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sabato 23 febbraio 2013

Relazioni efficaci? Impara dal tango

Da tre anni prendo lezioni di tango argentino e il risultato mi sorprende.

Non parlo del livello di perizia, del fascino di questo ballo, della fantastica immersione in una vera e proprio cultura altra.

In realtà, cioè che mi stupisce è che, oltre a imparare a dove mettere i piedi, sto imparando moltissimo sul modo in cui voglio stare in contatto, su come voglio entrare in connessione, su come essere io ma nello stesso tempo sentirmi con l'altro.

Sulla pista e nella vita.

Non c'è relazione umana che non possa migliorare prendendo spunto dalla comunicazione durante la danza.

Genitori, partners, colleghi, amici, tutti coloro che in qualche modo entrano in contatto con altre persone possono guardare le loro relazioni con occhi diversi, prestati dal tango argentino.


L'abbraccio
Durante la danza, la fermezza della connessione - che non significa rigidità - è garantita dall'abbraccio, con la donna cullata nell'incavo del braccio destro dell'uomo, nel contatto del busto, con il collegamento delle mani a  lato.

Questo permette alla donna di sentire dove vuole portarla il partner e rispondergli in modo sincronico, senza bisogno di provare a indovinare dove vuole andare, se il contatto è troppo lieve, o di essere trascinata, quando il legame è troppo energico, la stretta eccessiva, e la comunicazione fatta di spinte e tirate.

Anche nelle relazioni quotidiane, come ci comportiamo quando vogliamo comunicare all'altro la nostra intenzione?

La mettiamo in atto prima che la giusta connessione sia stata stabilita, rischiando di far piombare l'altro nella confusione o nel risentimento?

Stringiamo, spingendo e tirando l'altro affinché segua pedissequamente il nostro volere?

Oppure cerchiamo di connetterci in modo che l'altro comprenda quali passi vogliamo compiere e abbia il tempo di rispondere?

La camminata
Sebbene molti insegnanti argentini - dall'alto della loro autorità di portatori originari di questa cultura - affermino che ballare tango è come camminare, in realtà è estremamente più complicato, perché postura e appoggio - tanto per dirne un paio - sono affatto diversi da quelli naturali.

L'uomo, prima ancora di lanciarsi in figure ardite, deve imparare a misurare la lunghezza dei suoi passi, per evitare che falcate esagerate sbilancino la donna o addirittura finiscano in pestate di piedi.

Similmente, deve trasmettere con lo spostamento dell'asse del corpo i cambi di direzione, evitando di far perdere l'equilibrio alla donna.

Nelle relazioni umane, in che modo decidiamo ed esprimiamo di voler prendere determinate direzioni e velocità?

C'è chi si lancia a capofitto, con impazienza, forzando l'altra persona o lasciandola inevitabilmente indietro.

E c'è chi dilata i passi, avanzando poco ma comunicando in maniera chiara l'intenzione, affinché l'altro possa comprendere la scelta, e decidere se e quanto seguire il partner.

Le figure
Se dovessimo ridurre il tango argentino ai suoi atomi, potremmo identificare due tipi di micromovimenti dai quali si genere tutta la bellezza della danza.

Uno è il passo per camminare.

L'altro è il pivot, il giro in appoggio sui metatarsi, che dà vita praticamente a tutte le figure.

Girarsi vuol dire sia fare un tuffo nella libertà del corpo, sia abbandonare la propria stabilità.

Se si tiene conto che c'è anche un'altra persona con la quale siamo in perenne contatto, almeno con le mani a lato, la nostra libertà o timore di perdere l'equilibrio potrebbero ripercuotersi sul partner.

Allora l'abbraccio, la mano dell'uomo sulle scapole della donna, quella della donna che scivola tra la spalla e il braccio dell'uomo, e le altre due mani unite, devono essere capaci di raccogliersi restando aperte in modo tale da permettere le rotazioni, senza frenarle in eccesso o addirittura abbandonare il corpo dell'altro alla sua inerzia.

E come nei giri, tutte le volte che nella vita usciamo dal seminato per esplorare qualcosa di nuovo, ci tuffiamo nella libertà e nello stesso tempo abbandoniamo anche per poco la stabilità.

Se il nostro partner vuole concedersi un'esplorazione in un territorio nuovo ma col nostro supporto, come rispondiamo?

Serrando troppo l'abbraccio e smorzando la sua libertà, o lasciandolo al suo destino, col rischio che perda l'equilibrio?

Oppure regoliamo la nostra vicinanza, per far sì che non sia né asfissiante né lassista, affinché ruoti sì, ma in un'orbita condivisa senza che diventi un asteroide impazzito?

L'elastico
In molti passi di tango, l'improvvisa inversione di marcia - senza rotazione - fa sì che l'uomo in qualche modo lanci via la donna senza lasciarla, permettendo il suo immediato ritorno, come se i due fossero legati da un elastico.

Se questa tensione è efficace, l'allontanamento dei due danzatori sarà immediatamente seguito dal loro riunificarsi, ma vissuto come una prova emozionante di una connessione viva.

Un modo per esprimere che i due sono due, separati, autonomi, seppur uniti nella coppia, come confine esterno a entrambi.

Esattamente come nelle relazioni umane, laddove l'autonomia dei singoli non dovrebbe mai essere del tutto sacrificata al funzionamento della relazione.

Solo l'allontanamento temporaneo e fiducioso permette il riavvicinamento gioioso e sicuro.

Elasticità non vuol dire far convivere due egoismi.

E non sarebbe neppure sano sostituire all'elastico delle corde ben strette.

Una relazione efficace funziona quando la libertà delle persone coesiste con la presenza del partner relazionale, si tratti di moglie e marito, di madre e figlio, di capo e subordinato.

Può funzionare quando anche l'altro ritiene che il breve allontanarsi e il ritorno elastico non siano solo uno spazio d'autonomia, ma un elemento essenziale alla creazione congiunta della relazione.

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