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domenica 10 aprile 2011

Prendersi cura... di chi?

Quanto ti curi delle persone intorno a te?


Cosa può spingerti a impegnarti per gli altri senza alcuna certezza di ricevere qualcosa in cambio?


Come reagisci quando qualcuno si prodiga per te senza che tu abbia fatto nulla per lui?


Ti capita mai di evitare consapevolmente le attenzioni altrui?

La risposta a queste quattro domande potrebbe illuminarti sulla posizione che di solito assumi durante le tue interazioni sociali, e farti scoprire quali sono le tue credenze nascoste su come dovremmo o non dovremmo prenderci cura gli uni degli altri.


Io collaboro, tu collabori
Se pensi che le persone abbiano il diritto di ricevere cure e attenzioni e che anche tu abbia il dovere di prodigarti per loro, è molto probabile che ti riesca facile collaborare con gli altri.

Chi crede profondamente che le relazioni debbano essere frutto di uno scambio di attenzioni continuo ha difficoltà a stare con chi "cerca" i favori altrui o con chi semplicemente vorrebbe essere lasciato in pace, che è il suo opposto.

Io soccorro, tu ti lasci soccorrere
Se pensi che sia tuo dovere aiutare tempestivamente il prossimo, pur senza ricevere altrettanta cura, svilupperai un atteggiamento di aiuto e guida verso gli altri, e sarai pronto a regalarli anche se non richiesti.

All'opposto di questo comportamento c'è quello del "cacciatore di attenzioni" e quando i due si incontrano inizia il ben noto gioco aguzzino-vittima.

Io prendo, tu dai
Se ritieni che non esista un diritto assoluto di ricevere cure dagli altri, ma che le attenzioni e i favori vadano "procacciati", allora ti lascerai guidare dall'idea di vantaggio e accetterai di interagire con gli altri solo se potrai ricavarne un guadagno.

Gli "sfruttatori" hanno l'occhio clinico nello scovare i "soccorritori", facendo scempio della loro buona fede.

Io mi faccio i fatti miei, tu altrettanto
Se la tua idea è che nessuno può realmente fare nulla per gli altri, e che né tu devi sforzarti per chi ti sta intorno né le persone devono intromettersi nel tuo benessere, allora sei una persona che va per la sua strada.

Le persone "indipendenti" sono all'opposto dei "collaboratori" e pensano che si vivrebbe meglio se ognuno badasse al proprio orticello.

E tu?
Se riesci a comprendere il rapporto tra queste posizioni di base e il comportamento conseguente, allora puoi capire se tu e gli altri vi adagiate in queste dinamiche per abitudine o se ci sono margini per rompere questi schemi rigidi e deleteri.

2 commenti:

  1. Ciao Sergio, questo post mi aiuta a capire meglio chi sono e chi ero. Dico ero, perchè oggi, a 50 anni, sono una "indipendente",
    non per carattere ma per esperienza vissuta. A 25 anni ero pronta ad aiutare tutti, poi ho capito che chi riceveva non apprezzava fino in fondo e poco alla volta ho compreso che il mio piccolo aiuto sarebbe stato utlizzato al meglio solo se RICHIESTO. Tutti noi abbiamo un percorso da seguire e se troviamo tutto pronto non riusciamo ad afferrarne il significato, se chiediamo, invece, ci sarà di grande utilità. Del resto è già stato scritto "chiedete e vi sarà dato" e ciò ci indica una consapevolezza di noi stessi: i ns. limiti e il bisogno di avere un maestro o un aiuto. Rosa

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  2. Ci sono momenti in cui sembro quello sempre disponibile altri in cui non mi interessa farmi vedere per uno buono..... devo solo capire quando è davvero il caso di aiutare qualcuno.......forse solo quando lo chiede apertamente? ma ci sono persone talmente orgogliose che hanno anche tanto bisogno di essere aiutate ma non lo chiedono...ma forse ho sbagliato ad intendere il post
    Amelio

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