Pagine

mercoledì 6 gennaio 2010

Emozioni: quattro modi per gestirle


Prima domanda: ma vanno davvero gestite?
Risposta: ni...

Se per gestire intendiamo mettere a tacere, soffocare, rifiutare, far finta che non esistano allora il ni diventa un no fermo.

Le emozioni non sono un problema
, anche se molte persone le vivono così.

Le emozioni sono piuttosto una condizione del nostro essere
.

Un problema, in questo caso, si può intendere come un ostacolo sul cammino che stiamo facendo: trovato il modo di aggirarlo o superarlo, continuiamo per la nostra strada.

Una occasionale crisi di rabbia può effettivamente crearci dei problemi con gli altri ma se è occasionale la supereremo e gli altri ci verranno incontro.

Una condizione, invece, è uno stato di cose che permane e quindi è inutile provare a eliminarlo, meglio imparare a starci accanto.

Una persona dal temperamento collerico tende a vivere come delle onde emotive: quando è di fronte a una novità si allarma, reagisce "mostrando i denti" ma non si sta davvero arrabbiando, sta solo provando a controllare la paura finché il tempo che passa gli dimostra che può smettere di allarmarsi e allora si tranquillizza.

Con una persona del genere - mio padre, per esempio!, ma anche alcuni miei utenti - si può gestire la comunicazione e la relazione lavorando su ciò che sta intorno alla persona.

Tutto ciò si può tranquillamente applicare a sé stessi.


Seconda domanda: ma le emozioni non colgono sempre di sorpresa?

Noi esseri umani abbiamo questa incredibile capacità di osservarci dall'esterno: solo usando questa capacità possiamo imparare a conoscere le nostre tendenze emotive.

Lo so, non ho ancora risposto alla domanda.

Le emozioni continueranno a coglierci di sorpresa se rifletteremo su di esse in modo emotivo.

Riflettere in modo emotivo significa riflettere a caldo
, cioè non riflettere.

Le persone in genere accettano questo consiglio ma non portano a compimento le conseguenze.

Se accettiamo di rimandare la riflessione sulla nostra emotività non dovremo rimandarla all'infinito
.

Prima o poi dovremo metterci lì e affrontare la questione.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale ci ha regalato ottimi sistemi di riflessione guidata sulle nostre emozioni.

Terza domanda: perché cambiare se sono così?

Attenzione a chi lo dite: potrebbero diagnosticarvi come border line.

Il punto non è essere o non essere come Amleto.

Il punto è funziona o non funziona?


Paul Watzlawick
scrisse un gustoso libretto, Di bene in peggio (Feltrinelli) tutto incentrato su un meccanismo assurdo della nostra mente: se una cosa non ha funzionato tu falla più intensamente.

Ma questo è contro ogni logica del cambiamento.


Il cambiamento deve partire sempre da noi stessi
, se poi anche gli altri vorranno partecipare ben vengano.

Chi casca in questa trappola ragiona per estremi, o tutto o niente.

Poiché cambiare significa andare in contro a un certo rischio di frustrazione, alcune persone preferiscono "arroccarsi nel loro fortino".

Quarta domanda: ora ci vuoi dire i quattro modi per gestirle?


  • primo modo: fare un passo indietro. Intendo proprio fisicamente. Se ci accorgiamo di essere in preda a un'emozione travolgente, torniamo nella posizione che avevamo prima di provarla. Si tratta di un'ancora, ossia un'azione alla quale il nostro cervello collega una serie di cambiamenti fisiologici. La prima volta essa ci distrarrà dal turbine emotivo, in seguito ci verrà automatico fare il passo indietro e uscire dall'illusione di essere imprigionati in una emozione.
  • secondo modo: provare di proposito l'emozione indesiderata. Chi ha problemi nella gestione delle emozioni sa anche quali emozioni in particolare gli creano difficoltà. Magari sa anche in quali situazioni si manifestano. ViKtor Frankl - è lui che ha scoperto l'intenzione paradossale e non gli americani! - ha dimostrato che costringersi a provare una emozione negativa la annulla, perché le emozioni negative sono per definizione involontarie. Nel momento in cui usiamo la volontà essa ci porta verso la serenità o addirittura verso emozioni piacevoli.
  • terzo modo: registrare. O scrivere. Per usare questo modo bisogna pagare il "pegno" di provare ancora una volta l'emozione spiacevole. Ma è un buon investimento perché dopo questa tecnica sapremo gestirla meglio. Una volta provata l'emozione, troviamo un momento per noi e registriamo - o scriviamo - il racconto di ciò che abbiamo provato più tutti i pensieri collegati. Poi cancelliamo la registrazione - o bruciamo il foglio - e ne facciamo subito un'altra versione. Una volta completata la distruggeremo come la prima e ne faremo una terza che distruggeremo come le altre due. Non posso descrivere a parole cosa accadrà quando l'emozione negativa si ripresenterà. Provare per credere.
  • quarto modo: arrendersi alle circostanze. Stamattina sistemavo alcuni post tra cui questo. Arrivavano aggiornamenti di software a interrompermi, la radio disturbata gracchiava, non riuscivo a spiegare al telefono certe cose alla mia compagna e in quel momento al cellulare mio fratello mi chiede di andare ad aiutarlo urgentemente. Ce n'era abbastanza per lasciarmi travolgere. Ma ho mollato la presa, ho investito dieci secondi per rilassare i muscoli tesi e subito la mia mente ha messo in ordine di priorità le cose da fare. Mollare la presa è importante. Spesso opponiamo una ferrea resistenza alle circostanze perché vorremmo che tutto filasse a nostro piacimento.
Buona gestione a tutti.

3 commenti:

  1. Mi piace il punto "Mollare la presa". Le emozioni andrebbero fatte passare senza intervenire emotivamente.

    Ottimo articolo

    A presto

    RispondiElimina
  2. Ciao il mio nome è Mariateresa,
    ho trovato il post davvero innteressante ed utile, ma c'è una parte che mi lascia perplessa, spero tu possa offrirmi un ulteriore chiarimento.
    Si tratta del punto in cui parli della trappola del ragionare per opposti... può darsi che io mi riveda... anche se ancora non del tutto chiaramente.
    Dici che la trappola parte da questo modo di pensare "Il cambiamento deve partire sempre da noi stessi, se poi anche gli altri vorranno partecipare ben vengano"... ma non capisco... non è forse vero?... e se è vero quale passaggio fa scattare la trappola?
    Ti ringrazio per il blog e per l'ascolto e ti auguro una buona vita.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Mariateresa, grazie per la tua partecipazione. La trappola di cui parli parte dall'idea "io vado bene così come sono e devono essere gli altri a cambiare". Chi pensa così, di solito, riceve risposte negative dagli altri ma persevera nel suo modo di fare. La soluzione invece è pensare che "il cambiamento deve partire sempre da noi stessi".

      Elimina