Il sistema con cui ci accorgiamo di correre questo rischio è la paura.
Un "sistema d'allarme" per metterci in guardia dai pericoli, con la caratteristica di attivarsi da solo.
Questo automatismo è in realtà un vantaggio: un sistema d'allarme deve attivarsi da solo, così noi possiamo dedicarci ad altro.
Poiché però la paura si manifesta con sensazioni sgradevoli, con la sua comparsa essa getta il seme per la futura paura di aver paura.
Il controllo della vita deriva direttamente dall'istinto di sopravvivenza, per questo la paura ci saluta sin da quando veniamo alla luce.
A volte, nel tentativo di consolare qualcuno in preda a timori o angosce, lo aiutiamo a razionalizzare.
Razionalizzare una paura che sgorga direttamente da un istinto è un'impresa impossibile perché si tratta di un'emozione necessaria.
Il bambino ha paura di essere abbandonato perché a qualche livello "sa" di non potercela fare da solo.
Le persone hanno paura di essere respinte, perché il senso di isolamento prodotto dal rifiuto equivarrebbe al "non esistere", cioè alla morte.
La paura di non esserci, la paura di non farcela a sopportare il disagio, la paura di essere rifiutati, la paura di essere abbandonati hanno tutte in comune il senso di impotenza: io non posso controllare la mia vita.
In realtà, comprendere di non poter controllare tutto è un segno di crescita: il mondo è fuori dal nostro controllo e il problema semmai è volerlo controllare tutto.
Davanti a questo mondo sul quale non abbiamo influenza, compiamo delle "incursioni" per dare senso alla nostra vita.
Ogni azione verso questo mondo è il tentativo di sfidarlo, di scoprirne aspetti nascosti, di rischiare.
Azioni che immediatamente ci mettono in contatto con la paura, ma alle quali non possiamo rinunciare, perché il prezzo della sicurezza sarebbe una vita isolata.
Curioso: la paura arriva per avvisarci del rischio di rimanere isolati, abbandonati, non vivi, e noi per paura di rimanere così finiamo per isolarci davvero.
Questo circolo vizioso è la paura di aver paura, che spegne le nostre vite.
Ecco il percorso del pensiero pauroso:
- il mondo è un posto insicuro quindi ho paura
- ho paura quindi non me la so cavare
- non me la so cavare quindi non posso fidarmi di me
- non posso fidarmi di me quindi non mi controllo
- non mi controllo quindi la paura mi immobilizza
- la paura mi immobilizza quindi il mondo è un posto insicuro
Il risultato da evitare viene in realtà auto-prodotto, e la paura cacciata dalla porta rientra dalla finestra.
Per evitare gli effetti dannosi di questo circolo di pensieri bisogna agire nonostante la paura: questo è il coraggio.
La paura, come la sofferenza, è nella natura umana, e anche in preda alla più atroce di esse possiamo essere benevoli con noi stessi, senza biasimarci per aver provato queste emozioni necessarie, e infine agire.
Ma sarebbe da incoscienti agire sempre e comunque senza badare ai segnali di quel raffinatissimo sistema d'allarme che è la paura.
Come insegna il poeta Archiloco di Paro:
Uno dei Sai si fa bello dello scudo, arma perfetta che, mio malgrado, abbandonai presso un cespuglio. Ma ho salvato la pelle: lo preferisco. Che vada in malora quello scudo! Me ne farò in futuro uno che lo equivalga.
Come disse Goethe : La paura bussò alla porta,il coraggio andò ad aprire e non c'era piu' nessuno.
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