sabato 21 luglio 2012
Il colpo basso dell'AiBi
L'ultimo spot dell'AiBi - Amici dei Bambini - che puoi vedere qui sopra - suscita qualche perplessità.
Negli spot precedenti, come quello del cane che si prende cura del gatto, o quello della partita a calcio tra il borghese cittadino e il piccolo che gioca nel fango in Brasile, o ancora quello con Max Laudadio che dà un nome alla bambina africana, lo script si fonda sempre sulla dinamica genitore/figlio, con le due parti che riescono a trovare un punto d'incontro.
In questo spot invece la bambina è da sola, e lo dice anche, nel finale, non lasciatemi sola.
Non entro nel merito dell'AiBi che sicuramente merita encomi per il suo impegno, se non altro divulgativo.
Né voglio addentrarmi nella complessa questione delle adozioni internazionali, un intrico dal quale è difficile uscire, come testimonia questo intenso scambio tra una figlia adottiva adulta e il presidente dell'associazione.
Non voglio neanche però fare il buonista, e dico senza mezzi termini che lo spot è semplicemente errato.
Non c'è alcun accenno alla questione dell'adozione e sfido chiunque a capire il tema dal filmato, facendo a meno delle didascalie finali.
Mentre lo guardavo, pensavo a una pubblicità progresso sull'attenzione verso i figli in generale, visto che la povera bambina è costretta a inscenare uno psicodramma pur di farsi compagnia.
Aggiungo anche che, se non fosse per l'età leggermente alta della bambina nella reclame, il gioco delle persone immaginarie sarebbe del tutto normale, tanto che ci sono feroci polemiche in vista del prossimo DSM perché il vecchio impianto diagnostico vedeva psicosi anche in questi fenomeni del tutto consueti.
Il punto è che l'AiBi con questo spot si rende protagonista di un colpo basso: mentre in passato cercava di toccare la nostra tenerezza (nello spot degli animali), la nostra gioia (con lo spot del pallone), la nostra genitorialità innata (nel filmato con Laudadio), adesso affonda direttamente nel senso di colpa.
Solo che il senso di colpa narrato nello spot è quello di un genitore che trascura il figlio, per questo abbandonato, che però non c'entra niente con l'abbandono dei bambini nei paesi di cui si occupa l'AiBi con le adozioni internazionali.
È come se io, per uno spot contro il fumo, vi raccontassi una storia tragica di un incendio.
Che c'entra?
Semplice: la brace della sigaretta inavvertitamente fa prendere fuoco a un edificio.
E questo dovrebbe dissuadermi dal fumare?
Così, vedere che una bambina - naturale o adottata - può sentirsi comunque tremendamente sola perché così lei vive il suo rapporto con i genitori, spingerà le persone ad adottare o a fare figli, oppure le spaventerà mostrando loro quant'è difficile, nonostante tutti gli sforzi, evitare ogni sbaglio?
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