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lunedì 14 settembre 2015

Le citazioni pericolose

Aforismi, citazioni, perle varie di saggezza.

Quante formule simili leggiamo ogni giorno attraverso i social network, condivise dai nostri amici?

E quante ne cerchiamo e condividiamo noi stessi, quando le troviamo in sintonia con il nostro stato d'animo?

Certo, trovare le parole che avremmo voluto dire noi, messe in bell'ordine e già pronte per l'uso, è già un'istigazione a usarle.

Ma sui social ci conosciamo, almeno nella nostra cerchia, e spesso intuiamo il perché quella determinata persona amica avrebbe potuto pubblicare proprio quella frase.

Altrettanto vero che vediamo questa stessa persona a volte come prigioniera di un percorso circolare senza uscita, in questo continuo citare slogan che offrono la soluzione ai propri problemi, se solo li si mettesse veramente in atto.

E noi sappiamo che non è così, conosciamo quella persona, siamo al corrente del fatto che vorrebbe trovare la forza per fare come lei stessa grida attraverso queste belle parole stampate, ma resta sempre un passo indietro alla  loro messa in pratica.


Purtroppo, quando abbiamo un problema possiamo anche usare una metafora e dire che la nostra macchina si è inceppata, ma riparare un essere umano non è come aggiustare la lavatrice sostituendo un pezzo con un altro, né - per fare un esempio più al passo coi tempi - come sostituire un software obsoleto con uno aggiornato.

Gli aforismi, le citazioni sagge, le formule che tra l'ironico e il crudele contengono tutti questi preziosi consigli sono utilizzate come fossero pezzi di ricambio e software innovativi, ma in realtà la metafora non si trasforma mai in qualcosa di reale.

Sarebbe meraviglioso se si potessero riparare o sostituire così semplicemente i nostri atteggiamenti, i nostri comportamenti, la nostra intera personalità.

Aggiusto un pensiero qua, sostituisco una credenza là, e sono a posto.

Magari.

E i primi a guadagnarci non sarebbero soltanto le persone che hanno un problema, ma addirittura chi dispensa loro consigli, chi quei problemi dovrebbe aiutare a risolverli, cioè tutti i professionisti dell'aiuto.

Ma la valigetta degli attrezzi del professionista dell'aiuto è anch'essa una metafora, non qualcosa che puoi toccare.

Fallo, puoi farlo se vuoi, grida a squarciagola l'intera industria dell'aiuto psicologico, con una miriade di correnti, approcci, metodi, da quelli più razionali a quelli più spirituali fino all'esoterismo puro.

La fiducia nell'incantesimo, nelle parole potenti e capaci di cambiarci non viene mai meno, da quando esiste l'uomo.

E poiché a volte, per pura coincidenza, l'adozione di un pensiero, di un consiglio, di un aforisma coincide davvero con la risoluzione di un problema, noi prendiamo questa correlazione del tutto casuale come un rapporto di causa-effetto, e tutte le altre volte in cui invece il meccanismo non funziona crediamo di essere stati noi a non applicarlo correttamente, oppure pensiamo di aver usato un pensiero o un consiglio non adatto e che dovremo riprovare.

Si badi, il meccanismo non funziona solo perché all'adozione di quella determinata perla non è seguita la risoluzione di un problema, e non perché si è provato a metterlo in pratica scoprendolo inefficace.

Non ci viene proprio in mente che non c'è alcun rapporto necessario tra l'essere toccati dalla lettura di un pensiero illuminante e la sua effettiva realizzazione.

Ci piacerebbe prendere una di quelle grafiche che la gente posta su Facebook, con quelle frasi altamente motivanti e illuminanti, mettercela in tasca e di punto in bianco diventare ciò che quella frase dice.

Questo somiglia un po' a quando vediamo indossare da un modello una bellissima combinazione di abiti - perché addosso a lui sembra veramente bella - e poi, quando l'acquistiamo e ce la proviamo, restiamo insoddisfatti di come ci sta.

Probabilmente quel modello farebbe sembrare bellissimi anche dei sacchi di juta indossati da lui.

Finché non proviamo veramente a indossare quelle parole - e quindi rischiamo di scoprire di non saperle portare veramente bene - rimaniamo in un certo senso al riparo.

Come se dicessimo io credo a questa frase, io so che è ciò di cui ho bisogno, io sento che può cambiare il mio modo di vivere.

Ma guai a provare a far diventare quel credo realtà, quel bisogno realizzazione, quel cambiamento vita vera.

Aforismi, citazioni, perle di saggezza, e tutte le varie forme di credenze che vediamo apparire aprendo i nostri social network, hanno sì un grande potere, ma non così grande come sarebbe necessario.

Hanno il potere di farci sentire qualcosa di diverso, di toccarci, di scuoterci, di farci rendere conto che c'è uno scarto tra dove siamo adesso e dove ci piacerebbe essere.

Ma in sé non hanno il potere di cambiarci.

Ed è per questo che abbracciamo nuove credenze, perché abbracciarle vuol dire semplicemente dichiarare di crederci, non viverle.

Come dire di appartenere a una determinata religione e poi non praticarla, esempio facile da fare e da comprendere, in un paese come il nostro.

Eppure, l'esperienza avrebbe già dovuto insegnarci che non basta sapere che cosa bisognerebbe fare per farlo.

Abbiamo avuto bisogno di provare a guidare l'auto e farla spegnere più volte prima di allineare la teoria alla pratica.

Perché non dovrebbe essere lo stesso con le perle di saggezza su Facebook o su qualsiasi altro mezzo di comunicazione?

Lo stesso errore può essere commesso anche da parte di chi dovrebbe impartire questo insegnamento a cambiare, come accade ad alcuni insegnanti che si chiedono come mai, nonostante le ripetute spiegazioni, quello studente non riesce ad applicare ciò che dovrebbe sapere.

Non è facile descrivere come funziona veramente il processo di apprendimento e di applicazione di ciò che si è appreso.

Sicuramente, la metafora della mente umana come contenitore nel quale inserire nuove informazioni è sbagliata.

In realtà, noi siamo dei contenitori che non contengono del tutto, come dei setacci.

Al massimo, riusciamo a filtrare ciò che ci attraversa, talora conservando qualche granello.

Prima di arrivare a mettere da parte un numero sufficiente di granelli per poter dire di aver seriamente filtrato qualcosa di significativo dall'esperienza che ci attraversa o dall'informazione che ci arriva, dobbiamo ripetere più e più volte il processo.

Dobbiamo setacciare ripetutamente, sapendo che ogni volta raccoglieremo meno di quanto speriamo, perché è lo stesso movimento del setaccio che farà cadere giù la gran parte della materia, senza contare tutti quei granelli che addirittura - nell'agitare lo strumento - salteranno fuori, senza passare attraverso la nostra rete, perdendosi.

Il pericolo è pensare che crederci coincida con l'averlo realizzato e, presi dall'entusiasmo, inoltrarsi per poi trovarsi smarriti chiedendosi e adesso?

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