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Visualizzazione post con etichetta comportamentismo. Mostra tutti i post
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domenica 27 ottobre 2013

Ivan Pavlov, aiutaci tu

Se non ci fosse il computer non saremmo qui, né io a scrivere, né tu a leggere.

Ovvio?

Può essere, ma ciò non toglie che entrambi stiamo facendo - in tempi diversi - qualcosa che molto probabilmente non avremmo fatto in passato, quando il mezzo in questione era assente.

Non è vero che io mi sarei inventato un altro modo per divulgare la psicologia come faccio qui, così come non è altrettanto vero che tu avresti cercato notizie in merito su altri mezzi di comunicazione.

Non c'è alcuna invenzione umana che in realtà non sia frutto di un caso, di una scoperta fortuita o di una ricerca sbagliata.

La stessa scrittura nasce per elencare le merci, poi, una volta compreso che due segni diversi incisi sulla pietra potevano corrispondere a due entità diverse, si è capito che incidere segni poteva diventare in sé stesso un linguaggio, a prescindere dal contenuto dei messaggi.

Che cosa c'entra con Pavlov?

E soprattutto, chi è Pavlov?

domenica 21 aprile 2013

Autismo: cura o rispetto?


 Quali prospettive possiamo offrire per chi riceve una diagnosi di disturbi dello spettro autistico e per il loro familiari?

Anche se ci piace giocare con le parole, e da handicap siamo passati per disabilità fino ad arrivare al diversamente abile, di fatto non è cambiato granché, anche se proprio gli autistici sono gli unici a rientrare perfettamente in quest'ultima definizione.

Poiché l'autismo, più di ogni altra manifestazione considerata patologica, sfugge al meccanismo classico della medicina, ossia trovare le cause per intervenire sugli effetti, la società rivela tutta la sua inadeguatezza rispetto al fenomeno.

Molti programmi per l'autismo oggi contengono un non detto deleterio: cerchiamo di cambiare la sua condizione e di renderlo sempre più somigliante a una persona con funzionamento tipico, e già questa perifrasi la dice lunga.

domenica 29 gennaio 2012

Ricorrenze/1: Carl Rogers



Era l'8 gennaio del 1902, quando Carl R. Rogers venne alla luce.

Dopo centodieci anni, le conseguenze del suo lavoro hanno ancora un'eco intensa e destinata a permanere.

Sebbene il comportamentismo sia stato il primo grande approccio capace di contrastare il predominio intellettuale della psicoanalisi, la psicologia centrata sulla persona di Rogers ha fatto da terzo incomodo, incuneandosi tra i due modelli e contribuendo ad ampliare ciò che sappiamo sugli uomini e su come aiutarli a realizzarsi.

La prima grande differenza tra la psicologia rogersiana e quella freudiana è l'enfasi sulla persona sana e non su quella malata (di che cosa, poi, non era chiarissimo neanche a Freud).

Rogers tuttavia prese ancor più le distanze da Skinner e compagni perché la sua era una psicologia interessata all'essere umano in quanto tale e non come fenomeno da osservare o topolino da stuzzicare.

Chi è, dunque, la persona sana, secondo la visione di Carl Rogers?

domenica 3 aprile 2011

Occhio al potere!

Sia a livello internazionale che in casa nostra, i giochi di potere negli ultimi mesi si sono fatti davvero accesi e complessi.

Tra i focolai del Mediterraneo e il marasma del nostro parlamento, i personaggi della scena politica le stanno provando davvero tutte a far pendere la bilancia dalla loro parte.

Ma i rapporti di potere non si snodano solo a livello internazionale o nella politica, e possiamo ritrovarli all'interno delle nostre relazioni quotidiane.

Come possiamo leggere questi complicati rapporti, renderci conto di cosa sia realmente in gioco, e focalizzare gli elementi chiave sui quali stanno facendo leva le figure coinvolte?

Come fa, insomma, qualcuno ad acquistare potere, quale "tasto" preme, cosa stuzzica per portarci dalla sua parte e nutrirsi del nostro consenso?

L'analisi del potere più duttile e completa fu compiuta da John French e Bertam Raven nel 1959 nell'articolo The bases of social power, nel quale i due studiosi del comportamentismo tracciarono una vera e propria griglia interpretativa con la quale chiunque può capire a che gioco sta giocando il potente di turno.

martedì 25 gennaio 2011

Insalata di rinforzi: facciamo chiarezza

Non mi riferisco all'omonimo piatto natalizio delle mie parti.

Con insalata di rinforzi intendo mettere in evidenza la confusione che a volte si fa sul significato del rinforzo in psicologia e pedagogia.

In un libro sull'addestramento dei gatti (sic!) che ho letto di recente l'autore sottolinea l'importanza del rinforzo positivo e per questo consiglia di dare un premio in cibo per ogni comando eseguito dal gatto dopo i nostri segnali: sebbene dal punto di vista del felino il premio diventi poi un rinforzo positivo, la cosa non è così semplice come sembra, ma ci torno tra poco.

In ogni caso, l'episodio del libro ha rievocato in me il ricordo di altri due episodi sul tema.

Il primo riguarda alcuni insegnanti di mia conoscenza che considerano rinforzo e incoraggiamento positivo come la stessa cosa (e non lo sono affatto) e si riferiscono alle punizioni come rinforzo negativo (e lì siamo proprio fuori strada).

Il secondo è una discussione in un blog di argomento affine al mio, nel quale si consigliava di premiarsi per tutte le volte che ci riesce di mantenere un impegno con noi stessi, chiamando però questo premio rinforzo positivo, ancora una volta in modo improprio.

A questo punto l'"insalata" è pronta e io, come un cuoco al contrario, la "smonto" per far capire bene in realtà quanti e quali ingredienti siano stati mescolati un po' troppo alla rinfusa.

sabato 12 dicembre 2009

La depressione: tra malattia, disordine e fenomeno sociale


La depressione è catalogata nel DSM tra i disturbi dell'umore e si caratterizza soprattutto per due sintomi:
  • umore depresso
  • perdita di interesse o piacere
Mi limito a queste poche parole e al link informativo poiché esistono in commercio e online tantissime pubblicazioni in merito con approfondimenti.

Mi interessa invece confrontare i tre modi in cui si "guarda" alla depressione da tre punti di vista:
  • biologico
  • psicologico
  • sociologico
Il modo in cui si parla comunemente della depressione, infatti, sembra determinato da questi tre contesti, per cui:
  • chi guarda alla depressione come un fenomeno biologico la considererà alla stregua di una qualsiasi malattia e incoraggerà l'uso di farmaci
  • chi guarda alla depressione da un punto di vista psicologico la vedrà come conseguenza di bassa autostima, poca consapevolezza emotiva e credenze errate e si concentrerà su come la persona depressa vede la vita
  • chi guarda alla depressione in una cornice sociologica ne farà una questione di capacità di adattamento personale e di vincoli e risorse offerte dall'ambiente circostante
Ma chi teme di sentirsi depresso o chi ha ricevuto una diagnosi di depressione vuole sapere chi ha ragione, senza troppe chiacchiere perché da questa ragione dipenderanno le possibilità di risolvere il problema.