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venerdì 1 maggio 2015

La danza delle relazioni: cambia tu che cambio anch'io

Le persone non cambiano, e soprattutto non puoi cambiarle dall'esterno.

Hai sentito dire spesso queste parole, tra il consolatorio e il rinunciatario, ora come perla di saggezza e ora come ultima spiaggia per non affogare nella disperazione.

Anzi, le hai sentite dire da persone che sai bene quanto tentino di cambiare gli altri.

Che cosa vorrà dire poi cambiare non è per niente chiaro.


Di sicuro non puoi cambiare una persona come cambi un vestito, un pezzo d'arredamento o la lavatrice.

Non hai quel tipo di controllo.

Di fatto però, in ogni relazione, siamo indotti reciprocamente a diminuire o aumentare alcuni dei nostri tratti, per trovare la combinazione migliore con l'altro.

Non abbiamo la facoltà di governare le persone come con un joystick, ma non siamo nemmeno del tutto impotenti verso di loro.

Abbiamo qualche chance di influire e cerchiamo di capire in che ambito e in che misura.

Di solito, cerchiamo di cambiare l'altra persona quando pensiamo che possa farlo e che debba farlo, ma che non stia facendo veramente lo sforzo necessario.

Il che significa che in qualche modo non ci sta amando abbastanza, la prendiamo sul personale, facciamo equivalere il suo non accontentarci con un suo rifiutarci.

Cominciamo a vagheggiare di dimostrazioni d'amore, distinguendo quelle a parole da quelle nei fatti, solo che i fatti devono essere decisi da noi e non realizzati spontaneamente dall'altro.

Non so se riesco a farti capire che tipo di forzatura cognitiva adottiamo.

Ma le cose non stanno così.

Intanto, il cambiamento può essere osservato attraverso tre parametri:

  • voler cambiare/non voler cambiare
  • poter cambiare/non poter cambiare
  • dover cambiare/non dover cambiare

Ogni nostra riflessione e discussione sul cambiamento dovrebbe passare al vaglio attraverso questi tre filtri, per scovarne ogni sfumatura.

Vediamo il primo, cioè quando si può voler cambiare o non voler cambiare.

Noi distorciamo il senso vero del non voler cambiare, e questo mette in crisi le nostre relazioni.

Il contrario di voler cambiare non è non voler cambiare, ma avere la serenità di accettare.

In realtà, se ci infastidisce il non cambiare dell'altro non è per una sua mancanza, ma è perché non siamo capaci di rimanere sereni rispetto a questo.

Si tratta di una nostra inadeguatezza.

Il secondo filtro, potere o non poter cambiare è il più facile da concepire, si tratta di una pura e semplice corrispondenza tra le circostanze e le nostre facoltà.

Il terzo filtro è complementare al primo: la maggior parte delle cose che riusciamo a cambiare non le dobbiamo veramente cambiare, non perché non dovremmo, ma perché non è necessario cambiarle.

Mentre di solito quelle che sentiamo di non dover cambiare ci sono molto chiare, e stanno sull'altra faccia di quelle che non vogliamo cambiare.

La reciprocità, nelle relazioni, rende questo gioco ancor più intricato.

A cambiare o meno, in quel caso, si è in due.

Così, se decidiamo di chiedere al partner di cambiare, o addirittura ce ne allontaniamo per cambiarlo, vogliamo un cambiamento nell'altro mentre non lo vogliamo in noi, ossia accettiamo serenamente i nostri standard.

Al contrario, se continuiamo con lo stesso partner vuol dire che accettiamo serenamente il suo modo di essere e siamo disposti a modificare o vogliamo cambiare almeno in parte il nostro.

Tra questi due estremi, e con moltissime variazioni d'intensità, si svolge la danza delle relazioni.

Ci saranno sempre, secondo noi, cose che l'altro dovrebbe e vorrebbe cambiare ma non può.

E cose che dovrebbe e potrebbe cambiare ma che non cambierà, e noi continueremo a pensare che non vuole cambiare.

E ancora, cose che potrebbe e vorrebbe cambiare ma in fondo non è necessario o non è bene che cambi.

Ricordandosi che la danza si fa in due, e che tutto ciò avviene, in questo preciso momento, anche nella mente e nel cuore di chi sta dall'altra parte.

Buona danza.

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