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sabato 27 febbraio 2010

Sopravvivere alla PNL si può


E si deve, direi.

Non avevo mai letto la voce sulla Programmazione Neurolinguistica in Wikipedia, l'ho fatto solo dopo aver scritto quanto segue.

Ne consiglio la lettura a tutti.

Poi mi auguro che leggiate anche il mio post ;-)

Quando iniziai a leggere La struttura della magia (1981, Astrolabio) di John Grinder e Richard Bandler rimasi incantato: finalmente qualcuno parlava di cose concrete (le parole) e delle possibili combinazioni di quelle cose (le strutture morfo-sintattiche).

Se mi fossi fermato a metà libro, anzi, se si fossero fermati Bandler e Grinder, lo stato di incantamento sarebbe forse perdurato.

Invece da lì inizia la più complessa e irrazionale esposizione della natura umana, del pensiero e delle interazioni comunicative che la storia della psicologia ricordi.

Un libro riuscito a metà comunque non è un delitto, anzi.

Sono i mezzi libri successivi, il problema.

Purtroppo quando metti su un business come quello della PNL non puoi limitarti a un libello con contenuti validi anche se minimi ma devi "gonfiare" tutto.

Non che Bandler e Grinder sapessero già in partenza che il tutto sarebbe diventato quell'enorme macchina mangia-soldi che è oggi la PNL.

Poiché sbandieravano un mentore d'eccezione come Gregory Bateson (e su questo tornerò tra poco) dubito che quest'ultimo si sarebbe fatto abbindolare.

Ma Gregory Bateson dava quasi per scontato il principio di Kant sul considerare gli esseri umani anche come fini e non solo come mezzi, per questo partiva sempre da una posizione di fiducia preventiva.

Molto britannico...

Terrorizzato dall'idea che qualcuno (fosse anche un bravo terapeuta) potesse influenzare intenzionalmente qualcun altro (fosse anche un paziente grave) non esitò a staccarsi da Jackson e gli altri "paloaltisti".

Figuriamoci preoccuparsi di due studenti, "non sono neanche psicologi" avrà pensato sentendosi rassicurato.


Sarebbe stato meglio?

Perché se la PNL va fiera di non essere una psicologia voglio subito sottolineare che tutti gli altri approcci alla mente prevedono dei percorsi formativi con un sistema di controllo sensato.

Quasi tutte le scuole di specializzazione psicoterapeutica, infatti, prevedono che lo specializzando si sottoponga egli stesso a un percorso di psicoterapia, con la doppia finalità di imparare dall'interno e di migliorarsi come persona.

La struttura dei percorsi di formazione di PNL non prevede nessun sistema del genere.

Un altro motivo per il quale l'essere psicologi forse avrebbe giovato è che certe tecniche e certi risultati non sarebbero apparsi straordinari agli occhi del duo Bandler-Grinder e dei loro adepti: nonostante l'enorme "armamentario" di strategemmi e dietrologie, la PNL funziona - quando funziona - esattamente per gli stessi motivi delle altre psicoterapie, ossia il potere del contesto curativo, la presa in carico, la ristrutturazione cognitiva, la libertà emotiva, l'autosuggestione e la costruzione di credenze costruttive, tanto per dirne alcuni.

Il buongiorno si vede dal mattino

Nella premessa di Programmazione neurolinguistica (1982, Astrolabio), il testo a dieci mani che sancisce l'affermazione "ufficiale" della PNL, ci sono alcune chicche da riesaminare.

Sin dalla sua nascita la scienza del comportamento si è posta l'obiettivo di conseguire lo stesso grado di eleganza, affidabilità e precisione che caratterizza le scienze fisiche.


Questa affermazione, a pagina 13, concerne il grado di scientificità della stessa PNL, per questo merita attenzione.

Da essa infatti gli autori arrivano ad affermare che il loro scopo è raggiungere proprio quegli altissimi gradi di eleganza, affidabilità e precisione ai quali aspirano le scienze.

Se adottiamo una delle sopraffine tecniche di analisi del linguaggio esposte in La struttura della magia scopriamo che si tratta di un'affermazione basata su un presupposto non esplicitato.

La tecnica dice che per estrarre un presupposto bisogna provare a "negare" il verbo della principale, e se la frase continua ad avere senso compiuto allora c'è un presupposto da rivedere.

Un presupposto è un'idea in base alla quale si articola un ragionamento: la validità del ragionamento, dunque, è predeterminata dal presupposto.

Poiché non esistono presupposti assoluti - anzi, i presupposti si usano proprio perché è quasi impossibile fare affermazioni assolute - sarebbe bene che chi li usa chiarisse che sta esprimendosi a partire da una sua discutibile opinione e non sta scrivendo la verità sulla pietra.

Allora, la tecnica ci dice di negare il verbo.

Così se diciamo che la scienza del comportamento non si è posta l'obiettivo ecc. la frase continua a funzionare, ergo contiene un presupposto.

Quindi la frase andrebbe riscritta, sempre secondo i consigli dei piennellini - si può dire o è meglio piennellisti? - anteponendo un bel secondo noi per evitare di farla sembrare una affermazione dotata di attendibilità assoluta.

Ma voglio spostare la critica su qualcosa di più sostanzioso.

Associare psicologia e scienza è davvero sempre necessario?

Intanto, una buona metà di coloro che si occupano della mente non sono affatto contenti dell'appellativo di scienza e preferirebbero di gran lunga quello di arte: quando la componente umana è così consistente, quando l'uomo è sia lo strumento che lo strumentista, restare nei confini della scientificità è difficile.

In secondo luogo, gli argomenti per analogia - come quello usato dai nostri piennellatori - sono sempre a rischio di fallacia: la scienza del comportamento potrà anche imitare le scienze fisiche e darsi un metalinguaggio, ma questo non implica che l'oggetto di studio sia della stessa natura di quello delle scienze fisiche; implica invece che come tutte le altre scienze, anch'essa non può sottrarsi agli stessi criteri epistemologici, dal rasoio d'Ockham alla falsificabilità di Popper, due criteri sotto i quali la PNL soccombe miseramente.

Ammettiamo comunque che la scienza in generale cerchi di costruire la propria lingua.

A che scopo?

Quello di comunicare ricerche e risultati per consentire ai membri della stessa comunità di vagliare, criticare, migliorare o smontare gli stessi.

Ma gli autori subito dopo, a pagina 17, se ne escono con una affermazione terrificante se non fosse in ridicola contraddizione con la precedente:

Il lettore si trova di fronte a una rappresentazione scritta del modello chiamato PNL. Abbiamo scelto deliberatamente il termine modello che contrapponiamo a teoria. Il modello è semplicemente la descrizione di come qualcosa opera, senza doversi impegnare a precisare perché
(sic!). Una teoria è gravata dall'onere di trovare una giustificazione che spieghi perché i vari modelli sembrano collimare con la realtà.

Praticamente come dire: siamo una scienza perché ne imitiamo il tentativo di darci una forma scientifica, ma non siamo una scienza perché non vogliamo dare spiegazioni e dimostrazioni su ciò che affermiamo.

Quindi, siamo scienza e non siamo scienza a seconda di come ci conviene.

Ma lo splendido passo continua:

Noi siamo dei modellisti e chiediamo al lettore di giudicare quest'opera come un modello, ignorando se esso sia vero o falso, giusto o sbagliato, esteticamente piacevole o spiacevole, per scoprire invece se sia funzionale, se sia utile o inutile.


Quindi, se io ho un problema e lo risolvo con le tecniche della PNL non potrò mai giudicare se ho risolto il problema: se infatti il problema sarà risolto, allora il modello sarà vero, ma io non devo giudicare se sia vero, se i consigli della PNL funzioneranno allora il modello sarà giusto, ma io non devo giudicare se sia giusto, e se l'esperienza piennellista, nella sua esposizione e nella sua pratica, mi piacerà allora il modello sarà esteticamente piacevole, ma io non devo giudicare se sia piacevole.

Non parliamo dell'eventualità in cui non dovessi risolvere il problema: a quel punto non potrò affermare che è falso, ingiusto e spiacevole, perché tanto loro mi avevano avvisato di non volere accollarsi l'onere di far collimare il modello con la realtà.

Anche se ci scherzo, la questione è seria: una persona che senta di avere un problema ovviamente non si sentirà così sicura della sua capacità di distinguere il vero dal falso, il giusto dallo sbagliato e il piacevole dallo spiacevole, per cui se la PNL vuole davvero aiutare non dovrebbe esimersi da questi parametri di giudizio.

Sicuramente alla PNL si può credere per fede, sia perché l'autosuggestione è uno dei principali fattori terapeutici, sia perché a giudicare dalla diffusione della PNL e del suo business sembra di riconoscere zelo missionario e piglio clericale.

Ma qui sconfiniamo nell'assurdo.

Voglio concludere con l'uso di Gregory Bateson come testimonial.

Introducendo La struttura della magia, Bateson scrisse che Bandler e Grinder avevano cercato di dare origine una base teorica (forse ai due questo aggettivo è sfuggito, n.d.r.) appropriata per la descrizione dell'interazione umana.

Perché è proprio questo il punto cruciale della ricerca batesoniana: in Mente e natura (1984, Adelphi) egli afferma che ogni spiegazione non è altro che proiettare una descrizione su una tautologia, ossia su un insieme di affermazioni postulate a priori che non possono essere giustificate in base a qualcosa di esterno a esse e che proprio per questo difetto congenito le teorie vanno sempre esplicitate.

Altro che rifiutare la parola teoria e scegliere deliberatamente modello.

Subito dopo aver citato in modo discutibile Bateson, i fondatori della PNL affermano che il loro intento non è solo descrivere i comportamenti umani ma anche i criteri usati da chi descrive per scegliere cosa descrivere e come farlo, in una parola per favorire la soggettività dello studioso di PNL.

Pensavo che favorire la soggettività significasse alimentare le differenze allo scopo di arricchire.

Questa soggettività è stata talmente favorita che oggi, dopo trent'anni, i criteri sono sempre gli stessi, ripetuti per successione ereditaria, regolata da un'apposita tassa - ossia le quote per i corsi - e di soggettività vera neanche l'ombra: al suo posto, una sfilza di scuole, centri, e un esercito di esperti, guru e quant'altro, tutti ancora fermi a dire che la mappa non è il territorio e il nome non è la cosa designata, in una eco infinita dove tutti sono oggettivamente d'accordo (a intascare).

Manca solo che ci dicano che la PNL non è mai esistita (magari) e che io in realtà ho sognato di leggerne gli scritti.

A quel punto non mi resterà che la psicanalisi freudiana.

3 commenti:

  1. Ho trovato il tuo punto di vista molto interessante.
    sono caduta da poco nella fascinazione di questa "materia" (materia me lo concedi come termine?) e devo dire che una voce come la tua, tra i risultati dei motori di ricerca sotto la voce "verità sulla PNL ", è in netta minoranza, soffocata da tanta maestria nel dominare il marketing di quelli che hai chiamato "piennellatori".
    Ti ho apprezzato, e mi hai fornito un interessante punto di vista diverso, senza edulcorazioni.
    Grazie
    Sara
    sara@baldinacci.it

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  2. Ma quindi te consigli di studiare la PNL oppure per chi vorrebbe imparare su questi argomenti cosa consigli di approfondire??

    Grazie
    Amelio

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  3. grazie del commento. Studiare la PNL è come andare a sbirciare in fondo al libro per vedere i risultati degli esercizi.
    Ma è solo la mia personale opinione.
    Se ti serve una biblioteca virtuale vai su http://www.gianfrancobertagni.it/Discipline/psiche.htm e usa pure come guida la tua curiosità.

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