Se cominci a dare un senso alle cose, significa che stai invecchiando.
Poco più che una battuta, in queste parole che Paolo Sorrentino mette in bocca al suo Tony Pagoda in Hanno tutti ragione, ma spesso una battuta riesce ad andare più a fondo di qualunque altro metodo.
Se poi l'oggetto d'indagine è la vita, le sue scelte, la luce che assumono se viste in termini di felicità e significato, si può capire che la dimensione principale sulla quale si gioca la partita è proprio il tempo che passa nella vita di un uomo.
Una vita felice e una vita significativa, infatti, non solo spesso non coincidono affatto, ma è anche molto difficile osservarle nello stesso lasso di tempo.
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giovedì 27 febbraio 2014
Felice o significativa: che vita scegli?
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martedì 24 gennaio 2012
Senso di perdita: che fare?
Mi dispiace dirtelo ma se non hai già sofferto per una perdita è molto difficile che tu riesca a vivere tutta la tua vita senza incappare in questa dolorosa esperienza.
Lo so che la tua risposta è sì, l'ho già vissuta, perché la vita ci tiene a farci assaggiare sin dall'infanzia questo calice.
C'è il trasloco, che per molte persone vuol dire lasciare i propri cari, le persone a cui si tiene, i protagonisti della propria storia di vita, se pur riscrivendone un nuovo capitolo.
I figli vanno via, e ci si pente di quella frase fatta che spesso i genitori hanno gridato ai ragazzi, questa casa non è un albergo, per poi soffrirne quando gli ospiti si decidono a pagare il conto e partire.
Un amico ci lascia, e alla tristezza del saluto, forte e distruttiva, segue un'altra tristezza, più sottile e terrificante, quella del vedersi spegnere sempre più l'interesse per quella persona, perdere i contatti, sapere che per caso è tornata in città ma stranamente non riuscire a trovare il tempo per reincontrarla, perché gli impegni sono oberanti, o perché rivederla sarebbe ancor più lancinante.
Quella relazione che finisce, e fa crollare come sabbia la costruzione della tua esistenza, certo, imparando così a usare come fondamenta solo sé stessi, ma a un prezzo altissimo, dal quale alcune persone proprio non riescono a rifarsi.
E ancora, c'è chi cambia lavoro, chi lo perde, chi scopre di non saper fare più ciò che aveva imparato, chi si rende conto che l'età non gli permette più di farne altre (in Italia, fino a pochissimo tempo fa, questo limite aveva smesso di valere), chi osserva lo spegnersi lento dei genitori, chi il vuoto lasciato dai suoi ideali perduti scoprendo di non averli sostituiti con null'altro, quel gatto che all'improvviso non torna più (ne ho vissuti già due).
Lo so che la tua risposta è sì, l'ho già vissuta, perché la vita ci tiene a farci assaggiare sin dall'infanzia questo calice.
C'è il trasloco, che per molte persone vuol dire lasciare i propri cari, le persone a cui si tiene, i protagonisti della propria storia di vita, se pur riscrivendone un nuovo capitolo.
I figli vanno via, e ci si pente di quella frase fatta che spesso i genitori hanno gridato ai ragazzi, questa casa non è un albergo, per poi soffrirne quando gli ospiti si decidono a pagare il conto e partire.
Un amico ci lascia, e alla tristezza del saluto, forte e distruttiva, segue un'altra tristezza, più sottile e terrificante, quella del vedersi spegnere sempre più l'interesse per quella persona, perdere i contatti, sapere che per caso è tornata in città ma stranamente non riuscire a trovare il tempo per reincontrarla, perché gli impegni sono oberanti, o perché rivederla sarebbe ancor più lancinante.
Quella relazione che finisce, e fa crollare come sabbia la costruzione della tua esistenza, certo, imparando così a usare come fondamenta solo sé stessi, ma a un prezzo altissimo, dal quale alcune persone proprio non riescono a rifarsi.
E ancora, c'è chi cambia lavoro, chi lo perde, chi scopre di non saper fare più ciò che aveva imparato, chi si rende conto che l'età non gli permette più di farne altre (in Italia, fino a pochissimo tempo fa, questo limite aveva smesso di valere), chi osserva lo spegnersi lento dei genitori, chi il vuoto lasciato dai suoi ideali perduti scoprendo di non averli sostituiti con null'altro, quel gatto che all'improvviso non torna più (ne ho vissuti già due).
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