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sabato 6 ottobre 2012

I vecchi trucchi della retorica

È così irresistibile per alcune persone cercare di smontare ciò che noi diciamo.

Invece di ascoltare per intero il nostro messaggio, alcuni decidono di soffermarsi solo su una parte di esso.

Il messaggio in realtà di parti ne ha due: una parte che l'ascoltatore può trovare positiva, e l'altra che troverà negativa, discutibile, da confutare.

Nel 99,9 % dei casi - ovviamente non ho svolto un sondaggio per questa percentuale, ma è una generalizzazione retorica - chi ci ascolta sceglierà di concentrarsi sulla parte da criticare.

Per farlo, userà dei trucchi, pescati direttamente dall'arte della retorica antica.

Forse il nostro ascoltatore criticone non sa nemmeno quanta storia c'è dietro i trucchetti con i quali gioca a fare a pezzi quello che diciamo.

E se noi non facciamo attenzione, rischiamo di considerare le sue risposte retoriche come antipatiche.

Invece, l'uso di espedienti retorici nelle conversazioni tra le persone è argomento di grande interesse, perché riconoscendo la loro applicazione, in qualsiasi materia, possiamo capire se una persona sta cercando di deviare qualcosa che sente come una sfida o una minaccia, sta provando a difendere le sue credenze fondamentali distruggendo quelle degli altri, perché teme di dover rinunciare alle proprie, se insomma è stata toccata dal nostro messaggio.

Una retorica votata tutta alla difesa, che però si veste da attaccante.

Come si fa?


Così non si fa
Il trucco più elementare e oggi meno efficace è il biasimo.

Dire a qualcuno che ciò che ha detto o ha fatto non sta bene.

Quando usi questo trucchetto ti trasformi in un arbitro super partes capace di dirimere complesse questioni di posizioni morali, attaccando quasi sempre la forma con cui il messaggio è stato prodotto, troppo diretto, troppo crudo, e non la sua sostanza.

Mi preoccupi
Un secondo modo è atteggiarsi a preoccupati.

Che cos'hai, oppure che cosa ti sta succedendo, detto magari con espressione lievemente corrucciata, implica una stranezza nel nostro interlocutore, della quale egli non è neanche consapevole.

Il trucchetto ha due esiti:

  • o l'altra persona difende la sua posizione perché si sente sicura, generando una reazione di abbandono da parte dell'altro, che si giustificherà imputando irragionevolezza alla prima;
  • o l'altra persona si lascerà convincere che i suoi stati mentali vanno rivisti, cosa di cui naturalmente si occuperà il suo interlocutore retorico, travestito per l'occasione da colui che si prende cura di te.

Questione di punti di vista
Poiché lo scopo recondito dei trucchetti della retorica difensiva è distanziare il messaggio dell'interlocutore dalle nostre certezze, uno degli strumenti più usati e più efficaci nell'immediato è l'atteggiamento superiore, altero, altezzoso.

Sì, ma non stai tenendo conto del fatto che, oppure stai guardando solo una parte del problema.

Chi usa questo trucchetto metaforicamente si eleva a un'altezza tale da consentirgli una visione d'insieme alla quale l'altra persona non era ancora pervenuta.

Naturalmente, anche la sua affermazione potrebbe essere ribattuta con la stessa arma.

Perché questo trucchetto tocca una delle questioni fondamentali della cognizione umana: la relatività.

La stessa affermazione che tutto è relativo è contraddittoria, altrimenti non sarebbe vera, ma questo ragionamento la invalida.

Eppure ci sono persone che perdono il loro tempo prezioso a dirsi no, ma tu non stai guardando la cosa da questo punto di vista, e l'altro a rispondere sì, però quello che tu dici va inquadrato in quest'ottica...

Io non ne sarei così certo
Ne Il dubbio di De Crescenzo c'è quel bellissimo scambio sul tema dello scetticismo.

Solo gli imbecilli non hanno dubbi?
Ne sei sicuro?
Non ho alcun dubbio.

Anche questo pezzetto di dialogo testimonia l'impossibilità razionale di alcuni ragionamenti implicati dai trucchetti retorici, però non tutti i nostri interlocutori sono così fini.

Può funzionare allora, come una lama tagliente, la vecchia frasetta scettica ne sei sicuro? buttata lì proprio quando il nostro interlocutore è nel pieno del suo impeto espressivo.

Da lì in poi è facile citare altre informazioni per indurre a pensare che il discorso dell'altra persona contenga delle falle (e quale discorso non ne contiene?).

Ma il ruolo determinante della frase ne sei sicuro? non va trascurato: chi la pronuncia, si atteggia a scienziato rigoroso che non vuole fare un passo prima che mille calcoli o esperimenti gli abbiano dimostrato che la terra non crollerà sotto il suo peso.

Solo un atteggiamento, però.

Come vuoi tu, amore
Uno dei trucchi più ingegnosi è arrendersi senza combattere.

Va bene, hai ragione tu, detto con una voce che tende alla calma e alla tranquillità è micidiale.

L'altro ovviamente non accetterà questa frase, dirà che non è un pazzo da assecondare.

Ma da lì in poi, il retorico si trasformerà in una sorta di collaboratore disinteressato che aiuterà l'altro a dirimere meglio la questione, con lo scopo recondito di condurlo dove vuole lui.

Anche in questo caso, è il cambio d'atteggiamento e di tono espressivo a fare la differenza.

La persona che dice va bene, hai ragione tu è come un compagno di giochi che a un certo punto gioca come se non ne avesse più voglia, lasciandoci col giocattolo in mano per farci sembrare ridicoli.

Credimi
Se lo lasci dire da uno che ne ha viste tante, anche se citato in ultima battuta, non è certo ultimo nella sua efficacia e complessità.

Il trucco funziona soprattutto se tra i due interlocutori c'è una marcata differenza sociale, come la distanza d'età, di ceto, di provenienza.

Il trucco però è complesso perché spesso non è un trucco: la persona che dice fidati di me, in questo è veramente più esperta dell'altra circa quel tema in particolare.

Più che un trucco, allora, è una tentazione di salire sul piedistallo quando la conversazione arriva in un terreno a noi congeniale.

La domanda è: ci è arrivata da sola, la conversazione, a quell'argomento di nostra competenza, o ce l'abbiamo portata noi con qualche trucco retorico?

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