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mercoledì 7 ottobre 2009

Studiare la mente: i sei criteri di un grande maestro

Per studiare la mente bisognerebbe partire da una definizione precisa.

Ma si può definire con chiarezza cosa sia la mente?

Nel mondo delle scienze “forti”, prevale l'idea che la mente sia una “conseguenza” delle funzioni cerebrali, determinata dall'attività elettrica del cervello.

Nel mondo delle scienze umane, quelle definite per contrasto “deboli”, troviamo disparate descrizioni: il computer dell'essere umano, l'elaboratore di pensieri, concetti, immagini, sensazioni, la parte intuitiva e sensibile delle persone, o addirittura un'entità dotata di esistenza autonoma, lo spirito.

Come scegliere tra queste definizioni?

Credo che oggi le persone cerchino risposte al disorientamento e alla mancanza di sicurezza.

Per questo, la scelta dovrebbe ricadere su ciò che è utile.

E utile vuol dire “che si può usare”.


Nel 1980, l'antropologo Gregory Bateson pubblicò Mind and Nature (in italiano Mente e Natura, 1984, Adelphi), uno dei testi più densi sul tema della mente e della sua definizione.

L'intera ricerca di Bateson era imperniata sullo studio scientifico di ciò che solitamente le scienze forti evitano.

Bateson si chiedeva se fosse possibile studiare cose come l'estetica, la follia, l'arte, i sentimenti ecc. con gli stessi metodi, la stessa attenzione e la stessa considerazione con cui gli scienziati sono soliti studiare le sostanze chimiche, la fisica subatomica, la biologia molecolare, e tutte le scienze “numeriche” in genere.

Ci ha lasciato una descrizione della mente in sei punti, e io trovo utile e piacevole dare il via a questo blog con il suo contributo.




  1. Una mente è un aggregato di parti che interagiscono: nella nostra mente i pensieri interagiscono di continuo, e tra la nostra mente e l'ambiente percepito lo scambio è senza interruzioni.
  2. La mente è attivata dalla differenza: cosa accende la nostra attenzione? Le differenze. Cosa fa scattare un nuovo pensiero, una nuova concezione, un nuovo modo di essere? La differenza con lo stato precedente. Come facciamo ad essere sicuri di pensarla in un certo modo? Grazie alle differenze percepite, possiamo distinguere pensieri, concezioni, modi di essere affini a noi da tutto ciò che sentiamo lontano da noi. Questa differenza è sempre attiva e sempre ci guida.
  3. Tra le parti della mente avviene un processo grazie all'energia esterna e/o interna a esse: quando i nostri pensieri si formano associazioni, anche se noi pensiamo di controllare il processo, dobbiamo tenere conto del fatto che ad ogni pensiero è associata una “forza” che influirà sul processo stesso. Chiunque lasci andare i pensieri per qualche secondo potrà sperimentare come il risultato delle nostre associazioni non sia mai determinato solo dal pensiero di partenza e il risultato è spesso imprevedibile. Allo stesso modo, quando parliamo, stiamo creando un processo mentale con qualcun altro, il quale immetterà nel processo la “sua” energia. Anche in questo caso, il risultato del nostro scambio con quella persona non è mai determinato solo da noi e può risultare imprevisto.
  4. Il processo mentale non è lineare, ma a volte circolare, altre volte più complesso: spesso pensiamo di poter influire direttamente sull'ambiente o sulle persone. Altrettanto spesso, l'ambiente o le persone sembrano “rispondere” alle nostre sollecitazioni. Le loro “risposte” ci costringono ad “aggiustare il tiro” della nostra azione. Per cui, il processo mentale non inizia sempre da noi e non finisce sempre fuori di noi. Esso ritorna in modo ciclico. Perciò a volte agiamo per cambiare ciò che è fuori di noi, e ci ritroviamo ad aver cambiato ciò che è dentro di noi.
  5. Le differenze che attivano la mente producono in essa altrettante differenze analoghe: basti pensare alla traccia che certe esperienze lasciano in noi. Essa “somiglia” alle esperienze di partenza, ma è “differente” in base a ciò che noi abbiamo trovato significativo in essa. Lo stesso processo accade nella comunicazione, quando, pur usando parole conosciute, esse vengono intese in modo “differente”, generando incomprensioni.
  6. Le fasi del processo mentale si organizzano tra loro in modo gerarchico: perché mai da un pensiero estemporaneo, la nostra mente inizia a girovagare nei suoi meandri? Perché quel pensiero è gerarchicamente inserito in una categoria di pensieri affini, perché esso condivide qualcosa con gli altri pensieri a catena. E perché le parole non hanno sempre lo stesso effetto? Perché le parole sono gerarchicamente inserite nella comunicazione totale tra le persone, fatta anche e soprattutto di sguardi, atteggiamenti, tonalità vocali, storia passata, idee preconcette, tutti fattori “superiori” alle parole, capaci di modificarne l'efficacia.

Chi sa usare questi “criteri della mente” può vedere i fenomeni della vita non come qualcosa di meccanico, soggetto a leggi fisse dai risultati ineluttabili.

Il processo mentale è creazione pura, perciò vivere, pensare, fare scienza, o studiare la mente sono tutte forme d'arte.

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