L'isola di Wight
Avrei potuto dire 
utopia, o 
terra promessa, 
paradiso perduto.
Quei luoghi o quei mondi più o meno possibili che abbiamo agognato durante la nostra formazione e la nostra crescita.
In campo psicologico, sicuramente per me l'universo dell'
approccio umanistico, e della 
psicologia centrata sulla persona sono stati la mia 
isola di Wight, un'isola sulla quale non posso dire di non essere approdato, ma che si è mostrata piuttosto diversa da come le carte mi indicavano.
Durante il mio apprendistato rogersiano, fui molto colpito dal lavoro di 
Thomas Gordon con le sue dritte su come essere 
efficaci, 
insegnanti efficaci, 
genitori efficaci, 
quel-che-ti-pare-efficaci, tanto da essere preso in giro da un collega che si occupava di fotocopiarmi i testi e che mi chiedeva ironicamente se fossi interessato  a un libro sui 
fotocopiatori efficaci e giù di lì.
Gordon, come 
Carkhuff, fa parte della generazione successiva a quella di 
Rogers, e tra la prima e la seconda ci passa la stessa differenza che c'è tra 
Socrate e 
Platone, o tra 
Gesù e 
San Paolo, tanto per capirci senza troppi fronzoli.
Apprezzabili sia i primi che i secondi, per diversi motivi, ma molto, troppo diversi.
Una 
psicologia, quella post-rogersiana, che in Italia è arrivata con quindici-vent'anni di distanza rispetto agli Stati Uniti, e che appunto al suo arrivo da noi raggiunse il suo massimo picco, nei suoi aspetti positivi, cioè il suo carattere popolare e pratico, e nelle sue pecche, cioè l'eccesso di sentimentalismo e di difficoltà nel metterla in atto.
Uno dei capisaldi del sistema di 
Gordon è quella tecnica tristemente tradotta in italiano con la definizione di 
io messaggio (questo perché nella nostra lingua 
messaggio è sia il nome che la prima persona singolare dell'indicativo presente di 
messaggiare, sebbene quest'ultimo sia un neologismo dell'era del cellulare): non si dovrebbe dire 
ti spiacerebbe portare fuori la spazzatura, ma bisognerebbe prendersi la responsabilità delle proprie preferenze e dire invece 
mi piacerebbe che tu portassi fuori la spazzatura.
Sto calcando la mano e le cose non sono mai così nette.
Ma che molti conoscitori di 
Rogers e 
Gordon ne abbiano approfittato per arrivare a simili assurdità è un dato di fatto.
E magari il problema fosse solo la spazzatura, per la quale basterebbe segnare su un foglio i turni di trasporto.
Diverso è quando si tratta di scegliere tra il dire 
tu sei egoista e il dire 
mi sento messo da parte.
L'assunto di base è che noi non possediamo un'autorità scientifica per poter dire a qualcuno se sia o meno egoista, possiamo essere sicuri solo di ciò che sentiamo, e questa è la sola cosa sulla quale poter accampare una certa autorità.
I più scaltri hanno colto sin dal primo momento la magagna dell'
io messaggio, con battute del tipo
 io sento che tu sei egoista, come se l'
io sento di partenza costituisse un viatico per dire tutto.
Insomma, l'
io messaggio fa presto a diventare una 
scorciatoia, conscia o inconsapevole.
Il punto è allora duplice: perché cerchiamo delle formule per comunicare efficacemente, e se esse funzionino davvero del tutto o invece celino delle magagne.
Per scoprire delle possibili risposte, dobbiamo fare qualche passo nella natura intricata e affascinante del 
linguaggio verbale.