
Una mente mangia-storie
Siamo ancora lontanissimi dalla piena comprensione di quanto accade nel nostro cervello.
Per questo, studi diversissimi e interessantissimi si alternano nell'attacco al pieno svelamento di quanto abbiamo nella testa.
Studi recenti sul funzionamento dei neurotrasmettitori in relazione alla lettura di romanzi, all'ascolto di storie o alla visione di film mostrano risultati sorprendenti.
Grazie alle storie, il cervello infatti è in grado di compiere tutto il lavoro di cui ha bisogno, senza tuttavia tradurlo in azione concreta (cosa che comporterebbe un dispendio eccessivo di energie).
In pratica, il cervello ha bisogno di lavorare molto più di quanto il corpo sia in grado di garantirgli, per questo, grazie alle storie, la materia grigia si sazia a sufficienza, come puoi leggere qui.
Bambini soli o bambini abbandonati?
Nell'ultimo spot dell'AiBi sembra che questi due concetti siano intercambiabili.
In realtà, la condizione d'abbandono dei bambini nei paesi meno sviluppati, che l'associazione cerca di inserire in programmi d'adozione, non c'entra nulla con la condizione sentimentale di solitudine che certi bambini con entrambi i genitori possono provare per mancanza di cure e vicinanza emotiva.
Ma nel loro spot le due cose si sovrappongono: vieni a scoprire in che modo e con quali conseguenze.
Pazzo sì, ma fesso no!
Diceva un vecchissimo spot su una marca di caffè.
Lo slogan si potrebbe adattare per l'imminente uscita del DSM V, il nuovissimo manuale crea-patologie a disposizione di tutti gli psichiatri dalla ricetta facile (e di tutti gli insegnanti e gli educatori incapaci).
Il mondo è nettamente diviso su questo tema: da una parte i professionisti dell'aiuto che ravvisano la totale inadeguatezza del sistema diagnostico del manuale, dall'altro l'APA e i suoi ambigui rapporti con le grandi case farmaceutiche.
In questo articolo puoi capire perché il DSM non può funzionare e qual è l'alternativa.
E i coperchi dei monsignori sono una vera schifezza.
Al di là della battuta, quanto accaduto nell'intervista al vescovo d'Isernia, la cui ignoranza abissale gli ha fatto dire cose irripetibili sulla sindrome di Down, ci dice a che punto siamo nello sviluppo culturale, civile, sociale e mentale.
Oltre all'indignazione, ne ho parlato perché anche il cattolicesimo, come tutte le pratiche degenerate dalle religioni, pesca a piene mani nei sentimenti della gente in cerca di spiegazioni facili e di qualche pittoresco protettore che li guidi verso la luce.
Qui trovi sia la videointervista che le mie riflessioni.
Salvaci dalla tecnologia!
Quando si è nell'occhio del ciclone non ci si può accorgere del suo potere devastante.
Allo stesso modo, siamo così immersi nella tecnologia e circondati da apparecchiature che solo fino a pochi anni fa si potevano trovare nei romanzi di fantascienza, da non renderci conto di quanto ci stanno influenzando.
Non possiamo sapere come evolverà la situazione, però possiamo chiederci di che tipo di tecnologite ci stiamo ammalando, leggendo questo post.
Psicologo o counselor, vostro onore?
Ormai dobbiamo rivolgerci al giudice anche per farci aiutare a scegliere da quale professionista dell'aiuto dobbiamo andare.
L'ordine degli psicologi della Lombardia infatti ha battuto anche in appello alcuni dei suoi stessi membri colpevoli di diffondere il counseling, contrariamente a quanto prescritto dal codice deontologico.
Ma è solo una questione di codicilli o ci sono ragioni più potenti dietro questo scontro?
E soprattutto, quali garanzie hanno i cittadini quando si recano da un presunto specialista?
Scoprilo in questo articolo.
Una mente mangia-storie
Siamo ancora lontanissimi dalla piena comprensione di quanto accade nel nostro cervello.
Per questo, studi diversissimi e interessantissimi si alternano nell'attacco al pieno svelamento di quanto abbiamo nella testa.
Studi recenti sul funzionamento dei neurotrasmettitori in relazione alla lettura di romanzi, all'ascolto di storie o alla visione di film mostrano risultati sorprendenti.
Grazie alle storie, il cervello infatti è in grado di compiere tutto il lavoro di cui ha bisogno, senza tuttavia tradurlo in azione concreta (cosa che comporterebbe un dispendio eccessivo di energie).
In pratica, il cervello ha bisogno di lavorare molto più di quanto il corpo sia in grado di garantirgli, per questo, grazie alle storie, la materia grigia si sazia a sufficienza, come puoi leggere qui.
Bambini soli o bambini abbandonati?
Nell'ultimo spot dell'AiBi sembra che questi due concetti siano intercambiabili.
In realtà, la condizione d'abbandono dei bambini nei paesi meno sviluppati, che l'associazione cerca di inserire in programmi d'adozione, non c'entra nulla con la condizione sentimentale di solitudine che certi bambini con entrambi i genitori possono provare per mancanza di cure e vicinanza emotiva.
Ma nel loro spot le due cose si sovrappongono: vieni a scoprire in che modo e con quali conseguenze.
Pazzo sì, ma fesso no!
Diceva un vecchissimo spot su una marca di caffè.
Lo slogan si potrebbe adattare per l'imminente uscita del DSM V, il nuovissimo manuale crea-patologie a disposizione di tutti gli psichiatri dalla ricetta facile (e di tutti gli insegnanti e gli educatori incapaci).
Il mondo è nettamente diviso su questo tema: da una parte i professionisti dell'aiuto che ravvisano la totale inadeguatezza del sistema diagnostico del manuale, dall'altro l'APA e i suoi ambigui rapporti con le grandi case farmaceutiche.
In questo articolo puoi capire perché il DSM non può funzionare e qual è l'alternativa.
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mercoledì 4 luglio 2012
Test: soffri di "tecnologite" acuta?
Avrai già intuito dove voglio andare a parare: sei capace di staccare dal tuo cellulare, dal PC, dal portatile, dal tablet, persino dall'mp3?
Naturalmente non voglio predicare di staccarci per sempre da tutto ciò, quando il mondo intorno a noi è interamente digitale.
Tuttavia, non è certo sano restare connessi 24 ore al giorno 7 giorni su 7.
Se sei un padreterno della tecnologia e la usi alla grande per il tuo lavoro, è comprensibile che tu ne faccia un uso abbondante.
Se però tutti i tuoi clic non stanno migliorando la qualità della tua vita, forse ti stai ammalando di "tecnologite".
E quando dico ammalando non intendo solo psicologicamente: in realtà, l'uso di questi strumenti che ormai affastellano le nostre vite produce gli stessi effetti neurochimici in termini di stimolo dopaminico di alcool, droga, sesso compulsivo e gioco d'azzardo.
Saper staccare dalla rete nella quale siamo intrappolati comporta innanzitutto un guadagno in termini di tempo libero.
Un tempo che potrai usare per migliorare le tue attività, per avere più condivisione con i tuoi familiari e i tuoi cari, per vivere con loro esperienze divertenti e di conseguenza accrescere la soddisfazione per le tue relazioni.
Allora: vuoi scoprire se sei a rischio o no?
Naturalmente non voglio predicare di staccarci per sempre da tutto ciò, quando il mondo intorno a noi è interamente digitale.
Tuttavia, non è certo sano restare connessi 24 ore al giorno 7 giorni su 7.
Se sei un padreterno della tecnologia e la usi alla grande per il tuo lavoro, è comprensibile che tu ne faccia un uso abbondante.
Se però tutti i tuoi clic non stanno migliorando la qualità della tua vita, forse ti stai ammalando di "tecnologite".
E quando dico ammalando non intendo solo psicologicamente: in realtà, l'uso di questi strumenti che ormai affastellano le nostre vite produce gli stessi effetti neurochimici in termini di stimolo dopaminico di alcool, droga, sesso compulsivo e gioco d'azzardo.
Saper staccare dalla rete nella quale siamo intrappolati comporta innanzitutto un guadagno in termini di tempo libero.
Un tempo che potrai usare per migliorare le tue attività, per avere più condivisione con i tuoi familiari e i tuoi cari, per vivere con loro esperienze divertenti e di conseguenza accrescere la soddisfazione per le tue relazioni.
Allora: vuoi scoprire se sei a rischio o no?
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mercoledì 27 giugno 2012
Il mensile di Studialamente: Giugno 2012

Non ti sto invitando a tornare sui libri di storia, non preoccuparti.
In realtà, ci diciamo persone indipendenti quando, a ben vedere, molte sono le bazzecole in gradi di schiavizzarci.
E sono cose di poco conto, per questo non ci facciamo neanche più caso e siamo incatenati e contenti (ma anche no).
Scopri le dipendenze subdole e comincia subito a liberartene.
Che cosa vuol dire pensare
Non parlo qui del fenomeno spontaneo nel quale la nostra mente produce idee, le collega, le mescola, le cancella per poi ricominciare di nuovo senza tregua.
Pensare criticamente vuol dire esercitare una disciplina sui nostri processi cognitivi, allo scopo di raggiungere un obiettivo definito.
In questo post, tutti i segreti per usare il pensiero critico.
Mi aiuto da me
Sembra questo il motto alla base della mania di molte persone di acquistare libri e manuali che promettono di cambiare le nostre vite, risolvere finalmente annosi problemi o alleggerire il nostro senso di colpa per potercene finalmente fregare di tutto.
Ma i manuali di autoaiuto servono veramente?
Come si fa a scegliere quello giusto?
Leggere ci permetterà sul serio di realizzare tutto ciò che essi dichiarano di poter fare per noi?
Scoprilo, in questo post adesso.
Potenza della prima persona singolare
La gran parte dei nostri scontri con altre persone spesso è imputabile alla... grammatica!
Tendiamo sempre a parlare agli altri usando il tu, e quindi ribadendo e sottolineando che cosa l'altro ha detto o fatto, generando in lei o in lui il desiderio di riscattarsi per ributtarci addosso, a sua volta, le sue opinioni, accuse o attacchi su ciò che noi abbiamo fatto.
Per uscire da questo perverso gioco di comunicazione c'è l'Io messaggio: scoprine qui tutti i vantaggi.
A volte ritornano
Non tutte le separazioni restano tali.
Oggi, grazie alla maggiore facilità con la quale ricorriamo ai professionisti dell'aiuto, molte coppie in crisi riescono a tornare insieme, o almeno ci provano, facendosi accompagnare da un terapeuta nella ricostruzione della loro relazione.
Funziona?
Che cosa veramente stanno chiedendo i partner quando si rivolgono a un professionista?
Come fare questo percorso nel modo migliore?
Clicca qui per sapere come ricostruire la tua relazione incrinata.
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giovedì 7 giugno 2012
Dipendenze subdole: qual è la tua?
La parola dipendenza fa subito scattare l'associazione con fumo, alcool, stupefacenti e altre sostanze in grado di alterare i nostri stati.
Non è di questo che voglio parlare.
Se quelle dipendenze provocano un danno più o meno diretto sulla tua salute psico-fisica, ci sono altre dipendenze che ti allontanano da ciò che è meglio per te.
Una marea di abitudini e comportamenti sono in agguato, pronti ad assorbire il nostro tempo e le nostre energie, senza darci nulla di concreto in cambio.
Perché definirle dipendenze?
Perché, anche se tu lo negherai fino alla fine, esse ti privano del controllo, occupano ogni tuo momento potenzialmente creativo, ti succhiano l'energia fino all'ultima goccia.
Sebbene la schiavitù sia stata (quasi del tutto) abolita, dev'esserci qualche errore di fabbricazione nel progetto umano, che ci spinge verso comportamenti e abitudini in grado di schiavizzarci.
E funzionano esattamente come quelle sostanze in grado di creare dipendenze ben più serie: smettere di seguirle è difficilissimo.
Non è di questo che voglio parlare.
Se quelle dipendenze provocano un danno più o meno diretto sulla tua salute psico-fisica, ci sono altre dipendenze che ti allontanano da ciò che è meglio per te.
Una marea di abitudini e comportamenti sono in agguato, pronti ad assorbire il nostro tempo e le nostre energie, senza darci nulla di concreto in cambio.
Perché definirle dipendenze?
Perché, anche se tu lo negherai fino alla fine, esse ti privano del controllo, occupano ogni tuo momento potenzialmente creativo, ti succhiano l'energia fino all'ultima goccia.
Sebbene la schiavitù sia stata (quasi del tutto) abolita, dev'esserci qualche errore di fabbricazione nel progetto umano, che ci spinge verso comportamenti e abitudini in grado di schiavizzarci.
E funzionano esattamente come quelle sostanze in grado di creare dipendenze ben più serie: smettere di seguirle è difficilissimo.
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