Durante i miei studi per diventare counselor feci presto a innamorarmi di Bowlby perché per me rappresentava il punto di svolta definitivo tra l'epoca freudiana e i nuovi corsi della psicologia applicata.
Nato il 26 febbraio del 1907, John Bowlby si presentò a trentatré anni alla società psicoanalitica britannica con un'idea molto innovativa, che suscitò non poche reazioni, in primis da parte di Melanie Klein.
Partendo dagli studi sull'imprinting di Lorenz, Bowlby ipotizzò che le condizioni ambientali dei primissimi anni di vita - e non le fantasie e le elaborazioni psichiche - determinassero i futuri modelli comportamentali del bambino prossimo adulto disturbato.
Siamo sempre nel paradigma del passato che spiega il presente, ma lo psicoanalista britannico sposta il focus dalla dimensione interiore dell'individuo a quella esteriore.
Tutti gli approcci psicologici che compiono questo coraggioso atto epistemologico, da una parte si avvicinano alla possibilità di interventi più concreti nella vita delle persone, e dall'altra si espongono al facilissimo rischio di colpevolizzare condizioni di vita o addirittura persone che determinerebbero i disagi.
Poiché l'equazione infanzia difficile=disturbo psichico era ormai consolidata, la teoria di Bowlby individuava nella madre o nella figura genitoriale di riferimento la discriminante per la buona o cattiva riuscita della stessa infanzia.