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mercoledì 7 ottobre 2009

Psicologia: scienza o arte?


La psicologia è da sempre una materia affascinante per gli esseri umani, molto più antica della sua nascita ufficiale, risalente a due secoli fa, e destinata forse a non avere mai una forma definitiva e assoluta.

Ma da cosa dipende l'instabilità della psicologia?

Perché da alcuni è considerata una scienza affine alla medicina mentre per altri è simile a una forma d'arte, a una pratica basata sull'esperienza, a una costruzione provvisoria di idee in cerca di definizione?

Mi piace riflettere su questo tema giocando con la stessa parola, “psicologia”, smontandola e approfondendo il significato delle sue parti.

Psico: mente, anima, o psiche ecc.

Logia: discorso, studio, materia o scienza ecc.

In genere, l'analisi etimologica si ferma a questo livello.

Ma io invito chi studia la mente a effettuare un ulteriore divisione di queste parti.

Una divisione artificiale, certo.

Ma a volte, per vedere ciò che non si vede in apparenza, bisogna usare altri occhi.

Cosa si intende per psiche?

Non parlo qui ancora in senso etimologico o storico-filosofico.

Il nome psiche è usato per indicare una ipotesi.

Noi ipotizziamo che i “segnali” esterni di un essere umano – parole, atteggiamenti, espressioni, comportamenti ecc. - siano collegati in modo diretto a “qualcosa” a noi invisibile, interno alla persona.

Attenzione ai due termini, allora: interno, esterno.

Il concetto di psiche – non la psiche stessa – si compone di questi due elementi.

Una definizione elementare della parola “psiche” sarebbe: qual qualcosa che avviene tra l'interno e l'esterno di una persona.

Da un punto di vista tecnico, la psicologia allora è una grande congettura.

Ma nulla più di una congettura?

Gli studiosi non sanno rispondere in modo certo e assoluto a questa domanda.

Passiamo all'altra parte.

Cosa si intende per studio, materia, scienza?

Da un punto di vista pragmatico, come si fanno queste attività?

Lo scienziato compie due azioni precise:


  1. Osserva.
  2. Descrive ciò che ha osservato.
E qui sorgono le domande.

Cosa osserva, della psiche, lo scienziato di psicologia?

L'interno della persona, l'esterno della persona, o entrambe le facce?

Egli può osservare solo l'esterno.

In base alle regolarità di ciò che osserva dall'esterno, “congettura” l'assetto dell'interno.

Per questo motivo, spesso lo psicologo è paragonato al detective o all'artista.

Ma non si limita a osservare, egli descrive.

Tuttavia sa bene come le descrizioni non possano essere mai oggettive.

Provate a descrivere la vostra stanza: anche se riusciste a elencare i nomi di tutti gli oggetti, di tutte le forme, e di tutte le caratteristiche materiali visibili, non sareste comunque oggettivi poiché l'ordine che usereste sarebbe sempre scelto da voi, mentre un'altra persona potrebbe “vedere” la vostra stessa stanza con gli stessi oggetti ma partendo da un altro punto di osservazione.

Anche le descrizioni dello psicologo hanno questo limite.

E le osservazioni degli psicologi finiscono sui libri, e i libri formano altri psicologi.

Domanda: questi nuovi psicologi formatisi sui libri dei vecchi, vedranno i fenomeni reali o saranno condizionati dalle “descrizioni” dei loro maestri?

Il filosofo Ludwig Wittgenstein ammoniva:

di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

Ma noi continuiamo a studiare psicologia “per seguir virtute e conoscenza”.

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