Hai cominciato bene il tuo 2012?
Per molte persone, un anno vale l'altro e non c'è bisogno di compiere alcun rito di passaggio.
Poiché però l'enfasi del salto tra la vecchia e la nuova annata è forte, tutti ne parlano, i media ci assediano di prodotti ed eventi legati al fatidico passaggio, a questo punto meglio approfittarne e vivere l'inizio del nuovo anno decidendo di farne l'anno dei nostri buoni propositi.
Anche se il primo mese è già passato, direi che tu sia ancora in tempo per dedicarti alla realizzazione dei tuoi progetti.
Brutti ricordi
Altrettanto vero che le ricorrenze fanno da ancora per vecchie ferite, soprattutto quando hai perso qualcuno o qualcosa d'importante.
La perdita è un'esperienza inscindibile da una vita vissuta con pienezza, per questo è importante dare la giusta attenzione al processo di elaborazione delle perdite e trasformarle in ricchezza per la nostra esistenza.
Chi è la mamma e chi è la figlia?
Tra le tante novità che il nuovo anno ha già portato, spicca in tivvù uno spot di una nota automobile, volutamente e perversamente incentrato su una relazione madre-figlia che vira pericolosamente in un rapporto di amicizia.
Se nello spot questo fenomeno non ha conseguenze reali, nella vita invece si può andare incontro a qualche problema quando la mamma non fa più la mamma.
A caccia di Freud
Infine, un po' di relax, con un quiz che ci fa scoprire tre dei più grandi esponenti della psicologia, in inglese, immodestamente tradotto da me, ma divertentissimo.
Correva l'anno...
Nel gennaio di centodieci anni fa nasceva Carl R. Rogers ed essendo io di formazione rogersiana non potevo dimenticarlo.
Rogers è un po' come Gregory Bateson, ha rivoluzionato in profondo l'ambiente scientifico ma gli altri fanno finta di non ricordarsi che senza di lui non sarebbero dove ora sono.
È il destino dei più grandi, si sa, perciò vieni a conoscere il suo pensiero in questo post.
Che cosa ci riserverà febbraio?
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lunedì 30 gennaio 2012
Il mensile di Studialamente: Gennaio 2012
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martedì 24 gennaio 2012
Senso di perdita: che fare?
Mi dispiace dirtelo ma se non hai già sofferto per una perdita è molto difficile che tu riesca a vivere tutta la tua vita senza incappare in questa dolorosa esperienza.
Lo so che la tua risposta è sì, l'ho già vissuta, perché la vita ci tiene a farci assaggiare sin dall'infanzia questo calice.
C'è il trasloco, che per molte persone vuol dire lasciare i propri cari, le persone a cui si tiene, i protagonisti della propria storia di vita, se pur riscrivendone un nuovo capitolo.
I figli vanno via, e ci si pente di quella frase fatta che spesso i genitori hanno gridato ai ragazzi, questa casa non è un albergo, per poi soffrirne quando gli ospiti si decidono a pagare il conto e partire.
Un amico ci lascia, e alla tristezza del saluto, forte e distruttiva, segue un'altra tristezza, più sottile e terrificante, quella del vedersi spegnere sempre più l'interesse per quella persona, perdere i contatti, sapere che per caso è tornata in città ma stranamente non riuscire a trovare il tempo per reincontrarla, perché gli impegni sono oberanti, o perché rivederla sarebbe ancor più lancinante.
Quella relazione che finisce, e fa crollare come sabbia la costruzione della tua esistenza, certo, imparando così a usare come fondamenta solo sé stessi, ma a un prezzo altissimo, dal quale alcune persone proprio non riescono a rifarsi.
E ancora, c'è chi cambia lavoro, chi lo perde, chi scopre di non saper fare più ciò che aveva imparato, chi si rende conto che l'età non gli permette più di farne altre (in Italia, fino a pochissimo tempo fa, questo limite aveva smesso di valere), chi osserva lo spegnersi lento dei genitori, chi il vuoto lasciato dai suoi ideali perduti scoprendo di non averli sostituiti con null'altro, quel gatto che all'improvviso non torna più (ne ho vissuti già due).
Lo so che la tua risposta è sì, l'ho già vissuta, perché la vita ci tiene a farci assaggiare sin dall'infanzia questo calice.
C'è il trasloco, che per molte persone vuol dire lasciare i propri cari, le persone a cui si tiene, i protagonisti della propria storia di vita, se pur riscrivendone un nuovo capitolo.
I figli vanno via, e ci si pente di quella frase fatta che spesso i genitori hanno gridato ai ragazzi, questa casa non è un albergo, per poi soffrirne quando gli ospiti si decidono a pagare il conto e partire.
Un amico ci lascia, e alla tristezza del saluto, forte e distruttiva, segue un'altra tristezza, più sottile e terrificante, quella del vedersi spegnere sempre più l'interesse per quella persona, perdere i contatti, sapere che per caso è tornata in città ma stranamente non riuscire a trovare il tempo per reincontrarla, perché gli impegni sono oberanti, o perché rivederla sarebbe ancor più lancinante.
Quella relazione che finisce, e fa crollare come sabbia la costruzione della tua esistenza, certo, imparando così a usare come fondamenta solo sé stessi, ma a un prezzo altissimo, dal quale alcune persone proprio non riescono a rifarsi.
E ancora, c'è chi cambia lavoro, chi lo perde, chi scopre di non saper fare più ciò che aveva imparato, chi si rende conto che l'età non gli permette più di farne altre (in Italia, fino a pochissimo tempo fa, questo limite aveva smesso di valere), chi osserva lo spegnersi lento dei genitori, chi il vuoto lasciato dai suoi ideali perduti scoprendo di non averli sostituiti con null'altro, quel gatto che all'improvviso non torna più (ne ho vissuti già due).
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