Pagine

Visualizzazione post con etichetta congruenza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta congruenza. Mostra tutti i post

lunedì 14 settembre 2015

Le citazioni pericolose

Aforismi, citazioni, perle varie di saggezza.

Quante formule simili leggiamo ogni giorno attraverso i social network, condivise dai nostri amici?

E quante ne cerchiamo e condividiamo noi stessi, quando le troviamo in sintonia con il nostro stato d'animo?

Certo, trovare le parole che avremmo voluto dire noi, messe in bell'ordine e già pronte per l'uso, è già un'istigazione a usarle.

Ma sui social ci conosciamo, almeno nella nostra cerchia, e spesso intuiamo il perché quella determinata persona amica avrebbe potuto pubblicare proprio quella frase.

Altrettanto vero che vediamo questa stessa persona a volte come prigioniera di un percorso circolare senza uscita, in questo continuo citare slogan che offrono la soluzione ai propri problemi, se solo li si mettesse veramente in atto.

E noi sappiamo che non è così, conosciamo quella persona, siamo al corrente del fatto che vorrebbe trovare la forza per fare come lei stessa grida attraverso queste belle parole stampate, ma resta sempre un passo indietro alla  loro messa in pratica.

sabato 12 settembre 2015

C'eravamo tanto emozionati

Qualcuno ti ha appena attaccato o insultato, e prima di rendertene conto la tua pressione sta già schizzando.

In ogni tuo angolo, il rancore dilaga e la possibilità di conservare la calma si riduce sempre più.

Fai un bel respiro.

Poi, ti volti con un'espressione neutra, e dispieghi tutta la benevolenza possibile.

Per una volta, ti riesce di non contrattaccare.

Addirittura, ti esce una di quelle frasi grondanti di perdono e dignità.

Può essere?

Forse, e se quel perdono e quella benevolenza siano davvero sentiti importa poco, perché funziona.

Non solo l'altro si trova spiazzato, ma tu senti il senso di minaccia svanire, e la sicurezza su dove ti trovi crescere.

Da qui in poi, conservare la calma diventa sempre più facile, dopo la difficoltà iniziale a resistere alla spinta reattiva.

La fibrillazione iniziale che ti faceva traballare si muta in una solidità granitica che ti tiene in equilibrio.

giovedì 30 luglio 2015

Uomo: creatura razionale o razionalizzante?

Che ogni nostro pensiero, desiderio, gesto, abbia delle ricadute nel futuro - immediato o più lontano - è fuori di dubbio.

Ma che noi prestiamo davvero attenzione al fatto che la responsabilità di queste ricadute è sempre nostra è tutto da vedere.

Forse l'unico momento in cui davvero proviamo una consapevolezza solida delle conseguenze future è quando agiamo sotto l'azione dell'istinto di sopravvivenza e della paura.

Decenni di studi sul comportamento umano non sono riusciti a fare piena luce sulla difficoltà dell'uomo nel far andare a braccetto istinto e razionalità.

Anzi, gli studiosi si sono addirittura spartiti le discipline, così l'economia applicata al comportamento si è costruita partendo dall'idea di un uomo completamente razionale, mentre la piscologia nasce ufficialmente quando quel signore austriaco disse che in realtà noi non sappiamo mai che cosa facciamo e perché lo facciamo.

Così tutti abbiamo vissuto l'esperienza di pensare rapidamente e agire di conseguenza - rapidamente al punto da non definirlo nemmeno un pensare - accanto all'altra esperienza, quella di - provare a - meditare passo dopo passo, con lentezza, a che cosa ci conviene di più.

In genere, con la prima modalità di pensiero assolviamo ai desideri istintivi, di pancia; con il lento deliberare invece allunghiamo la prospettiva e cerchiamo di prendere decisioni a lungo termine.

Sapere che esistono questi due processi, e cercare di farli interagire sembra essere il tema principale di tutti i libri e i manuali che oggi puoi trovare in vendita, quelli che ti invitano a smettere di, o quelli che ti spronano a prendere la tua vita e... ma a ben vedere si tratta di un'interazione ardua, così questi stessi manuali finiscono per propendere ora verso un sonoro vaffa alla razionalità per esaltare l'istinto e liberarsi - ma da che? - e ora per mettere paletti alle intuizioni e passarle in processi meccanici di elaborazione per pensare - come? - e vivere meglio.

Se è così difficile far andare veramente di pari passo istinto e razionalità, forse è perché ci sfugge qualcosa.

Così, proviamo un attimo a mettere ordine tra tutti gli elementi in gioco, per vedere se ci riesce almeno di capire perché è così complicato.

sabato 11 luglio 2015

Mettiamoci d'accordo (con noi stessi)

Come le monete a due facce, anche i nostri discorsi a volte oscillano tra lati differenti.

Chiediamo agli altri di essere sinceri, ma non vogliamo che siano offensivi.

Riteniamo giusto che vinca il migliore, proclamiamo che l'importante è partecipare, però sotto sotto scongiuriamo per essere noi i vincitori.

Nelle relazioni, troppe attenzioni ci soffocano, ma poche ci mettono in allarme.

Al lavoro, la routine ci ammazza, ma la sicurezza del posto è un bisogno.

L'elenco di esempi è potenzialmente lunghissimo, e se provi a discuterne con qualcun altro questi ti dirà chi, io? No, io non faccio così, la penso in un unico modo e mantengo fede alla mia parola!

Alla fine, questa moneta a due facce ti ritrovi a rigirartela tra le mani, ma non pensare che gli altri non stiano facendo lo stesso, magari all'oscuro, con una mano in tasca.

Perché questa sorta di ipocrisia non ha un limite, e possiamo arrivare a essere ipocriti persino sulla stessa ipocrisia.

Non importa adesso se ciò sia immorale, perché la ricerca della moralità non farebbe che creare ancora due sole facce possibili, generando l'illusione che bisogna per forza stare da una parte o dall'altra.

In verità, la vita diventa una vera occasione di crescita, impegnativa ma ricca, quando decidiamo di affrontarne le ambiguità.

domenica 10 maggio 2015

Comunicazione interpersonale: bada a come parli, ma soprattutto al perché

Quante volte hai visto su giornali, riviste, siti e social network la classica serie di consigli per migliorare qualcosa della tua vita?

E non parlo solo di aspetti pratici o materiali, come organizzare gli armadi o perdere peso.

Si tratta quasi sempre di liste o elenchi di dritte per aggiustare qualcosa che ha a che fare con la mente e il cuore, con i pensieri e le emozioni.

E tra tutti i temi uno dei cavalli di battaglia è la comunicazione.

Peccato che tra tutte le liste di consigli in circolazione proprio quelle per comunicare meglio funzionino peggio o per niente.

Infatti, anche se corredate da presunte evidenze scientifiche - che ovviamente sono sempre inattendibili perché parziali e di parte - si concentrano su ciò che diciamo e sull'ascolto di ciò che dicono gli altri.

In pratica, sulle parole o - quando ci va bene - sul processo che ci porta a formare le frasi da dire o per decodificare il messaggio altrui.

Messe così, queste dritte sono belle storte: infatti, il novanta per cento delle impressioni che influenzano il nostro stare in una relazione comunicativa sono determinate da fattori non verbali che si formano prima ancora che le parole dell'altro abbiano toccato l'area del nostro cervello adibita alla loro comprensione.

Cioè noi non ascoltiamo e quando lo facciamo siamo già sotto l'effetto di un pre-giudizio costruito quasi automaticamente dalle nostre percezioni.

Questa discrepanza si riverbera poi nello scambio di parole effettivo, in uscita e in entrata.

Trovi che l'altro abbia detto qualcosa di sciocco ma cerchi un modo di dirglielo senza urtare i suoi sentimenti, il che pone problemi di congruenza con i tuoi, di sentimenti, oltre che aprire la spinosa questione di quanto in quel momento sei disonesto e manipolativo evitando la piena verità.

Se poi sei tu a sentire che l'altra persona sta applicando una qualche tecnica per addolcire la pillola e hai la capacità di accorgertene, questo non ti rassicura, non ti fa sentire che l'altro sta avendo cura di te, anzi, ti senti psicanalizzato, messo a distanza, vivisezionato come una cavia da laboratorio, perché tu hai aperto verso una comunicazione senza difese mentre l'altro fa il dottor Freud di turno.

Se proprio siamo a caccia di consigli utili sulla comunicazione, dovremmo riflettere non tanto su come attuarla quanto sugli obiettivi perseguiti.

martedì 9 settembre 2014

Il fascino discreto dell'indifferenza

Lui ama lei, e la ama così tanto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene, lui non ne è affatto infastidito, aspetta, pazienta, è allenato a incassare da lei ogni colpo, e quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla, non può fare altro che essergli infinitamente grata.

Ma c'è un altro lui che non si preoccupa minimamente di un'altra lei, al punto che, anche quando lei si allontana da lui per vivere la sua vita senza curarsene - come quella di prima - lui sa che non ne proverà alcun fastidio né mancanza, e ride tra sé, consapevole del fatto che per lui le parole e le azioni di lei in fondo non contano davvero, eppure quando lei torna, trovandolo comunque disposto a riaccoglierla - come quello di prima - non può fare altro che essergli infinitamente grata.

Due modi diversi di andare d'accordo: vero amore e vera indifferenza.

Io sarò dalla tua parte, qualsiasi cosa tu decida di fare è una bella frase, ma in quel qualsiasi possono celarsi miriadi di sfumature.

Si può essere davvero così aperti e capaci di accettare gli altri incondizionatamente?

O non sarà che la nostra capacità d'accettare è inversamente proporzionale con il grado di bisogno e di influenza che le persone hanno su di noi?

giovedì 17 aprile 2014

Credere in sé, credere agli altri

L'integrità personale è un concetto difficile da trattare, e tuttavia determinante nelle relazioni.

Puoi essere una persona più o meno integra, per te e per gli altri, a seconda della distanza tra dove sei realmente e dove vorresti essere.

Per tutta la nostra vita, cerchiamo di ridurre questa distanza, perché sappiamo che è l'unico modo per dirci integri.

Ma in che modo possiamo ridurla?
  • Facendo progressi veri verso i nostri obiettivi
  • Riducendo i nostri obiettivi
  • Fingendo di far progressi verso i nostri obiettivi
  • Fingendo di aver ridotto i nostri obiettivi
Se per esempio vuoi diventare un bravo ballerino, puoi studiare e impegnarti tantissimo per diventarlo, puoi decidere che ti basta essere un ballerino modesto, puoi fare solo quei due o tre passi che ti vengono bene e cercare di campare di rendita anche con l'aiuto di qualche balla, puoi raccontare in giro che in realtà la cosa più importante per te è stare insieme alle persone e che imparare a ballare è solo un pretesto marginale.

Tutte e quattro le strategie hanno un perché, anche se le prime due, cioè lavorare duro per raggiungere una meta o accettare che quella meta non è realmente alla nostra portata, sono senz'altro le più obiettive.

I perché delle altre due strategie, basate sulla finzione, sono meno ovvi.

sabato 5 aprile 2014

Manuale di gestione (retorica) dei conflitti

L'essere umano è davvero la creatura più evoluta del pianeta.

Talmente evoluta da riuscire a fare due cose, importantissime per la stessa sopravvivenza.

La prima è intercettare le fesserie dei propri simili.

Crescendo, tutti noi sviluppiamo questa sorta di radar in grado di riconoscere bugie, mezze frasi, tentativi di manipolazione.

Lo costruiamo man mano, lo perfezioniamo col tempo, lo portiamo alla massima efficacia.

Ma non tutti riescono a conservarlo,

Perché l'essere umano ha anche bisogno di relazioni.

Di stare con gli altri, e con alcuni di essi starci molto tempo e molto vicino.

Così, la probabilità che il radar intercetti le fesserie di questi altri, vicini e lontani, è alta.

E qui entra in gioco la seconda cosa importantissima per la nostra sopravvivenza.

Col tempo, infatti, impariamo anche ad allontanare da noi tutto ciò che possa farci dubitare di noi stessi, della nostra integrità, che possa mettere a rischio la nostra autostima.

Compresi i radar dei nostri simili, quando intercettano le fesserie che ci servono per non metterci in discussione.

Perciò, utilizziamo tutti gli stratagemmi che il linguaggio e la retorica ci offrono pur di mettere in dubbio il radar degli altri, e allontanare ogni dubbio da noi.

Per questo i radar di alcune persone si danneggiano, sotto i colpi retorici delle persone a loro legate, dei partner, degli amici intimi, dei parenti stretti.

Chiedere gli uni agli altri di smantellare il proprio radar anti-fesserie in nome della reciproca amicizia, parentela, amore e qualsiasi altra sfumatura sentimentale finisce per negare quegli stessi sentimenti.

Se c'è una cosa che la specie umana ha sviluppato al massimo grado, è la capacità di indurre l'altro a dubitare delle proprie posizioni, e l'ha sviluppata tramite una serie di tecniche ben precise.

Alcune di esse sono indipendenti dal contenuto delle conversazioni umane, si possono usare come attrezzi buoni per tutti gli usi.

Altre sono invece più complesse e sopraffine, non si limitano a rispondere alle eventuali critiche ricevute dal radar del nostro interlocutore, ma vanno a ristrutturare il rapporto stesso, ci servono per metterci al di sopra e al di fuori del gioco, della discussione, della relazione stessa, se è il caso, come a dire solo un perdente potrebbe vedere quello che ci stiamo dicendo come una partita in cui uno vince e l'altro perde, e poiché io non lo sto facendo, è evidente che lo stai facendo tu e che quindi hai perso.

Purtroppo sono anche molto efficaci, perché mimano l'autenticità.

Forse ci sono anche situazioni nelle quali potrebbe essere lecito usarle.

Se però diventano un formulario stabile, un manuale di gestione retorica dei conflitti, vuol dire che non riusciamo più a sopportare neanche per un minuto la possibilità di essere in errore.

Cioè di farci carico dell'errore e cambiare in meglio.

mercoledì 7 novembre 2012

Cinque lezioni eterne da Cesar Millan



 Per chi non ama gli strizzacervelli e tutto ciò che gli gira intorno - compreso questo blog - una ghiotta occasione di prenderli in giro arriva dall'autoironico titolo della trasmissione Dog Whisperer - Uno psicologo da cani in cui Cesar Millan aiuta i proprietari di cani problematici a ricostruire un rapporto migliore con i loro amici fidati.

Non entro nel merito delle polemiche accese dalle associazioni animaliste, non ultime quelle del giugno scorso, quando Millan è stato in Italia a registrare alcune puntate del suo docu-reality, perché il discorso sarebbe troppo ampio (se vuoi saperne di più, parti dai links legati al video qui sopra).

Mi interessa invece rilevare come alcuni principi-guida del suo modo di intervenire siano praticamente identici a quelli che qualsiasi terapeuta da uomini e non da cani non può non tener presente.

Ognuno dei principi qui di seguito contiene un meccanismo fondamentale per la crescita personale che può essere utile conoscere, allo scopo di cambiare, migliorare, sentirsi più adeguati.

sabato 16 giugno 2012

Comunicazione efficace: che cosa scegli tra "Io" e "Tu"?

Quando studiavo per il titolo di counselor, tra tutti i maestri americani di approccio umanistico, preferivo di gran lunga Thomas Gordon, con la sua serie di manuali per diventare efficaci (genitori efficaci, insegnanti efficaci, leader efficaci e chi più ne ha più ne metta) che hanno contribuito a chiarire al mondo dei rogersiani che cosa sono l'ascolto attivo e la comunicazione centrata sulla persona.

Mi piaceva molto il modo in cui Gordon insisteva sullo stare centrati su di sé.

mercoledì 28 luglio 2010

Come parlare a sé stessi e agli altri: negazioni e coazioni

Non lo so, mi dispiace, non posso, non riesco, devo...

Ecco alcune formulette che tutti noi usiamo con impressionante frequenza.

Apparentemente facilitano i nostri discorsi, ma alla lunga possono limitare la nostra mente.

Esse si appoggiano sulla negazione e sulla coazione, due grandi nemici del nostro benessere.

Dire no funziona sempre come un comando inconscio che ci prepara alla difesa.

Ed è anche giusto, i nostri no a volte ci servono per conservare le nostre libertà.

Il problema è che il no e le sue varianti - non so, non posso, non riesco - ci fanno chiudere anche quando li diciamo a mo' di intercalare.

Hai fatto caso quante volte in un dialogo rispondiamo alle affermazioni del nostro interlocutore iniziando con un bel no?

Ti assicuro che quel no procura in chi lo ascolta un fastidio sordo, che potrebbe anche trasformarsi in astio.

Potresti pensare se dico no è perché ho un'idea diversa e voglio esprimerla.

Certo, ma quando interagiamo con qualcuno, le parole che scambiamo sono sovradeterminate dal come le diciamo, e quel no introduttivo fa sottolineare l'aspetto del disaccordo, mentre si potrebbe scegliere di essere collaborativi e arrivare insieme a una risposta.

Per farlo, ci basterebbe iniziare con un bel , per rimarcare che stai accettando le parole dell'altro e poi, a partire da esse, costruire la tua argomentazione come un'alternativa e non una opposizione.

Ma torniamo alle formulette.

Oltre a danneggiare le nostre relazioni, i vari non so, non posso ecc. influenzano in negativo innanzitutto noi stessi.

Il rischio è che diventino un'abitudine e che la parte profonda di noi stessi inizi a usarle in modo automatico finendo per limitarti.

Vediamole nei dettagli.

sabato 23 gennaio 2010

Ascolto attivo: l'arte di un grande maestro


Mi senti? Anzi, mi ascolti?
Vi è mai capitato di parlare a qualcuno e accorgervi da certi segnali di non essere ascoltati?

E quante volte siamo stati noi a non ascoltare ma ad aspettare solo che l'altro finisse per poi dire la nostra?

Ascoltare è un'arte e per essere esercitata ha bisogno di maestri, strumenti ed esercizio.

Il maestro
Quando Carl Rogers pubblicò nel 1942 Counseling and psychoterapy le sue tre condizioni - accettazione incondizionata, congruenza ed empatia - necessarie alla relazione terapeutica non erano ancora state ridotte a una banale ricetta e l'ascolto attivo non era ancora il titolo di un role playing.

Proprio in questo testo, Rogers da un'indicazione basilare: la migliore guida all'ascolto è il soggetto.

Quando ascoltiamo non dobbiamo metterci al posto dell'altro, non dobbiamo anticipare con la mente ciò che secondo noi sta per dire.

Il nostro compito è farlo sentire abbastanza sicuro da potersi esporre senza il rischio di essere giudicato.