Le ultimissime del mese di marzo, qui, sulle pagine di www.studialamente.com!
Né aggressivi né passivi...
Ma assertivi sì!
Perché è questo il triangolo nel quale ognuno di noi può dibattersi nel reagire a persone ed eventi della vita.
Poiché l'assertività permette l'affermazione personale, alcune persone sconfinano nella loro parte aggressiva fuori luogo, mentre altre, proprio per evitare di apparire troppo rudi, si tengono a freno, scivolando in atteggiamenti passivi.
Possibile sia così difficile stare nel giusto mezzo?
Prova allora a seguire le indicazioni di questo post!
La mente ha i suoi tempi
Nel mondo della psicologia per fortuna si fa anche molto umorismo, e uno degli argomenti presi di mira dalla comicità sulle scienze della mente è la durata della psicoterapia.
In particolare, si scherza - ma non troppo - sulla lunghezza potenzialmente infinita della psicoanalisi freudiana che può non trovare conclusione proprio per la sua conformazione epistemologica: se esiste l'inconscio, e se l'inconscio ti condiziona, allora il tuo desiderio di concludere la terapia potrebbe in realtà essere una resistenza inconscia alla guarigione.
Senza arrivare a questi estremi, è giusto comunque chiedersi come si può fare a capire quand'è il momento di chiudere una relazione terapeutica, e il post che ti propongo ti aiuta a chiarire alcune idee in questione.
Giù la maschera!
Che l'essere umano abbia una dimensione ambigua, in cui lati opposti si bilanciano tra loro non è una novità.
Esempio diffuso e riscontrabile di una simile duplice natura umana sta in quel meccanismo di difesa - secondo l'accezione psicoanalitica - chiamato formazione reattiva, in base al quale l'Io si appiattisce su un unico atteggiamento/comportamento per evitare di cadere nel suo opposto, che teme come una pena infernale.
Il caso più banale si ha quando l'aggressività viene - mal - celata dietro una mansuetudine di facciata, ma la formazione reattiva - di cui ti parlo in questo articolo - ha ben altre manifestazioni più complesse e intricate che può essere curioso conoscere.
sabato 31 marzo 2012
venerdì 30 marzo 2012
Formazione reattiva: quando l'apparenza inganna
Tra i meccanismi di difesa individuati da Freud in poi in ambito psicoanalitico, uno dei più diffusi è senz'altro la formazione reattiva.
Con questo meccanismo, l'Io trasforma sentimenti difficili da accettare in qualcosa di più gestibile, semplicemente pigiando l'acceleratore sul contrario del sentimento sgradevole.
Adottando in maniera esagerata il comportamento opposto a quello temuto, in una sorta di scaramanzia mentale, l'individuo cerca di conservare il suo equilibrio.
Un alcolista che decanta le lodi dell'astinenza, un ricco che organizza eventi a favore dei poveri, un padre assente che torna con gesti eclatanti prima di una nuova sparizione, una persona arrabbiata che si esprime con calma controllata, sono tutti esempi di formazione reattiva in corso.
Con questo meccanismo, l'Io trasforma sentimenti difficili da accettare in qualcosa di più gestibile, semplicemente pigiando l'acceleratore sul contrario del sentimento sgradevole.
Adottando in maniera esagerata il comportamento opposto a quello temuto, in una sorta di scaramanzia mentale, l'individuo cerca di conservare il suo equilibrio.
Un alcolista che decanta le lodi dell'astinenza, un ricco che organizza eventi a favore dei poveri, un padre assente che torna con gesti eclatanti prima di una nuova sparizione, una persona arrabbiata che si esprime con calma controllata, sono tutti esempi di formazione reattiva in corso.
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giovedì 29 marzo 2012
Quando finisce la terapia?
Chiunque si trovi nel mezzo di un percorso terapeutico si chiede a ragione: come faccio a sapere quando è finito?
Si tratta di un'ottima domanda, per la quale non c'è alcuna risposta obiettiva e materialmente dimostrabile: non è una scatola di compresse prescritte dal medico o un mese e mezzo per far ricalcificare una frattura.
Quantificare non è possibile.
Ci sono però alcuni elementi che possono caratterizzare la fine di un'esperienza psicoterapeutica, perciò prenderli in rassegna può essere utile sia a chi è in procinto di cominciare un'avventura sul lettino, sia a chi la sta già vivendo, sia a chi l'ha conclusa ma ancora si chiede che cosa realmente sia successo.
Si tratta di un'ottima domanda, per la quale non c'è alcuna risposta obiettiva e materialmente dimostrabile: non è una scatola di compresse prescritte dal medico o un mese e mezzo per far ricalcificare una frattura.
Quantificare non è possibile.
Ci sono però alcuni elementi che possono caratterizzare la fine di un'esperienza psicoterapeutica, perciò prenderli in rassegna può essere utile sia a chi è in procinto di cominciare un'avventura sul lettino, sia a chi la sta già vivendo, sia a chi l'ha conclusa ma ancora si chiede che cosa realmente sia successo.
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venerdì 9 marzo 2012
Il diritto di essere assertivi
Ho già parlato di assertività in almeno due post ma oggi voglio offrirti una prospettiva differente.
L'assertività, ricordiamolo, è la capacità di esprimersi senza violare i diritti altrui e - soprattutto - i propri.
Se cerchi di affermare le tue idee tentando un sopruso sull'interlocutore, allora stai adottando un comportamento aggressivo.
Se, viceversa, consenti all'altra persona il sopruso, sei in piena passività.
Purtroppo, non è affatto semplice distinguere queste tre tonalità comportamentali, né è facile capire quando è il caso di adottare l'una o l'altra.
Perché bisogna dire anche questo: a volte l'aggressività e la passività sono necessarie.
Se in un angolo buio si avvicina qualcuno con la pistola e ti chiede di consegnargli tutto ciò che hai, non sarà il caso di sfoggiare la tua migliore assertività o peggio di virare verso l'aggressione: il tuo obiettivo è uscire in salute dall'angolo buio, quindi farai meglio a dargli il portafogli.
È anche vero che se il tizio che si avvicina ha un bastone, un ricorso all'aggressività potrebbe anche funzionare e spingerlo alla ritirata.
Come possiamo sapere esattamente quali comportamenti sono assertivi - e quindi civili - e quali no?
Esiste una "carta dei diritti" dell'assertività?
No, ma rimediamo subito.
L'assertività, ricordiamolo, è la capacità di esprimersi senza violare i diritti altrui e - soprattutto - i propri.
Se cerchi di affermare le tue idee tentando un sopruso sull'interlocutore, allora stai adottando un comportamento aggressivo.
Se, viceversa, consenti all'altra persona il sopruso, sei in piena passività.
Purtroppo, non è affatto semplice distinguere queste tre tonalità comportamentali, né è facile capire quando è il caso di adottare l'una o l'altra.
Perché bisogna dire anche questo: a volte l'aggressività e la passività sono necessarie.
Se in un angolo buio si avvicina qualcuno con la pistola e ti chiede di consegnargli tutto ciò che hai, non sarà il caso di sfoggiare la tua migliore assertività o peggio di virare verso l'aggressione: il tuo obiettivo è uscire in salute dall'angolo buio, quindi farai meglio a dargli il portafogli.
È anche vero che se il tizio che si avvicina ha un bastone, un ricorso all'aggressività potrebbe anche funzionare e spingerlo alla ritirata.
Come possiamo sapere esattamente quali comportamenti sono assertivi - e quindi civili - e quali no?
Esiste una "carta dei diritti" dell'assertività?
No, ma rimediamo subito.
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