Che rapporto c'è tra l'efficacia dei farmaci e l'aspettativa del paziente?
Conosciamo davvero tutte le implicazioni dell'effetto placebo?
Che ruolo ha la suggestione nel rapporto di assistenza alla salute e al benessere?
Grandi luminari rispondono ogni giorno a queste domande, invitati dai media e attesi da folle di lettori-spettatori in cerca di soluzioni ai loro malesseri.
Ma c'è anche chi sceglie strade di cura inusuali e non per questo meno serie e funzionali.
La dottoressa Gabriella Mereu da diversi anni porta avanti una ricerca con l'obiettivo di rispondere alle tre domande iniziali.
Oltre ad essere medico chirurgo, Gabriella Mereu utilizza le sue conoscenze di omeopata e grafologa per indagare la malattia come forma di espressione del paziente.
Ma cos'è la malattia?
Il modo in cui la dottoressa Mereu la inquadra è interessante e di per sé suggestivo.
"Il malessere si mantiene a causa della paura. L'eros che non si può esprimere per paura e senso di colpa, viene deviato verso il sentimento di rabbia. La rabbia è considerata antisociale quindi viene repressa anch'essa. La repressione dell'eros e della rabbia scatena tutte le malattie. Il meccanismo si sviluppa nella normalità. La norma è patologica e la malattia è sempre data dalla verità negata." (Gabriella Mereu, La malattia: la trappola dell'eros, 2005, pag. 27).
In ogni malessere dunque si cela un messaggio che arriva dal profondo della persona, un messaggio di insofferenza, mancanza di libertà e voglia di riemergere.
Verrebbe da dire che non tutto il male viene per nuocere.
Grazie a questo inquadramento, la dottoressa Mereu cura le persone ascoltando il modo in cui esse descrivono il proprio male: nell'espressione verbale del paziente si celano le chiavi per aprire le porte alla loro libertà.
Tra gli sviluppi delle sue ricerche è molto interessante la riflessione sui farmaci.
La Mereu è consapevole della possibilità di influenzare le aspettative del paziente e del potere di autoguarigione insito in ogni individuo.
Ma di questo ne tengono conto anche le case farmaceutiche quando devono assegnare un nome ai loro prodotti.
Alcuni farmaci, infatti, avrebbero nel nome un comando suggestivo che può influire sull'efficacia del prodotto.
Così - sostiene la Mereu con stile sincero e dissacrante - Valium potrebbe voler dire "tu vali" e non sarai più depresso, Aspirina "tu aspirerai" e non avrai più il naso chiuso.
Con questa idea, la dottoressa ha curato diversi casi di allergie a farmaci, scoprendo per esempio che una ragazza allergica al Bactrim veniva picchiata - cioè "battuta" - dal genitore, o che il Tenormin dava problemi a una donna ossessionata dal timore di diventare povera. (Gabriella Mereu, La terapia verbale, 2000, pag. 72-73).
Vi ricordate del confetto Falqui?
Lo slogan addirittura diceva "basta la parola"!
La parola "Falqui" non è altro che la contrazione di "Falla qui!".
La mente umana è potente, la dottoressa Mereu ha ragione ma spero che il lettore non sia dovuto scappare all'improvviso.
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