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sabato 5 marzo 2011

La morte del pensiero laterale - Prima parte



Dopo un decennio di pura follia collettiva intorno alle pratiche del pensiero laterale e della generazione creativa, da un paio d'anni si levano voci contro i metodi che hanno fatto la fortuna dei formatori negli ultimi tempi.

Quando saltarono fuori l'enigma dei nove punti, il brainstorming, il pensiero laterale, e il ripescaggio delle tante immagini ambigue della Gestalt, per dimostrare che le linee del pensiero convenzionali imbrigliano più che favorire la creatività, per chi fa formazione divenne obbligatorio fare incetta di tutti questi giochini dalla morale molto singificativa.

Non so di cosa parli il libro di Nicola Zanella che nel titolo cita uno dei capisaldi di questa rivoluzione pedagogico-creativa, ma il brainstorming è seriamente sull'orlo di una crisi d'identità.


Il brainstorming, ricordiamolo, è un'attività di gruppo mirata alla generazione libera di idee rispetto a un tema o a un problema, che saranno vagliate solo in seguito.

I suoi sostenitori la considerano una "preghiera" laico-professionale, capace di vere magie, mentre i detrattori sostengono si sia rivelata per lo più una perdita di tempo e che le poche idee buone uscite dai brainstorming non erano comunque in grado di risolvere in maniera definitiva i quesiti posti.

Dove sta la verità?

Abbasso il brainstorming
L'attacco è stato sferrato in sei mosse:
  1. le idee non sono un granché: nel senso che comparando le idee generate da gruppi con il brainstorming con le idee prodotte da singoli, sembra che quelle dei gruppi siano qualitativamente inferiori alle altre, e allora ci si chiede se valga la pena e la spesa
  2. troppo caos: non vengono dati criteri per le idee da proporre, anzi, questo è considerato un punto di forza della tecnica del brainstorming, la libertà d'espressione, ma alcuni esperimenti dimostrano che i gruppi che lavorano con criteri di selezione delle idee a monte producono sì meno idee, ma più efficaci di quelli "sfrenati"
  3. timidezza: alcuni partecipanti potrebbero sentirsi a disagio nel dire la propria davanti a una moltitudine di persone, benché venga raccomandato a tutti di non esprimere giudizi su quanto proposto
  4. disparità: è evidente che il lavoro non è distribuito in modo paritario, ci sarà chi proporrà una idea o zero idee, altri che invece sforneranno cumuli di proposte più o meno creative e interessanti, e sarà difficile capire se davvero ognuno ha dato il suo contributo, piccolo o grande, oppure c'è chi è più furbo di altri
  5. perdere l'attimo: dover aspettare il proprio turno di parola potrebbe far sfuggire il "lampo di genio" che invece, lavorando da soli, si potrebbe subito fissare, perché spesso le idee si affacciano alla mente già organizzate in discorsi, ma sono un po' come i sogni, se non li registri immediatamente si volatilizzano
  6. omologazione: un fenomeno frequentissimo nelle riunioni di brainstorming, prima c'è una situazione attendista o di stallo, poi finalmente qualcuno propone l'idea che "stappa" la creatività, e gli altri si accodano lanciando proposte stranamente somiglianti se non gemelle a quella del primo
I reazionari
Dall'altra parte non sembrano disposti a prenderle,e ribattono che:
  • Le sessioni di brainstorming non prevedono solo il lavoro di gruppo, ma un'alternanza tra le riunioni di tutti i partecipanti e il lavoro individuale di ognuno, per poi reincontrarsi e così via
  • Il brainstorming non è la bacchetta magica per rendere chiunque capace di generare grandi idee, ma una pratica professionale se non addirittura un'arte che necessita di conduttori esperti e certificati e di partecipanti allenati
  • Il brainstorming fa la differenza se usato come una fase di un processo creativo più ampio, preceduto e seguito da momenti più strutturati e definitori
 Brainstorming sì, brainstorming no
Nella mia esperienza di formatore, il brainstorming è qualcosa che spontaneamente estraggo dalla mia "valigetta" mentale innanzitutto per sedare discussioni di gruppo troppo facinorose.

È incredibile come la paura del pennarello che trascrive qualsiasi cosa induca quelli che fino a un minuto prima si scalmanavano a una maggiore ponderazione e costruttività.

Ma può essere solo questo lo scopo ultimo del brainstorming, ossia la civilizzazione dei partecipanti?

Il punto che invece mi sembra interessante è che i sostenitori di questa pratica la intendano come qualcosa da imparare, cioè tutto in contrario di come questa tecnica è stata (s)venduta in tutti questi anni, spacciandola per una panacea al mal della (poca) creatività.

Che il pensiero laterale e le sue manifestazioni debbano essere apprese è anche l'idea alla quale sono approdati alcuni studi sul famoso enigma dei nove punti, ma di questo ne parleremo un'altra volta...

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