Qualcuno ti ha appena attaccato o insultato, e prima di rendertene conto la tua pressione sta già schizzando.
In ogni tuo angolo, il rancore dilaga e la possibilità di conservare la calma si riduce sempre più.
Fai un bel respiro.
Poi, ti volti con un'espressione neutra, e dispieghi tutta la benevolenza possibile.
Per una volta, ti riesce di non contrattaccare.
Addirittura, ti esce una di quelle frasi grondanti di perdono e dignità.
Può essere?
Forse, e se quel perdono e quella benevolenza siano davvero sentiti importa poco, perché funziona.
Non solo l'altro si trova spiazzato, ma tu senti il senso di minaccia svanire, e la sicurezza su dove ti trovi crescere.
Da qui in poi, conservare la calma diventa sempre più facile, dopo la difficoltà iniziale a resistere alla spinta reattiva.
La fibrillazione iniziale che ti faceva traballare si muta in una solidità granitica che ti tiene in equilibrio.
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sabato 12 settembre 2015
giovedì 30 luglio 2015
Uomo: creatura razionale o razionalizzante?
Che ogni nostro pensiero, desiderio, gesto, abbia delle ricadute nel futuro - immediato o più lontano - è fuori di dubbio.
Ma che noi prestiamo davvero attenzione al fatto che la responsabilità di queste ricadute è sempre nostra è tutto da vedere.
Forse l'unico momento in cui davvero proviamo una consapevolezza solida delle conseguenze future è quando agiamo sotto l'azione dell'istinto di sopravvivenza e della paura.
Decenni di studi sul comportamento umano non sono riusciti a fare piena luce sulla difficoltà dell'uomo nel far andare a braccetto istinto e razionalità.
Anzi, gli studiosi si sono addirittura spartiti le discipline, così l'economia applicata al comportamento si è costruita partendo dall'idea di un uomo completamente razionale, mentre la piscologia nasce ufficialmente quando quel signore austriaco disse che in realtà noi non sappiamo mai che cosa facciamo e perché lo facciamo.
Così tutti abbiamo vissuto l'esperienza di pensare rapidamente e agire di conseguenza - rapidamente al punto da non definirlo nemmeno un pensare - accanto all'altra esperienza, quella di - provare a - meditare passo dopo passo, con lentezza, a che cosa ci conviene di più.
In genere, con la prima modalità di pensiero assolviamo ai desideri istintivi, di pancia; con il lento deliberare invece allunghiamo la prospettiva e cerchiamo di prendere decisioni a lungo termine.
Sapere che esistono questi due processi, e cercare di farli interagire sembra essere il tema principale di tutti i libri e i manuali che oggi puoi trovare in vendita, quelli che ti invitano a smettere di, o quelli che ti spronano a prendere la tua vita e... ma a ben vedere si tratta di un'interazione ardua, così questi stessi manuali finiscono per propendere ora verso un sonoro vaffa alla razionalità per esaltare l'istinto e liberarsi - ma da che? - e ora per mettere paletti alle intuizioni e passarle in processi meccanici di elaborazione per pensare - come? - e vivere meglio.
Se è così difficile far andare veramente di pari passo istinto e razionalità, forse è perché ci sfugge qualcosa.
Così, proviamo un attimo a mettere ordine tra tutti gli elementi in gioco, per vedere se ci riesce almeno di capire perché è così complicato.
Ma che noi prestiamo davvero attenzione al fatto che la responsabilità di queste ricadute è sempre nostra è tutto da vedere.
Forse l'unico momento in cui davvero proviamo una consapevolezza solida delle conseguenze future è quando agiamo sotto l'azione dell'istinto di sopravvivenza e della paura.
Decenni di studi sul comportamento umano non sono riusciti a fare piena luce sulla difficoltà dell'uomo nel far andare a braccetto istinto e razionalità.
Anzi, gli studiosi si sono addirittura spartiti le discipline, così l'economia applicata al comportamento si è costruita partendo dall'idea di un uomo completamente razionale, mentre la piscologia nasce ufficialmente quando quel signore austriaco disse che in realtà noi non sappiamo mai che cosa facciamo e perché lo facciamo.
Così tutti abbiamo vissuto l'esperienza di pensare rapidamente e agire di conseguenza - rapidamente al punto da non definirlo nemmeno un pensare - accanto all'altra esperienza, quella di - provare a - meditare passo dopo passo, con lentezza, a che cosa ci conviene di più.
In genere, con la prima modalità di pensiero assolviamo ai desideri istintivi, di pancia; con il lento deliberare invece allunghiamo la prospettiva e cerchiamo di prendere decisioni a lungo termine.
Sapere che esistono questi due processi, e cercare di farli interagire sembra essere il tema principale di tutti i libri e i manuali che oggi puoi trovare in vendita, quelli che ti invitano a smettere di, o quelli che ti spronano a prendere la tua vita e... ma a ben vedere si tratta di un'interazione ardua, così questi stessi manuali finiscono per propendere ora verso un sonoro vaffa alla razionalità per esaltare l'istinto e liberarsi - ma da che? - e ora per mettere paletti alle intuizioni e passarle in processi meccanici di elaborazione per pensare - come? - e vivere meglio.
Se è così difficile far andare veramente di pari passo istinto e razionalità, forse è perché ci sfugge qualcosa.
Così, proviamo un attimo a mettere ordine tra tutti gli elementi in gioco, per vedere se ci riesce almeno di capire perché è così complicato.
martedì 31 dicembre 2013
2014: manterrai le tue promesse?
Possiamo scherzarci su, e dire che le promesse per il nuovo anno finiscono la mattina del 1 gennaio.
La cosa interessante è che puntualmente le facciamo, con la stessa convinzione di poterle mantenere, e che ci sono ragioni legate al nostro funzionamento cognitivo per spiegare questo appuntamento fisso.
Nel periodo delle festività natalizie, proviamo tutti la sensazione di poter ripartire da zero, ed è una sensazione che si ripete anche in altri momenti dell'anno, come a inizio mese o - per alcuni - in concomitanza con certe ricorrenze quali compleanni o anniversari particolari.
In questi momenti, e con questa sensazione di freschezza, ci sentiamo più portati a impegnarci in comportamenti votati al miglioramento, all'elevazione, alla crescita.
Proprio in questi giorni, Google ci offre come ogni anno un vasto report per indagare sui trend di ricerca più eclatanti dell'anno appena trascorso.
Bene, con i dati dei motori della rete è possibile farsi un'idea più precisa del fenomeno promesse-di-cambiamento.
La cosa interessante è che puntualmente le facciamo, con la stessa convinzione di poterle mantenere, e che ci sono ragioni legate al nostro funzionamento cognitivo per spiegare questo appuntamento fisso.
Nel periodo delle festività natalizie, proviamo tutti la sensazione di poter ripartire da zero, ed è una sensazione che si ripete anche in altri momenti dell'anno, come a inizio mese o - per alcuni - in concomitanza con certe ricorrenze quali compleanni o anniversari particolari.
In questi momenti, e con questa sensazione di freschezza, ci sentiamo più portati a impegnarci in comportamenti votati al miglioramento, all'elevazione, alla crescita.
Proprio in questi giorni, Google ci offre come ogni anno un vasto report per indagare sui trend di ricerca più eclatanti dell'anno appena trascorso.
Bene, con i dati dei motori della rete è possibile farsi un'idea più precisa del fenomeno promesse-di-cambiamento.
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venerdì 23 agosto 2013
A che punto sono le tue relazioni? Cinque domande per scoprirlo
Che cos'è che minaccia più spesso la tua calma e la tua felicità?
Nove volte su dieci, la radice dell'irrequietezza, dello stress e della mancanza di serenità si annida nelle relazioni.
Tra figli che fanno impazzire, genitori troppo oppressivi, superiori arroganti, partners egoisti e amici che scompaiono per troppo tempo, ce n'è abbastanza per sentirsi frustrati, arrabbiati, sempre sul piede di guerra.
E se ne parli ti senti anche dire che è normale non poter evitare incomprensioni, disaccordi e sentimenti di sconforto quando si ha a che fare con le altre persone che gravitano nella nostra vita.
Ma normale non è l'aggettivo giusto, perché ciò che percepiamo non è affatto un senso di normalità, bensì di fortissima anomalia.
Che poi le difficoltà relazionali facciano parte di ogni esperienza di vita è una considerazione sì accettabile, in quanto razionale, ma per nulla consolante.
Quando abbiamo un problema con una persona cara o vicina, spesso la prima reazione è attribuirle la colpa del problema.
Gli altri sarebbero responsabili dei nostri sentimenti e delle nostre reazioni.
Il loro cattivo modo di porsi ha fatto scattare in noi questo senso di tragedia.
In realtà, a ognuno di noi è dato pieno potere di governare la salute di ogni relazione, e ci si può prendere carico del rapporto anche in maniera unilaterale, come spesso accade quando accettiamo con pazienza che l'altra persona a noi cara, magari in un momento difficile, si comporti con noi con poco riguardo e ci passiamo sopra, anzi, l'aiutiamo a venirne fuori.
Però il tema delle relazioni è ineludibile, perché dal loro stato dipende la nostra felicità a lungo termine.
Il nostro primo interesse è attivarci per tenere in buona vita i nostri rapporti, cominciando da noi stessi e senza aspettare dall'altra persona cambiamenti che non possiamo imporre né decidere dall'esterno.
Il bello è che le relazioni sono contagiose, e se uno dei due membri attua un cambiamento, immediatamente esso si riverbera sull'altro.
Il segreto è contagiarsi a vicenda con costruttività.
Naturalmente, a nessuno viene in mente di lavorare alla relazione quando tutto fila liscio.
L'allarme scatta al sorgere di ogni minimo conflitto.
E lì le prime reazioni automatiche possono essere fatali.
Ma quali sono i possibili problemi all'interno di una relazione umana?
Nove volte su dieci, la radice dell'irrequietezza, dello stress e della mancanza di serenità si annida nelle relazioni.
Tra figli che fanno impazzire, genitori troppo oppressivi, superiori arroganti, partners egoisti e amici che scompaiono per troppo tempo, ce n'è abbastanza per sentirsi frustrati, arrabbiati, sempre sul piede di guerra.
E se ne parli ti senti anche dire che è normale non poter evitare incomprensioni, disaccordi e sentimenti di sconforto quando si ha a che fare con le altre persone che gravitano nella nostra vita.
Ma normale non è l'aggettivo giusto, perché ciò che percepiamo non è affatto un senso di normalità, bensì di fortissima anomalia.
Che poi le difficoltà relazionali facciano parte di ogni esperienza di vita è una considerazione sì accettabile, in quanto razionale, ma per nulla consolante.
Quando abbiamo un problema con una persona cara o vicina, spesso la prima reazione è attribuirle la colpa del problema.
Gli altri sarebbero responsabili dei nostri sentimenti e delle nostre reazioni.
Il loro cattivo modo di porsi ha fatto scattare in noi questo senso di tragedia.
In realtà, a ognuno di noi è dato pieno potere di governare la salute di ogni relazione, e ci si può prendere carico del rapporto anche in maniera unilaterale, come spesso accade quando accettiamo con pazienza che l'altra persona a noi cara, magari in un momento difficile, si comporti con noi con poco riguardo e ci passiamo sopra, anzi, l'aiutiamo a venirne fuori.
Però il tema delle relazioni è ineludibile, perché dal loro stato dipende la nostra felicità a lungo termine.
Il nostro primo interesse è attivarci per tenere in buona vita i nostri rapporti, cominciando da noi stessi e senza aspettare dall'altra persona cambiamenti che non possiamo imporre né decidere dall'esterno.
Il bello è che le relazioni sono contagiose, e se uno dei due membri attua un cambiamento, immediatamente esso si riverbera sull'altro.
Il segreto è contagiarsi a vicenda con costruttività.
Naturalmente, a nessuno viene in mente di lavorare alla relazione quando tutto fila liscio.
L'allarme scatta al sorgere di ogni minimo conflitto.
E lì le prime reazioni automatiche possono essere fatali.
Ma quali sono i possibili problemi all'interno di una relazione umana?
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sabato 26 gennaio 2013
Gli alieni sono tra noi!
Quanto ti sorprenderebbe trovarti al cospetto di creature giunte sulla Terra da chissà quale lontano pianeta?
Prova a pensare per un attimo a quante e quali conseguenze avrebbe questo incontro per il genere umano.
Una forma di vita aliena potrebbe fornirci un punto di vista del tutto nuovo sulla nostra natura e forse accrescere la nostra comprensione dell'umanità.
Se questi alieni fossero dotati di una forma d'intelligenza superiore alla nostra, capaci quindi di guardarci senza quei difetti congeniti che ci contraddistinguono - ossia senza pregiudizi ed egocentrismo - che grandioso vantaggio ne ricaveremmo, vedendoci finalmente nudi ai loro occhi.
La fantasia letteraria e cinematografica ha sempre rappresentato gli alieni estremamente simili a noi: o ci fanno la guerra e basta, attività per la quale ci siamo mostrati sempre molto portati, o si presentano come una sorta di genere umano avanzato, ma già perfettamente in grado di parlare la nostra lingua, capire la nostra psicologia, prevedere i nostri bisogni e desideri.
Se però arrivassero davvero, credi che sarebbero come ne La guerra dei mondi o Incontri ravvicinati del terzo tipo?
Ci sono buone probabilità che il film avrebbe una trama ben differente.
Perché molte cose che a noi appaiono evidenti e scontate potrebbero non esserlo affatto per loro.
Sì, la nostra cultura materiale e tecnologica probabilmente si autopresenta, e gli alieni ci metterebbero poco a capire a che cosa servono le case, le auto, i vestiti e così via.
Senza contare che arrivare da un'altro pianeta con qualche mezzo implicherebbe che gli stessi principi fisici e scientifici - o almeno quelli, più gli altri di loro pertinenza che magari noi non conosciamo - sarebbero condivisi: saprebbero che cos'è la gravità, la propulsione, il calcolo, il linguaggio come fenomeno - non come strumento di comunicazione - e molti altri elementi del nostro vivere.
Ma a livello biologico e psicologico le cose non sono affatto certe.
Nessuno ci può dire se i principi del comportamento umano siano così evidenti agli occhi di un alieno, cioè di un essere che molto probabilmente ha una fisiologia e una mente o qualcosa del genere di tutt'altra natura.
Non è detto che gli alieni capiscano subito alcune entità che per noi sono ovvie, come il Sé, la coscienza, i sentimenti.
La mente umana potrebbe addirittura essere incomprensibile per loro, e gli alieni potrebbero grattarsi la testa con le loro innumerevoli mani, chiedendosi che diavolo siano il significato, l'intenzione, l'emozione.
Il quadro descritto non sta bene solo nella science fiction, perché è in realtà un'allegoria di quanto accade già oggi nell'incontro tra esseri umani cosiddetti sani e persone affette da disturbi dello spettro autistico.
Prova a pensare per un attimo a quante e quali conseguenze avrebbe questo incontro per il genere umano.
Una forma di vita aliena potrebbe fornirci un punto di vista del tutto nuovo sulla nostra natura e forse accrescere la nostra comprensione dell'umanità.
Se questi alieni fossero dotati di una forma d'intelligenza superiore alla nostra, capaci quindi di guardarci senza quei difetti congeniti che ci contraddistinguono - ossia senza pregiudizi ed egocentrismo - che grandioso vantaggio ne ricaveremmo, vedendoci finalmente nudi ai loro occhi.
La fantasia letteraria e cinematografica ha sempre rappresentato gli alieni estremamente simili a noi: o ci fanno la guerra e basta, attività per la quale ci siamo mostrati sempre molto portati, o si presentano come una sorta di genere umano avanzato, ma già perfettamente in grado di parlare la nostra lingua, capire la nostra psicologia, prevedere i nostri bisogni e desideri.
Se però arrivassero davvero, credi che sarebbero come ne La guerra dei mondi o Incontri ravvicinati del terzo tipo?
Ci sono buone probabilità che il film avrebbe una trama ben differente.
Perché molte cose che a noi appaiono evidenti e scontate potrebbero non esserlo affatto per loro.
Sì, la nostra cultura materiale e tecnologica probabilmente si autopresenta, e gli alieni ci metterebbero poco a capire a che cosa servono le case, le auto, i vestiti e così via.
Senza contare che arrivare da un'altro pianeta con qualche mezzo implicherebbe che gli stessi principi fisici e scientifici - o almeno quelli, più gli altri di loro pertinenza che magari noi non conosciamo - sarebbero condivisi: saprebbero che cos'è la gravità, la propulsione, il calcolo, il linguaggio come fenomeno - non come strumento di comunicazione - e molti altri elementi del nostro vivere.
Ma a livello biologico e psicologico le cose non sono affatto certe.
Nessuno ci può dire se i principi del comportamento umano siano così evidenti agli occhi di un alieno, cioè di un essere che molto probabilmente ha una fisiologia e una mente o qualcosa del genere di tutt'altra natura.
Non è detto che gli alieni capiscano subito alcune entità che per noi sono ovvie, come il Sé, la coscienza, i sentimenti.
La mente umana potrebbe addirittura essere incomprensibile per loro, e gli alieni potrebbero grattarsi la testa con le loro innumerevoli mani, chiedendosi che diavolo siano il significato, l'intenzione, l'emozione.
Il quadro descritto non sta bene solo nella science fiction, perché è in realtà un'allegoria di quanto accade già oggi nell'incontro tra esseri umani cosiddetti sani e persone affette da disturbi dello spettro autistico.
sabato 13 ottobre 2012
Capire gli altri: fino a che punto?
Se un amico tarda ad arrivare al vostro appuntamento, che cosa pensi?
Avrà avuto un contrattempo?
Il solito ritardatario?
Spero non gli sia successo qualcosa di grave?
Ecco, non ha alcun rispetto per me!?
Un comportamento, quello del ritardo, che sicuramente non procura piacere, quindi si può pensare sia facile avere reazioni negative.
In realtà, è possibile reagire in modi molto differenti anche a comportamenti che giovano.
Il classico esempio del marito che fa un regalo inaspettato alla moglie, facendole pensare che ha qualcosa da farsi perdonare, la dice lunga.
Perché una parte delle mogli penserebbe di avere accanto l'uomo più dolce del mondo, e un'altra parte di avere vicino una carogna subdola che sta tentando di manipolarla?
Che cosa ci porta a interpretare i comportamenti degli altri in modi così differenti?
Che cosa si può fare per allenarsi a interpretarli in maniera positiva?
Avrà avuto un contrattempo?
Il solito ritardatario?
Spero non gli sia successo qualcosa di grave?
Ecco, non ha alcun rispetto per me!?
Un comportamento, quello del ritardo, che sicuramente non procura piacere, quindi si può pensare sia facile avere reazioni negative.
In realtà, è possibile reagire in modi molto differenti anche a comportamenti che giovano.
Il classico esempio del marito che fa un regalo inaspettato alla moglie, facendole pensare che ha qualcosa da farsi perdonare, la dice lunga.
Perché una parte delle mogli penserebbe di avere accanto l'uomo più dolce del mondo, e un'altra parte di avere vicino una carogna subdola che sta tentando di manipolarla?
Che cosa ci porta a interpretare i comportamenti degli altri in modi così differenti?
Che cosa si può fare per allenarsi a interpretarli in maniera positiva?
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venerdì 6 gennaio 2012
Nuove abitudini: come implementarle
Anche se non l'hai scelto di proposito, sappi che l'alba del nuovo anno è il periodo migliore per apportare cambiamenti.
Per la nostra mente, i primi giorni dell'anno portano il marchio della novità, per questo riusciamo a concepirli come la cornice temporale ideale per far entrare aria nuova nella nostra vita.
Senz'altro hai in mente cose che ti piacerebbe vivere e fare nella tua vita ma alle quali finora hai solo pensato, senza riuscire a tradurle in realtà.
Per la nostra mente, i primi giorni dell'anno portano il marchio della novità, per questo riusciamo a concepirli come la cornice temporale ideale per far entrare aria nuova nella nostra vita.
Senz'altro hai in mente cose che ti piacerebbe vivere e fare nella tua vita ma alle quali finora hai solo pensato, senza riuscire a tradurle in realtà.
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venerdì 23 aprile 2010
istruzioni per tentare di cambiare senza riuscirci

Tempo fa una persona di mia conoscenza, una vita da sportiva di buon livello, mi raccontò di essere preoccupata perché in seguito ad alcuni interventi chirurgici non avrebbe potuto più praticare i suoi sport e questo per una persona sempre impegnata, diceva, era motivo di paura.
Paura di non sapere come impiegare il tempo.
Discutendo di possibili alternative, prendemmo in considerazione tutte quelle attività fisiche "dolci" come lo yoga, le ginnastiche posturali, le tecniche di respirazione se non addirittura di meditazione, per non sollecitare troppo il corpo.
Ma queste proposte non suscitarono alcun entusiasmo in lei, anzi, ho paura che dopo un po' che sono lì a muovermi lentamente e a fare tutte quelle pratiche mi possa stancare e annoiare, a stare troppo ferma tutto quel tempo, mi spiegò.
Concluse dicendo che avrebbe aumentato il suo impegno in pratiche come il ricamo e la cucina, ma senza esagerare perché capirai, senza più muovermi poi metto su troppi chili.
Ho sentito spesso discorsi simili in cui a una persona si prospetta la possibilità di fare qualcosa che apparentemente soddisferebbe i suoi bisogni e che non comporta l'acquisizione di chissà quali abilità.
Ma questa persona poi finisce per non fare quella cosa adducendo motivazioni che agli altri suonano un po' come giustificazioni per mascherare una sostanziale mancanza di volontà.
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