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venerdì 5 febbraio 2010

Realizzazione: sai riconoscere le sette trappole da evitare?


Quo vadis?
Gatto del Cheshire - chiese Alice - mi diresti per favore che strada devo prendere per andarmene di qui?
Dipende molto da dove vuoi andare - rispose il Gatto.
Non mi importa molto il dove - disse Alice.
Allora non mi importa quale strada prendi - disse il Gatto.

Per quanto possano appassionarci le acrobazie logiche di Lewis Carroll o l'amore per i gatti, quando si tratta della propria realizzazione conviene attrezzarsi per evitare che il proprio paese delle meraviglie si trasformi nel nostro castello degli orrori.


Guarda dove metti i piedi!
Sulla strada della realizzazione si celano sette trappole che dobbiamo assolutamente conoscere ed evitare:
  1. Frenare per insicurezza: provare timore non fa piacere a nessuno, certo. Ma oggi molte persone vanno alla ricerca di miracolose ricette per annientare la paura - figuriamoci, la paura è biologica, l'unico modo per annientarla è intorpidire i sensi - ma alla lunga non funziona. Bisogna cambiare prospettiva per scorgere la soluzione: come dice Robert Frost, il miglior modo per venirne fuori è passarci nel mezzo.
  2. Essere superficiali negli obiettivi: i risultati si raggiungono attraverso catene di azioni consecutive ma noi abbiamo il brutto vizio di considerare obiettivi solo i risultati finali e non tutte le tappe intermedie necessarie a raggiungerli. Così dopo un po' ci scoraggiamo perché la meta è ancora lontana. Se invece, come consiglia David Allen nell'ottimo Detto, fatto! (2006, Sperling & Kupfer Editori) scomponessimo il viaggio verso l'obiettivo in tutti i passi per arrivarci sapremmo ogni giorno quali azioni eseguire e godremmo ogni giorno di un piccolo successo, importante per la nostra motivazione.
  3. Sentirsi in competizione: un vecchio detto ci insegna che a questo mondo nessuno inventa mai nulla. Quindi c'è un sacco di gente che ha già iniziato a fare la stessa cosa che vogliamo fare noi, lo stesso lavoro, la stessa innovazione, la stessa avventura. Qualcuno c'è anche riuscito e noi, guardandolo da lontano, cadiamo nella trappola di sognare di arrivarci un giorno e "misuriamo" il nostro valore sulla distanza tra noi e coloro che sono già "arrivati". ma l'unico metro di giudizio dovremmo essere solo noi stessi. Se competere ci piace e ci motiva, l'unica cosa con cui dovremmo competere è la nostra agenda con l'obiettivo di cancellare ogni giorno gli impegni annotati e andare avanti.
  4. Rimandare: questa è la quarta trappola. Intendo dire che sulla strada della realizzazione essa compare dopo le altre tre. L'ordine non è casuale, è progressivo. Ora, se abbiamo già fatto la fatica di arrivare a metà strada - visto che sono sette - non ha senso fermarsi proprio adesso. Ma questo è il momento più delicato: il momento in cui scopriamo che le azioni da compiere per raggiungere i "nostri" risultati le dobbiamo fare proprio noi e nessun altro. E le dobbiamo fare da soli. In effetti crescere e realizzarsi ha questa punta di amarezza. Ma come diceva il rabbino Hillel, se non tu, chi? Se non qui, dove? Se non ora, quando?
  5. Non pianificare: una volta trovate le risorse per agire inizia il bello. Perché ogni azione produrrà degli effetti, è nella natura delle cose. Ma troppi progetti falliscono per l'incapacità di gestire gli effetti generati dalle azioni per realizzarle. Ci si lamenta perché le cose da fare sono troppe e ci si aspettava meno fatica. Si protesta perché non si ha tempo a sufficienza, energia a sufficienza e alla fine neanche voglia a sufficienza. C'è un'unica soluzione: pianificare. Agenda alla mano, segnare i tempi che vogliamo dedicare al nostro obiettivo e occuparli con le attività necessarie. Perché come dice Philip B. Crosby le cose buone capitano solo se sono state pianificate; le cose cattive capitano da sé.
  6. Fare troppo: gli attori giapponesi del Teatro No e Kabuki dicono che i sette decimi dell'energia dell'attore devono essere usati nel tempo e i tre decimi nello spazio. In pratica non bisogna spendersi come forsennati: l'energia va contenuta e canalizzata. Anche nel nostro percorso personale, se impegnarsi vuol dire arrivare stremati alla fine della giornata, c'è qualcosa da migliorare. Sette decimi nel tempo e tre nello spazio: usate la maggior parte della vostra energia per organizzare i tempi e sarà facile svolgere le attività con la giusta energia senza strafare.
  7. Annoiarsi: ovvero, oltre il danno la beffa. Sembra incredibile, ma il pericolo della noia si cela proprio dietro l'angolo del successo: una volta ben avviati i nostri progetti o raggiunti i primi risultati, tendiamo pericolosamente ad adagiarci e in meno di quanto ci si possa aspettare si passa dall'adagio all'apatia. In realtà la noia che sopraggiunge al successo ci segnala l'occasione di aprire nuovi capitoli da scrivere nella nostra vita. Per aiutarsi a prevenire il rischio-noia facciamo attenzione alla scelta degli obiettivi e scegliamo quelli con conseguenze più durature: in questo modo ci garantiremo sempre un domani attivo e impegnato. In proposito, Francois-Gaston de Lévis suggeriva che la noia è la malattia di cui il lavoro è un rimedio; il piacere è soltanto un palliativo.

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