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sabato 5 maggio 2012

La fede del tifoso: divertimento o religiosità?

Qual è il sogno di ogni blogger?

Essere utile ai lettori.

Mai però avrei immaginato di poter essere utile ai tifosi di calcio con un blog sulla mente.

Eppure, da quando un tifoso juventino ha linkato il mio post Guida per ridurre l'ansia durante i tempi d'attesa nel forum del sito dei tifosi bianconeri, fioccano visite su visite.

Tutto è partito da un frequentatore del forum che ha chiesto aiuto per superare l'ansia per l'attesa del prossimo, decisivo match: per tutta risposta, qualcuno gli ha suggerito il mio articolo.

Spero naturalmente che possano trovarci qualcosa di utile, ma nel frattempo prendo spunto da questo imprevisto incontro con il mondo del tifo calcistico per dissertare sul tifo come fenomeno sociale.

A che cosa si associa il tifo, nel mondo degli studi psicologici?

Alla religione, affermano dall'università del Kentucky: basti pensare alla terminologia tipica del tifo, che annovera termini quali fede, devozione, venerazione, rito, dedizione, sacrificio, impegno, spirito, preghiera, sofferenza, celebrazione e tanti altri della stessa costellazione semantica.

Allo stesso modo è possibile accostare stadi e campi di gioco alle cattedrali nelle quali i seguaci dei loro eroi pregano, cioè sperano con tutta la loro anima nel trionfo.

Infine, il tifo si fonda sul senso di appartenenza a un gruppo, per il quale si auspica la realizzazione di un mondo nel quale sentirsi i giusti, i migliori.

Ma come si fa a mettere sullo stesso piano l'intrattenimento calcistico con la celebrazione religiosa?

Nello stesso modo in cui i riti di una religione lontana ci sembrano spettacolari, cioè osservabili, o alcuni rituali tradizionali che prevedono processioni, carri, flagellazioni e teatralizzazioni sono oggetto di turismo antropologico, ugualmente lo spettacolo sportivo e il suo divertimento possono sconfinare nel rituale e l'attenzione nel seguirlo in religiosità.

I tifosi che indossano i colori della loro squadra si trasformano in celebranti del rito, a partire dall'aspetto esteriore, passando per le icone - le bandiere - e addirittura il culto statuario di eventuali mascottes o immaginette.

Se aggiungiamo i canti, il cui contenuto è analogo alla preghiera, con scongiuri, esortazioni, auspici e anatemi contro gli avversari, i cui effetti modificano lo stato di lucidità, il quadro mi sembra completo.

La domanda da porsi, a questo punto è se gli effetti della devozione verso gli assi dello sport siano paragonabili a quelli della dedizione verso santi e idoli religiosi.

Il tifoso, nel suo impegno verso la squadra, riempie di senso la sua vita, ovviamente dal suo punto di vista, e trova uno scopo significativo nel seguirne le sorti.

Il tifo, come attività continuativa e volontaria, fornisce la possibilità di fuggire la monotonia quotidiana, proprio come la fede religiosa fa trascendere l'esperienza mondana.

Ecco che le facce dipinte, i capelli colorati, i costumi pittoreschi vanno a soddisfare bisogni gemelli di quelli religiosi, come l'identificazione in una comunità, la fuga dagli aspetti deludenti del vivere, la prospettiva di un domani di attesa e speranza (come appunto quello dei tifosi che mi sono venuti a visitare).

Quando Marx assegnò alla religione il ruolo di oppiaceo, la immaginava capace di anestetizzare i mali del capitalismo.

Quei mali, o ciò che li faceva chiamare tali dal filosofo, ci sono ancora tutt'oggi.

Ce n'è abbastanza per dire che questo ruolo dopante, oggi, è occupato dal tifo calcistico?

Tu segui qualche sport o fai il tifo per una squadra?

Cosa ne pensi degli effetti del tifo calcistico sull'umore e l'atteggiamento delle persone?

Che futuro immagini per la religiosità?

Scrivi subito la tua opinione nei commenti.

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