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sabato 13 ottobre 2012

Capire gli altri: fino a che punto?

Se un amico tarda ad arrivare al vostro appuntamento, che cosa pensi?

Avrà avuto un contrattempo?

Il solito ritardatario?

Spero non gli sia successo qualcosa di grave?

Ecco, non ha alcun rispetto per me!?

Un comportamento, quello del ritardo, che sicuramente non procura piacere, quindi si può pensare sia facile avere reazioni negative.

In realtà, è possibile reagire in modi molto differenti anche a comportamenti che giovano.

Il classico esempio del marito che fa un regalo inaspettato alla moglie, facendole pensare che ha qualcosa da farsi perdonare, la dice lunga.

Perché una parte delle mogli penserebbe di avere accanto l'uomo più dolce del mondo, e un'altra parte di avere vicino una carogna subdola che sta tentando di manipolarla?

Che cosa ci porta a interpretare i comportamenti degli altri in modi così differenti?

Che cosa si può fare per allenarsi a interpretarli in maniera positiva?


Attribuire una causa ai comportamenti altrui porta inevitabilmente a un bivio, con ricadute più o meno dirette sulla relazione con quelle stesse persone.

Se il ritardo dell'amico è interpretato come frutto di eventi fuori dal suo controllo - traffico, ruota bucata, contrattempi improvvisi - l'immagine dell'altra persona non si macchierà di ombre negative e al suo arrivo potremo goderci la relazione in modo pacifico.

Per non parlare del regalo del marito che, se attribuito a una spontanea benevolenza, renderà ancora più vicini i partners.

Entrambi i comportamenti tendono a:

  • escludere intenzioni negative nell'altra persona
  • includere intenzioni positive nell'altra persona
Se però ci incamminiamo per l'altra strada del bivio, il modello di attribuzioni di cause si ribalta.

Saranno le intenzioni negative a essere incluse nell'immagine della persona, e quelle positive saranno escluse.

Di per sé questo non è per forza un problema.

Lo diventa nel momento in cui avviene il confronto.

Aspettare l'amico in ritardo pensando che non gliene frega niente di noi, o sospettare l'impossibile dietro al regalo del marito, prepara il nostro corpo e la nostra mente alla battaglia, vediamo nell'altro il nemico e tutto in noi si chiude, si arma, è pronto alla difesa, alla lotta, all'attacco.

In questo senso, le attribuzioni di causa negative inficiano sempre le relazioni, anche perché la persona che ha fatto attribuzioni negative ai comportamenti dell'altro non è in grado di calmarsi subito, anzi, spesso più si rende conto di aver sbagliato l'interpretazione e più si sente a disagio.

L'atteggiamento di chi fa attribuzioni negative genererà una reazione nell'altra persona, sulla stessa lunghezza d'onda.

E lo stesso avverrà per le attribuzioni positive.

Nel primo caso, è facile che i due membri della relazione dipingano l'altro nella loro mente l'uno come un traditore e l'altro come una persona paranoica.

Nel secondo caso, invece, l'immagine dell'altro era e resterà quella di una persona che ci vuole bene, e il sentimento sarà reciproco.

C'è però un terzo caso possibile: che l'attribuzione negativa sia giusta.

Sì, l'amico era in ritardo davvero perché si è dimenticato dell'appuntamento o addirittura ha scelto di fare quella telefonata o di passare in quel luogo pur sapendo che ciò avrebbe comportato il ritardo.

Il regalo del marito, poi, è il suo tentativo di andare oltre una tensione, una difficoltà, un gesto per il quale egli davvero temeva di ferire la moglie.

A quel punto non c'è alcuna attribuzione, ci troviamo di fronte la verità.

Quale scelta faremo?

Il bivio è di nuovo lì: possiamo biasimare l'altra persona, caricando d'intenzione il suo comportamento, oppure possiamo continuare a pensare che lo stress, l'incapacità di esprimersi, i nostri stessi comportamenti passati - nei quali magari siamo stati troppo duri, tanto da indurre l'altro a evitare di farci arrabbiare - hanno portato l'altra persona a commettere quegli errori.

La scelta su come inquadrare la relazione è ancora tutta nelle nostre mani, e da essa dipende il suo sviluppo.

Naturalmente, questo è possibile solo se gli sbagli conclamati dell'altra persona non rappresentano un danno diretto al nostro benessere psico-fisico.

Proprio ora che stanno ritrasmettendo sulla Rai Amore criminale ne abbiamo la prova: donne che, nonostante l'evidente devianza dei loro partner, che le picchiano e le violentano sin dal primo momento, continuano ad attribuire a questi comportamenti cause indipendenti dalla volontà di questi stessi uomini, o addirittura si mettono in testa di poterli cambiare o salvare dalla negatività che li abita.

Il bivio sì, ma il baratro no.

2 commenti:

  1. Splendido.
    Le sue idee, oltre che pienamente condivisibili, hanno la forza di un'equilibrata verità.
    Peccato che nella realtà di tutti i giorni, tra una delusione e una ferita, non si riesca a vedere altrettanto ottimisticamente le brutture che ci capitano spesso tra capo collo.
    Voglio dire che la sua, più che altro, mi pare una splendida teoria.
    Vivere, ahimé, è un tantino più complicato.
    Margherita

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    1. Grazie per la sua testimonianza. Vivere è sempre molto più complicato di quanto un semplice post, un articolo, un libro, persino le parole di un terapeuta riescano a racchiudere. Perché vivere è la strada da percorrere a partire dalle parole di un post, di un articolo, di un libro o di una persona. Ed è sempre una strada non esente da sofferenze.

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