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Visualizzazione post con etichetta mente. Mostra tutti i post
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mercoledì 10 dicembre 2014

Linguaggio e verità: guida al traduttore simultaneo della nostra mente

Non si può pensare bene finché non si riconosce la più grande distrazione dal pensare bene: il bisogno di essere nel giusto.

Pensare bene vuol dire riconoscere sé stessi.

Corriamo sempre il rischio di piegarci verso le idee che ci fanno sentire bene, piuttosto che avventurarci nell'esplorazione di quelle idee  -a volte più vere - che ci mettono a disagio.

La verità si fa scorgere solo da occhi non offuscati dai desideri, soprattutto da quello di sentirsi bravi e perfetti.

Per evitare la distrazione verso l'autocompiacimento, dobbiamo prendere coscienza del vocabolario con il quale ci raccontiamo le nostre verità, tenendo ben presente quant'è ricco e carico il linguaggio.

domenica 30 dicembre 2012

Ecco che cosa puoi fare per un 2013 al massimo

Con l'approssimarsi del nuovo anno, nella testa di ognuno di noi scattano pensieri grandiosi su ciò che potremmo fare nell'anno a venire, affinché dopo 365 giorni si possa dire che è stato meglio del precedente.

Chi vuol dimagrire, chi insegue un generico benessere, chi vuol pensare di più a sé, e chi si attesta su questioni materiali concentrandosi sulla gestione delle finanze o su progetti d'investimento.

La fregatura di questo genere di promesse a noi stessi è che quel potremmo fare nell'anno a venire viene vissuto come un dovremo fare.

Purtroppo, la mente umana ci mette un secondo a farsi promesse e pochi centesimi del medesimo a non mantenerle.

Questo tipo d'impegni sono troppo vasti per non generare la paura di non poterli rispettare.

Spesso si tratta d'impegni che coprono addirittura l'intero arco dell'anno a venire, o sue porzioni considerevoli.

Un po' come fanno gli oroscopi che ci dicono come sarà il nostro nuovo anno o come vivremo in ognuna delle quattro stagioni.

È una trappola, e l'unico modo di non caderci è saltare il fosso, cioè non concentrarsi su che cosa potremmo fare l'anno prossimo, ma accrescere la nostra consapevolezza adesso, su ciò che siamo stati o su ciò che potremmo essere ben oltre l'anno a venire.

giovedì 13 dicembre 2012

Pronti per la fine del mondo?

Non posso credere che tu non lo sappia.

Il mondo è in procinto di finire.

La data è il 21 dicembre, l'ultimo giorno del calendario Maya, e se l'hanno detto loro...

Qualcuno dirà che si tratta di una semplice fobia, di quelle che colgono piuttosto frequentemente il genere umano.

Sono d'accordo, al punto che ti dico che non c'è requia: anche sopravvivendo al 21 dicembre, dopo appena dieci giorni saremo nel duemila... TREDICI!

Fa ridere, forse, ma la superstizione sul numero 13 è talmente diffusa che dalla numerazione stradale, a quella degli ascensori, fino alle operazioni per schedulare - è una parola tremenda, lo so, ma si dice così - i voli, quasi tutti escludono questo numero.

Ma la storia è vecchia.

mercoledì 9 maggio 2012

Ricorrenze/3: Gregory Bateson



  9 maggio: non posso saltare questo appuntamento.

In fondo, se questo blog esiste lo devo al mio incontro folgorante con Gregory Bateson, di cui ricorre oggi l'anniversario di nascita.

E se il titolo che ho dato invita a studiare la mente, non intendo solo la mente dell'individuo, intesa come quel misto di pensieri, memorie, linguaggi e percezioni sensoriali.

La mente cui mi riferisco è quella che risponde alla definizione data dal grande antropologo: un'insieme di parti che interagiscono, dal tuo occhio allo schermo, dalle parole che leggi alle mie dita che le scrivono, fino all'immagine che reciprocamente ci facciamo l'uno dell'altro, tu di me che scrivo e io di te che leggi dall'altra parte.

Relazioni, non cose.

Quel che resta di Bateson oggi è il grande lavoro che sua figlia Nora sta facendo grazie al film documentario su suo padre, il nome Bateson nelle bibliografie di quelli che sono saltati sul suo carro vincente, e il ricordo di chi nel silenzio ha saputo comprenderne l'importanza storica.

lunedì 23 aprile 2012

Mente e tecnologia: verso una nuova specie?

Se io dicessi che amo le cose naturali e che vedo nella tecnologia un potenziale pericolo evolutivo, cadrei in una contraddizione notevole.

Per dire quello che penso, infatti, sono il primo a servirmi di quella stessa tecnologia il cui lato oscuro trovo biasimevole.

Quando in Italia arrivarono i primi Commodore, ebbi la fortuna di vederne immediatamente gli esemplari perché mio padre comprese subito quanto gli sarebbero stati utili per il suo lavoro di contabile.

Da quel giorno degli anni ottanta, ho visto passare nella mia casa più computer di quanti possa ricordare, e le loro prestazioni rasentare la magia.

Per non parlare di quella specie di sarcofago che fu il primo telefonino (anzi, telefonone!) cellulare che sempre mio padre prese, stavolta senza la vera necessità.

Qui devo dire che sono stato più rapido di lui nell'impratichirmi e fui io a guidare i suoi successivi acquisti.

Oggi, in casa, ho due computer attivi, uno portatile, altri tre spenti perché più obsoleti ma comunque funzionanti, e due telefonini.

Ho puntato in maniera decisa sulla comunicazione digitale, anche per le mie professioni e per le mie passioni.

Eppure...

giovedì 10 marzo 2011

Ricordati di dimenticare!

Oppure dimenticati di ricordare?

Fatto sta che la memoria, pur accompagnandoci per tutta la vita, diventa un fatto rilevante quando l'invecchiamento comincia a modificarla, rendendoci evidente la sua presenza.

Per non arrivare impreparati, ecco sette caratteristiche curiose e istruttive su questo importantissimo processo cognitivo.

lunedì 17 gennaio 2011

Cervello vs. mente: dov'è la verità?

La mente è diversa dal cervello, almeno quanto la psicologia lo è dalla biologia.

Sebbene i processi mentali siano associati ad altri processi di natura neurologica e biochimica, negli ultimi anni si è diffusa la tendenza a presentare, tramite i mass media, l'associazione tra i due sistemi come correlata da un rapporto di causalità - in cui i cambiamenti biochimici causano esperienze psicologiche - o come una identità assoluta, in cui mente e cervello sono in realtà la stessa cosa.

La crescita e la diffusione delle misurazioni psicofisiologiche come la risonanza magnetica funzionale, la tomografia ad emissione di positroni, l'elettroencefalografia, la magnetoencefalografia o il neuroimaging funzionale ci ha quasi abituati a sentir dire che l'aspetto biologico determina - o comunque sovrasta - gli eventi psicologici.

Per esempio, nei telegiornali, quando si citano casi di reati o fatti incresciosi commessi da persone con diagnosi psichiatrica ci si riferisce a loro come portatori di "malattie" chiamate depressione o schizofrenia.

Non ascoltiamo però mai l'altra campana, quella di chi con le persone che sarebbero affette da queste presunte "malattie" ci lavora ogni giorno per migliorarne la condizione, quella di chi scopre che spesso sono i condizionamenti ambientali e sociali a bloccare il "funzionamento" della persona, che inspiegabilmente migliora o "guarisce" proprio grazie alle modifiche nelle condizioni di vita, e non certo della chimica del cervello.

Naturalmente non ho intenzione di fare una "crociata" contro la psichiatria, i farmaci, le strutture di accoglienza e quant'altro perché non è quello il problema.

La questione è la correttezza dell'informazione: quando la voce del giornalista al tg associa le parole malattia e depressione commette un errore scientifico, esattamente come quando ci dicono di aver scoperto il gene che causa o fornisce una determinata caratteristica all'essere umano.

Si tratta di un errore perché in realtà non siamo ancora arrivati né a stabilire una associazione così stretta tra processi biochimici ed eventi psicologici né tantomeno a stabilire se sia nato prima l'uovo o la gallina, cosa che non scopriremo probabilmente mai, come non sapremo mai come sia nato questo universo.

Eppure le risposte certe degli scienziati in merito al rapporto tra mente e cervello sono state date: certo, non sono così affascinanti come quelle sbandierate dai tg, non sono così filo-farmacologiche, non ci permettono di situare il problema nel presunto "malato", anzi, ci fanno sospettare che spesso questo "malato" potrebbe essere vittima di un gioco troppo complesso e perverso.

Cosa dice dunque la scienza attuale?

sabato 28 novembre 2009

La libertà di decidere verità o illusione?


La decisione è uno dei procedimenti più articolati e complessi che la nostra mente possa realizzare: nell'atto del decidere la mente confronta enormi quantità di dati provenienti dal mondo esterno con altrettante quantità di previsioni da lei stessa elaborate.

Durante le nostre giornate facciamo continua esperienza di due tipi di decisioni:
  1. in alcuni casi ci chiediamo quali vantaggi e quali svantaggi ricaveremmo da una nostra azione, quali punti di forza e quali freni hanno le possibilità tra le quali potremmo scegliere per arrivare all'opzione più conveniente: si tratta di scelte meditate.
  2. In altri casi adottiamo determinate azioni, compiamo certi gesti, eseguiamo precise procedure senza che la nostra mente controlli passo dopo passo queste azioni, questi gesti e queste procedure, come accade nei più elementari comportamenti motori o anche in sequenze complesse come preparare il caffè o guidare: si tratta di scelte automatiche.
Mentre la scelta meditata richiede un nuovo esame per ogni nuova decisione e ha una bassa prevedibilità, la scelta automatica si fonda sulle abitudini e ha un'alta prevedibilità.

Questo è un bene: se dovessimo impiegare tempo ed energia per decidere ogni mattina con quale piede scendere dal letto probabilmente prima di mezzogiorno saremmo sfiniti!

Le scelte automatiche funzionano però solo in situazioni che non richiedono l'investimento della propria identità, autostima e valore personale ma ad alcune persone può accadere, in momenti di particolare sensibilità e fragilità, di caricare di tensione le più piccole azioni come infilare una gamba nei pantaloni o girare la manopola di un rubinetto.

Come mai accade questo?

mercoledì 7 ottobre 2009

Studiare la mente: i sei criteri di un grande maestro

Per studiare la mente bisognerebbe partire da una definizione precisa.

Ma si può definire con chiarezza cosa sia la mente?

Nel mondo delle scienze “forti”, prevale l'idea che la mente sia una “conseguenza” delle funzioni cerebrali, determinata dall'attività elettrica del cervello.

Nel mondo delle scienze umane, quelle definite per contrasto “deboli”, troviamo disparate descrizioni: il computer dell'essere umano, l'elaboratore di pensieri, concetti, immagini, sensazioni, la parte intuitiva e sensibile delle persone, o addirittura un'entità dotata di esistenza autonoma, lo spirito.

Come scegliere tra queste definizioni?