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venerdì 11 luglio 2014

Il peccato senza la vergogna

Chi pratica la virtù solo nella speranza di acquisire una gran reputazione è prossimo al vizio.

Fu Balzac il primo a capire che il romanzo non era solo un nuovo genere letterario, bensì una lente per ingigantire, senza sconti per nessuno, la commedia che ogni essere umano mette in atto.

Oltre ai personaggi dichiaratamente viziosi, lo scrittore ne racconta altri che eccedono persino nell'essere virtuosi, mostrando quindi le conseguenze paradossalmente negative del bene.

Vuoi vedere che invece di praticare troppa virtù e ritrovarsi immersi nel peccato, conviene fare qualche passo in più nei vizi e magari cavarci qualcosa di buono?

Se è stato facile per la religione trovare il male, il negativo, nel peccato, fino a identificare il famoso eptalogo dei vizi capitali, sarebbe possibile trovarvi anche dei vantaggi?

Commettere uno di questi peccati  è sempre un male o dobbiamo augurarci delle eccezioni?

Se anche a te riesce difficile pensare che i vizi capitali non abbiano dei vantaggi, purché praticati con abilità, distinguendo l'occasione opportuna da quella gratuitamente viziosa, seguimi.

sabato 16 novembre 2013

La trappola del disturbo oppositivo provocatorio

Quanto è dura oggi la vita dei ragazzi arrabbiati o infelici.

Ai primi si dice subito che devono imparare a gestire correttamente il loro sentimento, a leggere le situazioni nelle quali lo provano, a elaborare, procrastinare e altre formule magiche.

Ai secondi va anche peggio, perché subito il marchio di una presunta depressione incombe su di loro, e mentre le presunte depressioni scompaiono, i marchi sono più duri a svanire.

Sembra che le istituzioni educative oggi spendano tantissimo tempo a medicalizzare gli adolescenti, come se crescere fosse di per sé una potenziale malattia, come se la rabbia fosse agli antipodi della salute, come se l'infelicità fosse una disgrazia, e proprio in questa fase dello sviluppo, che di occasioni per arrabbiarsi o intristirsi ne offre a iosa.

Una delle etichette diagnostiche che ho incontrato frequentemente in questi anni, e che maggiormente mi hanno lasciato perplesso è il disturbo oppositivo provocatorio.

domenica 26 giugno 2011

Il mensile di Studialamente: Giugno 2011

Chi ha paura delle emozioni?
Bistrattate, messe al bando, stigmatizzate e rifiutate socialmente, rabbia e paura, il corredo con cui siamo nati per sopravvivere, meritano una rivalutazione.

Vieni a scoprire i lati positivi di queste due emozioni (quasi) negative e racconta la tua esperienza.

Menti sapendo di mentire!
La sensazione che qualcuno stia tentando di gabbarti è sottile ma non sempre ti riesce di scoprire se l'altra persona stia dicendo la verità.

Non sempre, appunto: con l'aiuto della strategia del professor Geiselman, addio prese per i fondelli.

Nel nome del padre
Se ti dico padre della psicoanalisi a chi pensi?

Ovvio, a Sigmund Freud, i cui studi oggi vengono ridiscussi perché apparentemente la psiche umana, negli ultimi anni, si è persa il Super Io.

A ben vedere, però, il nostro controllore morale è sempre lì dove il grande maestro l'aveva scovato, anche se oggi segue altre tendenze.

E il tuo Super Io com'è?

Dieci più uno, il numero perfetto
Ci sono verità che non vuoi sentirti dire proprio perché sai che fanno centro.

Vuoi scoprirle da te, per non sentirne il sapore amaro o il tono ammonitore.

Ma ti servono.

Ecco le undici idee per andare oltre.

sabato 4 giugno 2011

Emozioni (quasi) negative

Quello che nessuno ti dice
È facile distribuire inviti alla felicità a destra e a manca.

È gratis e soprattutto piace alla gente.

Io sono il primo, lo ammetto.

Tutti noi preferiamo evitare le pene e andare verso le gioie.

La felicità è associata a uno stato migliore di salute, a relazioni efficaci, e anche a una visione costruttiva della vita.

Ma tutti questi bei discorsi non cancellano il fatto che le emozioni negative esistono e nessuno di noi può dirsi immune dal provarle.

Visto che ci tocca sperimentarle per natura, cerchiamo di capire se siano del tutto negative, o se magari qualche volta possano essere più positive delle positive.

Alla faccia della ricerca della felicità a tutti i costi.

martedì 17 agosto 2010

Piccoli ominidi crescono

Nel post precedente, La rabbia del cavernicolo, ho descritto il meccanismo primitivo alla base dei nostri risentimenti.

Vediamo ora se possiamo evolverci da cavernicoli a esseri sociali, come Aristotele predicava.

Non credo tu debba rifiutare i sentimenti negativi, quando si presentano.

Ma puoi di certo usare metodi responsabili nel trattare queste spiacevoli emozioni, per non rimanerne schiavi.

Per quanto difficile possa sembrare, le due chiavi per uscire dal risentimento sono la comprensione e il perdono.

I nostri impulsi spingono nella direzione opposta, ne fanno una questione di autodifesa e sopravvivenza.

Eppure la strada è quella.

La comprensione aiuta a sentire ciò che l'altra persona sta provando, ci fa approdare all'empatia.

Dall'empatia, il perdono riesce a sbocciare in modo spontaneo, tu non devi fare nulla perché accada.

Ma per la comprensione, puoi fare molto.

Innanzitutto, trovando un posto tranquillo dove raccoglierti.

Il semplice atto di cambiare luogo, di allontanarsi dallo spazio dello scontro con un'altra persona, ti fa uscire dal corpo del cavernicolo e ti fa vedere ciò che sta accadendo con più distacco.

E qual è la prima cosa che vedrai, in modo chiaro?

Che anche l'altra persona in realtà sta agendo mossa dal cavernicolo che ha preso il sopravvento.

In un certo senso, mentre sbraita o inveisce contro di te, ella non è padrona di sé.

I passi da seguire?

Eccoli.

martedì 10 agosto 2010

La rabbia del cavernicolo


Riesci a ricordare l'ultima volta che hai provato risentimento verso qualcuno?

Sentirsi maltrattati, rimproverati, o anche abbandonati e offesi è un evento rispetto al quale nessuno può dirsi immune, se non pagando un altissimo prezzo di depersonalizzazione.

Emozioni del genere possono arrivare da uno scambio con un amico, un parente, un collega, il partner, persino da sconosciuti.

Se ti è accaduto di recente, poi, il senso di ingiustizia, di sgradevolezza e di risentimento saranno ancora freschi, nella tua mente.

Sia che si tratti di sensazioni recenti che di ricordi penosi, ti interesserebbe forse sapere cosa puoi fare per superare tutto questo.

In un certo senso, non puoi.

E non sto dicendo che sia una condanna, per carità.

Intendo dire che la gamma della rabbia e delle sfumature emotive che ne derivano quando ci scontriamo con gli altri si innesca perché in noi è ancora vivo quel cavernicolo che siamo stati almeno trentacinquemila anni fa, a giudicare dai più antichi resti di homo sapiens.

Sì, viviamo nell'ipertecnologia (e anche nell'ipermercato, infatti sono appena tornato da un centro commerciale), mimiamo la telepatia servendoci di marchingegni elettronici, inseguiamo l'ubiquità grazie agli smartphone, alle webcam, ci sdoppiamo le vite con i dualsim, possiamo fare le pazzie più incredibili per somigliare a David Bowman di 2001 Odissea nello spazio, ma dopotutto ci portiamo in petto ancora quell'ominide che armato di osso è pronto a uccidere il suo simile in nome della sopravvivenza.

Ora, lui è dentro di te, di me, di ogni persona che incroci giorno dopo giorno.

Come un estraneo col quale devi convivere, è necessario, prima di educarlo, che tu comprenda bene quale articolato meccanismo si innesca in lui, che è del tutto incapace di distinguere tra la caverna e la villa a due piani (ma anche se vivi in un angusto condominio tranquillizzati, lui la differenza non la noterà, comunque!).

Se inizi a scavare nell'archeologia della tua mente, potrai trovare quel cavernicolo a cui mi riferisco, il cui unico obiettivo è evitare l'estinzione, che all'epoca non doveva essere una passeggiata, com'è oggi in quasi tutto il mondo industrializzato.

Se vuoi sapere dove lo trovi, basta che tu dica io e potrai addirittura sentirlo, mentre ti abita.