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mercoledì 9 maggio 2012

Ricorrenze/3: Gregory Bateson



  9 maggio: non posso saltare questo appuntamento.

In fondo, se questo blog esiste lo devo al mio incontro folgorante con Gregory Bateson, di cui ricorre oggi l'anniversario di nascita.

E se il titolo che ho dato invita a studiare la mente, non intendo solo la mente dell'individuo, intesa come quel misto di pensieri, memorie, linguaggi e percezioni sensoriali.

La mente cui mi riferisco è quella che risponde alla definizione data dal grande antropologo: un'insieme di parti che interagiscono, dal tuo occhio allo schermo, dalle parole che leggi alle mie dita che le scrivono, fino all'immagine che reciprocamente ci facciamo l'uno dell'altro, tu di me che scrivo e io di te che leggi dall'altra parte.

Relazioni, non cose.

Quel che resta di Bateson oggi è il grande lavoro che sua figlia Nora sta facendo grazie al film documentario su suo padre, il nome Bateson nelle bibliografie di quelli che sono saltati sul suo carro vincente, e il ricordo di chi nel silenzio ha saputo comprenderne l'importanza storica.


In un'epoca che si avviava all'iperspecializzazione disciplinare, Bateson, pensatore unico e influente come pochi, tentava la sfida di trovare quel pattern costante che può mettere sullo stesso piano scienze differenti.

Antropologia, cibernetica, psichiatria e scienze cognitive - queste ultime praticamente una sua invenzione - furono per Bateson diverse facce dello stesso diamante della vita.

Solo con una visuale globale, che tiene conto sì delle azioni che gli uomini compiono, ma anche delle reazioni che essi provocheranno nel tempo, si può realizzare un vero approccio ecologico.

Bateson ci ha insegnato che migliorare anche di pochissimo l'efficienza dei carburanti potrebbe evitare guerre - perché sapeva prevedere il futuro o perché i capi della politica sono sempre maledettamente prevedibili? - e che usare prodotti agroalimentari biologici nelle mense scolastiche ridurrebbe il rischio di sovrappeso e di altre malattie della modernità.

Grazie a uno sguardo come il suo, oggi sappiamo perché il carcere non redime: il detenuto, lungi dal pensare di essere stato beccato, spesso pensa la prossima volta dovrò stare più attento a non farmi prendere.

Grazie alle sue ricerche, oggi comprendiamo che la psichiatria e la psicoterapia hanno dei limiti invalicabili: le famiglie dei pazienti, che sono spesso la culla e la gabbia di chi soffre di disagi mentali.

Grazie alla sua fiducia nel nuovo, oggi siamo anche invasi dai figli dei figli dei figli dei figli del suo pensiero: da quelli di Palo Alto - che ormai sembra un film western - ai piennellisti, dagli improvvisati ipnotisti ai professori universitari che a pappagallo ripetono come dei mantra le lezioni di Bateson.

Eppure lui l'aveva scritto a chiare lettere in Mente e natura: ogni spiegazione - anche quelle dell'aula universitaria - non è altro che la proiezione di una descrizione, ossia il racconto che forniamo, su di una tautologia, ovvero il sistema di regole implicite che stiamo accettando a scatola chiusa perché non si può dimostrare.

Queste regole, sul fondo del nostro modo di pensare, sono il contesto nel quale ognuno di noi fa quadrare i conti con la realtà.

Per questo siamo diversi, per questo nessuno di noi è meglio degli altri.

Ma tutto questo è stato lui a dirlo per primo: almeno in questo lui è meglio di noi.

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